RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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mercoledì 14 giugno 2017

Gianfranco Meggiato - Giardino delle Muse silenti



Il caro amico Gianfranco Meggiato arriva al Museo Marca di Catanzaro.


Dal 10 giugno al 1° ottobre 2017, Gianfranco Meggiato è protagonista a Catanzaro con un nuovo progetto site specific che coinvolge i più importanti spazi espositivi della città calabrese, dal Parco della Biodiversità Mediterranea al Museo MARCA, dal Parco Archeologico di Scolacium al MUSMI – Museo Storico Militare.

Il fulcro della mostra, curata da Luca Beatrice, organizzata dalla Fondazione Rocco Guglielmo e dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, ruota attorno al Giardino delle Muse silenti, ovvero la grande installazione (un labirinto che occupa un diametro di 20 metri) ospitata dal Parco della Biodiversità Mediterranea, all’interno del Parco Internazionale della Scultura che accoglie i protagonisti della scultura internazionale quali Dennis Oppenheim, Tony Cragg, Jan Fabre, Mimmo Paladino, Antony Gormley, Wim Delvoye, Marc Quinn, Stephan Balkenhol, Michelangelo Pistoletto, Mauro Staccioli, Daniel Buren e H.H. Lim.

mercoledì 15 febbraio 2017

A proposito di ASFISSIA...



Ieri sera al MAC, si è inaