RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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martedì 4 ottobre 2016

Edward Hopper al Complesso del Vittoriano


Si è inaugurata a Roma la grande mostra di Edward Hopper al Complesso del Vittoriano... fino al 12 febbraio...
 
Edward Hopper
C’è chi lo ritiene un narratore di storie e chi, al contrario, l’unico che ha saputo fermare l’attimo – cristallizzato nel tempo – di un panorama, come di una persona.




È stato lo stesso Edward Hopper (1882-1967) – il più popolare e noto artisti americano del XX secolo – uomo schivo e taciturno, amante degli orizzonti di mare e della luce chiara del suo grande studio, a chiarire la sua poetica: “Se potessi dirlo a parole, non ci sarebbe alcun motivo per dipingere”.



La mostra Edward Hopper che apre dal 1 ottobre 2016 al 12 febbraio 2017 al Complesso del Vittoriano – Ala Brasini, realizzata sotto l’egida dell’Istituto per la Storia del Risorgimento , in collaborazione con l’Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali , prodotta e organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York, darà conto dell’intero arco temporale della produzione del celebre artista americano.

Dagli acquerelli parigini ai paesaggi e scorci cittadini degli anni ‘50 e ’60, l’esposizione curata da Barbara Haskell – curatrice di dipinti e sculture del Whitney Museum of American Art – in collaborazione con Luca Beatrice, attraverso più di 60 opere, tra cui celebri capolavori come South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), Summer Interior (1909), interessantissimi studi (come lo studio per Girlie Show del 1941) celebra la mano di Hopper, superbo disegnatore: un percorso che attraversa la sua produzione e tutte le tecniche di un artista considerato oggi un grande classico della pittura del Novecento. 

giovedì 15 ottobre 2015

“IMPRESSIONISTI. Tête-à-tête”

 
 
“IMPRESSIONISTI. Tête-à-tête”
 a cura di
Xavier Rey
 Complesso del Vittoriano - Roma
 
L'esposizione costruisce un ritratto della societa' parigina della seconda meta' dell'Ottocento, attraversata dai grandi mutamenti artistici, culturali e sociali di cui gli impressionisti furono esponenti e testimoni.

Nell’ambito dell’importante rapporto tra il Musée d’Orsay e il Complesso del Vittoriano – Ala Brasini verrà presentata a Roma, dal 15 ottobre al 7 febbraio 2015, una straordinaria mostra dedicata ai maestri impressionisti dal titolo “IMPRESSIONISTI. Tête-à-tête”. L’esposizione traccia un ritratto della società parigina della seconda metà dell’Ottocento, attraversata dai grandi mutamenti artistici, culturali e sociali di cui gli impressionisti furono esponenti e testimoni, grazie ai capolavori provenienti da uno dei nuclei fondamentali del Musée d’Orsay, le raccolte impressioniste. Curata da Xavier Rey, direttore delle collezioni e conservatore del dipartimento di pittura del Musée d’Orsay, e da Ophélie Ferlier, conservatore del dipartimento di sculture del Musée d’Orsay, l’esposizione prende in esame i sessant’anni di pittura francese (1860-1919) in cui nacque, si sviluppò e si affermò la pittura impressionista, e i suoi esiti finali, il postimpressionismo. Edouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Frédéric Bazille, Camille Pissarro, Paul Cézanne, Berthe Morisot: questi, tra i tanti, gli artisti presenti al Complesso del Vittoriano, in una rassegna di oltre sessanta opere, tra cui anche dieci sculture.

Alla ricerca di nuovi e più attuali valori della visione, e partendo da un assunto essenzialmente naturalistico e antiaccademico, gli impressionisti rifiutarono ogni nozione acquisita dell’oggetto per affidarsi all’immediata impressione del vero. Attraverso la resa degli effetti di luce, utilizzando le ombre colorate, e grazie a una pennellata rapida e sciolta, dalle loro opere emerge l’interesse per la realtà attuale, la ricerca di una resa del soggetto e dell’espressione libera, e il rifiuto di ogni processo ideologicamente canonico di rappresentazione. Attraverso i volti, gli abiti, le posture e gli accessori dei personaggi ritratti, attraverso i luoghi e le ambientazioni in cui essi sono inseriti “IMPRESSIONISTI. Tête-à-tête” offrirà la possibilità di ricostruire l’ambiente culturale, i contesti sociali e gli stimoli artistici in cui operarono gli artisti impressionisti; e, soprattutto, e di cogliere quella “rivoluzione dello sguardo” e quel rinnovamento stilistico di cui il movimento impressionista fu portavoce.

Le opere scelte, alcune diventate vere e proprie icone dell’impressionismo, mettono in luce gli aspetti innovativi del movimento artistico ed evidenziano, allo stesso tempo, le connotazioni delle singole personalità. Sarà possibile ammirare gli artisti riuniti intorno a Manet ritratti nell’Atelier di Bazille, ma anche la Berthe Morisot immortalata nel celebre Balcon di Manet e la giovane sconosciuta di Montmartre colta nell’istantaneità di una conversazione dell’Altalena di Renoir. Come affermava Charles Baudelaire, personalità chiave nel diffondere fra gli artisti che saranno poi definiti impressionisti: “Vero pittore è colui che sa afferrare il lato epico della vita di ogni giorno e sa farci vedere quanto siamo grandi e poetici nelle nostre cravatte e nelle nostre scarpe verniciate”. E, con lui, scriveva Zola nel suo Salon del 1875: “I ritratti , questi dipinti della vita di ogni giorno, dovrebbero, per il loro stesso carattere, rappresentare la modernità”.

Inaugurazione 14 ottobre su invito

Complesso del Vittoriano
via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali) Roma
dal lunedì al giovedì 9.30 –19.30; venerdì e sabato 9.30 – 22.00; domenica 9.30 – 20.30
biglietti: € 12,00 intero; € 9,00 ridotto. La biglietteria chiude un’ora prima.

sabato 17 gennaio 2015

Giorgio Morandi. 1890-1964 - a cura di Maria Cristina Bandera


Giorgio Morandi. 1890-1964

 
Giorgio Morandi in mostra al Complesso del Vittoriano dal 27 febbraio al 21 giugno 2015

GIORGIO MORANDI
UNA STRAORDINARIA MOSTRA OLTRE 150 OPERE, DI CUI 100 DIPINTI NELL’ESPOSIZIONE PIÙ COMPLETA DEGLI ULTIMI VENT’ANNI

“Giorgio Morandi 1890-1964”, al Complesso del Vittoriano dal 27 febbraio al 21 giugno 2015, documenta la vicenda artistica del pittore bolognese attraverso opere di grande rilevanza che provengono da importanti istituzioni pubbliche e da prestigiose collezioni private.
La mostra, che è a cura di Maria Cristina Bandera, direttrice della Fondazione Longhi e specialista di Morandi a cui si devono le ultime grandi mostre internazionali (New York, Metropolitan Museum, 2008; Bologna, MAMbo, 2009; Lugano, Museo d’Arte della Città, 2012; Bruxelles, Bozar, 2013), porterà a Roma a 40 anni dalla mostra curata da Cesare Brandi alla Gnam, il segno di Morandi, ripercorrendo l’intero cammino dell’artista.
Accanto ai dipinti ad olio – circa 100 – saranno riunite in un percorso di lettura critica anche le opere incisorie, attestazione di una attività non secondaria ma parallela a quelle pittorica che valse a Morandi nel 1953 il riconoscimento internazionale del Gran Premio per l’Incisione alla Biennale di San Paolo in Brasile.


Fu uno dei protagonisti della pittura italiana del Novecento ed è considerato tra i maggiori incisori mondiali del secolo. La sua pittura si può definire unica e universalmente riconosciuta; celebri le sue nature morte olio su tela, dove la luce rappresenta il fondamento delle sue opere. L’apparente semplicità dei contenuti (vasi, bottiglie, ciotole, fiori, paesaggi) viene esaltata dalla qualità pittorica. Riservato, dai tratti nobili, gentile sia nella vita privata che in quella professionale, Morandi ha fatto discutere Bologna per la sua personalità enigmatica ma fortemente positiva.

sabato 4 ottobre 2014

Mario Sironi Complesso del Vittoriano, Roma a cura di Elena Pontiggia

 

Mario Sironi

Complesso del Vittoriano, Roma

a cura di Elena Pontiggia

Tra i più grandi Maestri del Novecento italiano, Mario Sironi viene presentato al Complesso del Vittoriano di Roma con una grande retrospettiva. La mostra Mario Sironi. 1885-1961 sarà aperta dal 4 ottobre 2014 all’8 febbraio 2015.

Attraverso le sue opere più significative si intende ricostruire la complessa attività del Maestro, ripercorrendo tutte le stagioni della sua pittura, dagli esordi simbolisti al momento divisionista, dal periodo futurista a quello metafisico, dal Novecento Italiano alla pittura murale fino alle opere secondo Dopoguerra.

L’organizzazione generale è di Comunicare Organizzando.

“Mario Sironi. 1885-1961” riflette l’attenzione del Vittoriano per la pittura italiana del Ventesimo secolo, un percorso iniziato nel 2012 con Renato Guttuso e proseguito nel 2013 con la mostra dedicata a Cézanne e ai pittori italiani che dal padre dell’impressionismo trassero ispirazione. Un’attenzione che nella primavera 2015 sarà ancora confermata dalla presenza al Vittoriano di un altro grande artista del nostro Novecento, “Giorgio Morandi. 1890-1964”.

La mostra

Sironi è stato uno dei più originali pittori italiani, nonché tra i più rappresentativi della sua epoca, come testimonia la stima dei colleghi, e non solo, nei suoi confronti. Scrive Elena Pontiggia in uno dei saggi in catalogo: «Sironi è stato mussoliniano ma, per parafrasare Vittorini, non ha mai suonato il piffero della rivoluzione fascista perché la sua arte, intrisa di dramma, era più funzionale alla verità che alla propaganda. Sironi, insomma, è stato il più tedesco dei pittori italiani e il più italiano dei pittori tedeschi».

Attraverso novanta dipinti, e attraverso bozzetti, riviste, e un importante carteggio con il mondo della cultura del Novecento italiano, la mostra, partendo dalle creazioni giovanili fino ad arrivare quelle degli ultimi giorni, intende far conoscere meglio un artista di statura europea, del quale lo stesso Picasso diceva “avete un grande Artista, forse il più grande del momento e non ve ne rendete conto”.
Cuore pulsante dell’esposizione romana saranno le opere monumentali di Sironi, come Il lavoratore (1936) e L’Impero (1936), perché, spiega ancora la curatrice, «la grandiosità di quella che, non per caso, è chiamata Città Eterna influenza profondamente la sua concezione dell’arte. L’ideale della Grande Decorazione che Sironi coltiva negli anni trenta si forma in lui ben prima di quegli anni (e ben prima del fascismo), guardando l’Arco di Tito e il Colosseo, la basilica di Massenzio e la Colonna Traiana, il Pantheon e le Terme di Caracalla, gli affreschi di Raffaello e di Michelangelo».

Il catalogo, edito da Skira, darà conto di nuove ricerche capillari svolte negli ultimi anni negli archivi dell’artista. Saranno presenti saggi di Maria Stella Margozzi, Lea Mattarella, Roberto Dulio, Luigi Cavallo e Virginia Baradel. Organizzazione e realizzazione sono di Comunicare Organizzando.
La mostra, che nasce sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, si avvale del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, del Ministero degli Affari Esteri, ed è realizzata in collaborazione con la Regione Lazio, con Roma Capitale, con la Camera di Commercio di Roma e con l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, è curata da Elena Pontiggia, in collaborazione con l’Archivio Sironi di Romana Sironi.

Collaboratori ufficiali:
Istituto Luce Cinecittà, Rai Teche, Gondrand
In Più Broker, Dimensione Suono 2, Gruppo LT Multimedia, Hotel Eden, The Duke Hotel

Catalogo: Skira

Organizzazione e produzione: Comunicare Organizzando S.r.l.

Ufficio stampa
Paola Polidoro- Comunicare Organizzando
Tel. ++39 06 3225380, E-mail p.polidoro@comunicareorganizzando.it

Inaugurazione 4 ottobre

Complesso del Vittoriano
via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali) - Roma Lazio Italia
Orario: 10.30 - 19.30
Ingresso libero

venerdì 2 agosto 2013

Intanto un'anteprima... Cezanne al Vittoriano...

Una grande anteprima: Cezanne A Roma al Vittoriano

 

Cezanne e gli Artisti italiani del XX secolo
4 ottobre 2013 / 2 febbraio 2014
Complesso del Vittoriano, Via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali) Roma

 

Dopo la mostra dedicata a Cubisti, il Complesso del Vittoriano ospita Cezanne e gli Artisti del XX secolo dal 4 ottobre 2013 al 2 febbraio 2014.

Paul Cézanne (nato a Aix en Provence - Francia, 19/1/1839, morto a Aix en Provence - Francia, 22/10/1906) è stato un artista e pittore francese post-impressionista il cui lavoro ha posto le basi del passaggio dalla concezione di sforzo artistico del 19 ° secolo ad un nuovo e radicalmente diverso mondo dell'arte nel 20 ° secolo. Cézanne è stato il ponte tra tardo Impressionismo 19 ° secolo e la nuova linea del 20esimo secolo di ricerca artistica, il Cubismo. Sia Matisse e Picasso si dice che abbiano osservato che Cézanne "è il padre di tutti noi".

L’opera intensa e monumentale di Paul Cézanne, la sua capacità di ridurre la forma ai suoi termini essenziali, pur senza dimenticare l’esperienza che gli ha consentito di scoprire la luminosità del colore, penetra nell’arte italiana del XX secolo, sia nutrendo la creatività degli artisti, sia operando una notevole suggestione a livello diffuso.
Nel nostro paese l’artista francese è avvertito da un lato come un innovatore, padre del Cubismo e dell’arte pura, dall’altro come un classico, vicino ai grandi esempi della nostra tradizione. Inoltre, nell’atmosfera di rinnovamento creatasi dopo il secondo conflitto mondiale, la tendenza alla disintegrazione dell’immagine, evidente nell’ultima parte del percorso cézanniano, suggerisce vie nuove e ardite ad artisti pronti ad affrontare le esperienze dei linguaggi astratti.
Questi due termini costituiscono gli estremi dell’originale indagine del volume che accompagna l’esposizione romana e che propone un confronto diretto fra le opere di Cézanne e quelle di alcuni tra i più importanti artisti italiani del XX secolo: da Umberto Boccioni, che vede la lezione del pittore francese come stimolo fondamentale nei confronti della necessità urgente di un mutamento, a Giorgio Morandi, cézanniano nella scelta dei temi, fino agli artisti che nel secondo dopoguerra, influenzati dal linguaggio ellittico dell’ultimo Cézanne, affrontano stilemi astratti o “astratto-concreti”, da Afro a Scialoja, Corpora, Morlotti, Pirandello.

Catalogo a cura di Maria Teresa Benedetti , Alain Tapié 

L’opera intensa e monumentale di Paul Cézanne, la sua capacità di ridurre la forma ai suoi termini essenziali, pur senza dimenticare l’esperienza che gli ha consentito di scoprire la luminosità del colore, penetra nell’arte italiana del XX secolo, sia nutrendo la creatività degli artisti, sia operando una notevole suggestione a livello diffuso. L’esigenza strutturante, che ha indotto l’artista a operare una scelta fra i dati naturali, la sua capacità di esaltare l’evidenza volumetrica e la consistenza degli oggetti, fondendo i vari elementi in unità sintetiche, hanno costituito un esempio da noi per molti versi fondamentale. La quotidianità elevata a simboli profondi, la lunga insistenza sugli stessi temi sono stati intesi come elementi rappresentativi di una altissima moralità dell’operare artistico, in grado di dare fiducia anche in momenti di disorientamento, rispondendo all’esigenza di un recupero di valori.
Quanto alla circolazione della sua opera nel nostro paese, presenze sporadiche si registrano in varie esposizioni, dalla Prima mostra di Impressionismo francese a Firenze nel 1910 curata da Ardengo Soffici, alla rassegna dedicata a Cézanne alla Biennale veneziana del 1920, con 28 dipinti provenienti quasi esclusivamente dalle collezioni fiorentine Fabbri e Loeser, poi disperse negli anni Venti. Fin dall’inizio del secondo decennio, letterati, critici e artisti si occupano di Cézanne sulle pagine de “La Voce”, rivista nei cui quaderni escono tavole delle sue opere. Soffici intende lo spirito di geometria e la sintesi formale cézanniana come preziose specificità e Roberto Longhi, nel 1914, definisce Cézanne “il più grande artista dell’era moderna, il cui testamento pittorico potrebbe essere quello di Piero dei Franceschi”. L’artista è avvertito da un lato come un innovatore, padre del Cubismo e dell’arte pura, dall’altro come un classico, vicino ai grandi esempi della nostra tradizione. Inoltre, nell’atmosfera di rinnovamento creatasi dopo il secondo conflitto mondiale, la tendenza alla disintegrazione dell’immagine, evidente nell’ultima parte del percorso cézanniano, suggerisce vie nuove e ardite ad artisti pronti ad affrontare le esperienze dei linguaggi astratti.
Questi due termini costituiscono gli estremi della nostra indagine. Riferiamoci ora direttamente ad alcuni artisti, fra i più importanti, per definire il taglio della mostra, documentare il metodo adottato, mostrando al vivo, ove possibile, un confronto diretto fra le opere.
Umberto Boccioni, conclusa da leader l’esperienza futurista, ritorna nel 1915 alla figurazione utilizzando una materia cromatica densa, ottenuta attraverso una solidificazione della luce. Nelle non numerose opere, eseguite fino alla metà del 1916 (fra le quali campeggia il Ritratto del maestro Ferruccio Busoni), data della morte a soli 34 anni, egli si volge alla lezione del pittore francese, intesa come stimolo fondamentale nei confronti della necessità urgente di un mutamento.
Il più cézanniano degli artisti italiani, Giorgio Morandi, è vicino a Cézanne nella scelta di pochi temi, oltre che nell’analogia di una vita sobria e severa, fedele ai luoghi nativi. Fin da ragazzo, egli entra in contatto con l’artista che avrebbe rappresentato per lui una fonte figurativa fondamentale, oltre che la principale spinta propulsiva per intraprendere un cammino di modernità.
Le citazioni di opere cézanniane riscontrabili nei suoi quadri giovanili (dal Paesaggio del 1911, mutuato su La tranchée di Cézanne, al Paesaggio del 1914, che riproduce parte del Pont de Maincy, alle Bagnanti del 1916, mutuate anch’esse su Cézanne) sono, come dirà egli stesso, analoghe agli esercizi di un pianista, utili per raggiungere il proprio stile. E l’influsso del maestro francese rimane fortemente evidente nel suo lavoro, in particolare nelle nature morte e nei paesaggi dal 1919 alla fine degli anni Venti.
Gino Severini (uno degli Italiens de Paris, insieme a Modigliani, De Pisis, Tozzi, Paresce e altri), nonostante un atteggiamento critico, assume da Cézanne suggestioni e spunti iconografici e creativi. Nelle nature morte dei primi anni Venti rivisita Cézanne con le regole del numero e del compasso, confermando quanto scriveva nel suo articolo su Cézanne e il cézannismo pubblicato nel 1921 sulla rivista “L’Esprit Nouveau”. Ne è esempio probante il dipinto Joueurs de cartes (1924), mutuato sull’omonima opera di Cézanne ora al Metropolitan Museum di New York, il cui tema è interpretato dall’artista italiano, con le maschere della Commedia dell’Arte in chiave fortemente geometrizzante.
Un coacervo frastagliato e contraddittorio di progetti e tensioni anima la vita della rivista “Valori Plastici” di Mario Broglio attiva dalla fine del 1918 al 1922 e punto di riferimento importante per la cultura di quegli anni. Giorgio De Chirico vi dibatte i temi della metafisica e auspica un “ritorno al mestiere”; Carlo Carrà parla di “italianismo artistico”, accampa diritti di italianità anche su Cézanne (fatto provenire da Cesena in Romagna o da Cesana in Piemonte!), mentre Alberto Savinio, nell’avallare una rinascita del classicismo, vede in Cézanne l’artista capace di dare vita a un suo ritorno in termini non accademici e moderni. Con Morandi, definito da De Chirico “un artigiano che fa da sé e guarda gli oggetti nel loro aspetto eterno”, troviamo altri pittori, capaci di riflettere l’esperienza cézanniana: da Felice Casorati a Felice Carena a Roberto Melli, al già citato Soffici, a Edita Broglio, allo stesso Broglio. Analogamente in alcuni dei protagonisti della “Scuola romana”, da Francesco Trombadori ad Antonio Donghi, Riccardo Francalancia e Franco Gentilini, aleggia ancora il gusto volumetrico di Cézanne, la capacità di rendere oggetti e paesaggi con la saldezza del suo colore, la sua inconfondibile energia plastica. Inoltre, nella temperie del “Novecento”, il movimento che, guidato da Margherita Sarfatti, si propone di saldare il linguaggio della modernità alla grande tradizione italiana, si evidenziano parentele cézanniane in opere di Mario Sironi, Achille Funi, Ubaldo Oppi, Piero Marussig e altri.
Nel secondo dopoguerra, in particolare per il magistero di Lionello Venturi e per l’attenzione verso il linguaggio ellittico dell’ultimo Cézanne, si possono avvicinare a lui artisti che affrontano anche stilemi astratti o “astratto-concreti”, da Afro a Scialoja, Corpora, Morlotti, Pirandello.

 

sabato 22 dicembre 2012

Antonella Colaninno racconta Guttuso

Della grande mostra dedicata a Renato Guttuso a Roma, presso il complesso del Vittoriano, vi ho già dato notizia nel post http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.it/2012/10/renato-guttuso-al-vittoriano.html.

Ora trovo, nel blog della stimata Antonella Colaninno (http://antonellacolaninnoarte.blogspot.it/), un testo relativo alla visita fatta a questa straordinaria mostra. 
Lo ripropongo anche in questo spazio...

Articolo originale su:





“Quanno finisci di travirsarla tutta e infini arriva a capo della viuzza, si trova ad aviri il sciato grosso come quanno si tocca la riva allo stremo delle forzi doppo ‘na longa natata” Andrea Camilleri (da La Vucciria Renato Guttuso)

di Antonella Colaninno

Non è semplice cercare di raccontare il mondo così come lo vedeva Renato Guttuso (Bagheria, 1912 – Roma, 1987) che del suo tempo e del suo mestiere ha fatto passione di vita e di arte.“Se io potessi, per una attenzione del Padreterno, scegliere un momento nella storia e un mestiere sceglierei questo tempo e il mestiere del pittore.” Sempre attento alle relazioni con altri artisti, Guttuso ha mantenuto viva in sé una certa “sicilitudine.” L’amore per la vita e per il colore, e un erotismo mai nascosto sono solo una parte di una visione del mondo dove l’ombra della morte resta una presenza vigile, una nota stridente che serpeggia misteriosa tra la vitalità della gente e dei colori dei suoi mercati. Una visione antica di amore e di morte, di erotismo e di passione che traduce il mito e la storia nel presente perché il vero protagonista in Guttuso è l’uomo e la sua storia.
Una vita vissuta tra Milano, Palermo e Roma tra artisti ed intellettuali. Alberto Moravia, Giacomo Manzù, Leonardo Sciascia, Eugenio Montale, Pablo Neruda, Luchino Visconti, Vittorio De Sica e Pierpaolo Pasolini ebbero con lui un’intensa collaborazione artistica, e poi l’amico Picasso a cui dedicò una serie di opere tra cui Il Convivio (1973), nella quale Picasso pittore siede tra alcuni dei suoi personaggi come la donna de Les demoiselles e l’Arlecchino pensoso. 
In occasione del centenario della sua nascita, Roma dedica all’artista siciliano una grande mostra, la prima antologica sull’intero percorso artistico di Guttuso che a Roma trascorse più di 50 anni di vita. Oltre 100 opere raccontano il suo impegno di artista nella società, spesso criticato da aspre polemiche quando il suo linguaggio si fa provocatore e rompe gli schemi iconografici tradizionali. La Crocifissione (1940,41) con la Maddalena denudata e le croci collocate frontalmente l’una alle altre, sollevò la disapprovazione degli ambienti cattolici e fu condannata dal Vaticano. Guttuso amava dipingere tele di grande formato, pensava fosse un atto dovuto ad un pittore.“Io di solito aspetto che mi vengano le idee, non le vado mai a cercare, un giorno ero seduto al caffè Greco, proprio nella sala che ho dipinto, e ho cominciato a pensare che era un tema che mi si addiceva. C’era de Chirico da un lato, seduto. Ho continuato a pensare al progetto e quando si è un po’ maturato ho incominciato a fare qualche disegno […] in questo quadro c’è un elemento catalizzatore, Giorgio de Chirico, anche se il fascino del luogo nasce anche dalla gente che ci è passata, da Buffalo Bill a Gabriele D’Annunzio. […] nel quadro ci sono molti elementi dechirichiani, penso a “il sogno del poeta” a “il ritratto premonitore di Guillaume Apollinaire […]. Volevo però dare, sia pure con un solo segno, il senso della storia che è passata.”
Guttuso racconta così, le immagini di una storia attraverso altre storie, dando vita ad un sentimento collettivo che traccia il disegno di un’epoca e si concentra sul tempo dell’uomo. Nella Vucciria (1974), l’esaltazione del colore e la sinuosità delle forme enfatizzano un sentimento di morte. Le carni appese ed il piano inclinato sullo sfondo dove la frutta e gli ortaggi sembrano ruotare in un vortice, esprimono il senso del tempo e del suo inesorabile passaggio. Cesare Brandi scrive che “[…] il quadro brucia, il quadro, con tanti timbri quasi violenti che si cozzano, in realtà vive entro contorni di pece, listato e lutto. […] come su un fondo nero, come dipinto su una lastra di lavagna […]” Una chiara allusione alla sua terra, la Sicilia, così piena di vita e di colori ma segnata da un destino di paura e di morte. Lo stesso Guttuso scriveva: “E’ un quadro nero […] mentre dipingevo, mi sono accorto come tutta quella abbondanza di vita contenesse, nel fondo, un senso distruttivo. Senza che io ci pensassi o volessi, la tela esalava un sentimento di morte.”
In Guttuso la memoria è il filo conduttore delle sue storie. La memoria di sé, riprodotta negli autoritratti, la memoria dei luoghi che attraverso i colori esprimono le sensazioni  dei profumi e dei sapori. E infine, la memoria della storia e delle tante storie che la compongono. Le atmosfere cupe della guerra e la luce della Sicilia, la memoria letteraria e quella neorealista desunta dal cinema e dagli ambienti popolari. Tutto il Novecento si racconta nell’umanità di Renato Guttuso, con le sue passioni e le sue storie di dolore, ancora così antica per essere contemporanea, ma così attuale pur restando anacronistica.



“Chi ripercorre la sua pittura, come le motivazioni che passo passo ne hanno giustificato le ragioni, è di fronte a un grado di passionalità partecipativa, di vitalismo, sorprendenti, e certo di portata tutt’altro che inattuale.” Enrico Crispolti  
Mostra visitata il 12 dicembre

In alto, in ordine: Guttuso e Marta Marzotto; Il caffè greco; La Vucciria (particolare); Amanti (?); Figura femminile.

Pubblicato da Antonella Colaninno

giovedì 11 ottobre 2012

Renato Guttuso al Vittoriano


 
Guttuso al Vittoriano
Un omaggio a cento anni dalla nascita del pittore siciliano. Fino al 3 febbraio Guttuso.1912-2012, 100 opere provenienti da musei pubblici e collezioni private. Esponente di punta del realismo, Renato Guttuso scelse come residenza Roma nel 1931, dove è scomparso il 18 gennaio del 1987.


ROMA - A cento anni dalla nascita del pittore realista Renato Guttuso, Roma festeggerà oggi con l’inaugurazione di una grande mostra al Complesso del Vittoriano dal titolo Guttuso. 1912-2012. La mostra che terminerà il 3 Febbraio 2013 riunisce più di 100 opere provenienti da musei nazionali e internazionali, dalle collezioni private e dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e celebrerà i cinquant’anni del pittore in questa città. Guttuso, che scelse Roma nel’31 dopo essersi allontanato dalla Sicilia, conobbe e strinse amicizia proprio nella Città eterna con molti letterati e artisti come Moravia, Moore, Manzù, Pasolini, Neruda e Visconti, da cui trasse ispirazione nell’arte e nella vita. Seppur gli influssi artistici e il fervore sociale della grande città siano stati rilevanti nella sua arte, Guttuso affermò spesso in alcune interviste che “il pittore dipinge sempre quello che conosce”. Capire i suoi dipinti è come scoprire il forte senso delle sue radici senza trascurare la formazione: il sentimento del tragico, il realismo connesso alle difficili problematiche della sua terra (e che lo fa somigliare a Diego Rivera), la semplificazione delle forme così simile ai disegni imparati nella bottega degli artigiani di carretti siciliani, ricostruiscono i primi anni di vita nella terra natia. Fuga dall’Etna che lo consacrò pittore romano nel ‘39 è l’inizio di opere in cui l’allegoria svela il suo punto di vista sull’esistenza e la storia: sia che si tratti di minatori di zolfo, dei neri del Congo, degli americani di Cuba, dei combattenti della Libia, i protagonisti della storia diventano le persone comuni, le stesse che possiamo vedere riunite in una confusa moltitudine, intente a farsi spazio nell’antico mercato di Palermo, nel famoso dipinto la Vucciria del ‘74, o quelle del Caffè Greco del ‘76. La Roma del regime e delle guerre nel discusso dipinto della Crocifissione, la Roma politica ne I Funerali di Togliatti del’72 brulicante di bandiere rosse e la Roma delle bellezze architettoniche, saranno in mostra per raccontarci con semplicità le profonde verità della realtà.

INFORMAZIONI
Complesso del Vittoriano

Info: 066780664

ORARIO

aperto tutti i giorni dal lunedì al giovedì: 9.30-18.30;
il venerdì e il sabato 9.30-22.30;
domenica 9.30-19.30

Biglietti: € 12,00 - ridotto € 8,50

martedì 30 agosto 2011

“Piet Mondrian – l’armonia perfetta” al Complesso del Vittoriano


L'ossessione del rigore lo ha portato a mettere in "gabbia" la libertà per poi affrancarla attraverso il colore... Piet Mondrian a Roma a ottobre! ASSOLUTAMENTE DA NON 
PERDERE!!!


“Piet Mondrian – l’armonia perfetta”

Una grande mostra è in arrivo al Complesso del Vittoriano per il prossimo autunno. Dal 7 ottobre al 29 gennaio 2012 Piet Mondrian sarà l'artista celebrato in una grande mostra monofrafica. La mostra dal titolo L'Armonia Perfetta, racconta la sua ossessione per l'idea di progresso.
Negli anni a cavallo tra i due secoli gli artisti d'avanguardia non si accontentavano più di un'arte deputata a rappresentare l'aspetto esteriore della realtà e ricercavano una verità più profonda, oltre l'esteriorità. Affascinato dalla corrente cubista, Mondrian continuò a lavorare sulle possibilità di strutturazione per riduzione, già contenute nel Cubismo, fino alla pittura astratta e, alcuni anni più tardi, inaugurò quello che definì Neoplasticismo.
Come in Kandinskij, agli elementi espressivi della pittura – linea, colore e forma o superficie – veniva attribuito un valore proprio, che non rimandava a qualcos'altro. In più, Mondrian ridusse tali elementi all'essenziale: soltanto linee rette, verticali e orizzontali, mai diagonali; soltanto colori primari – nessun colore composto, come in natura – e i non-colori nero, bianco e grigio. 
Fonte:www.savethadate.it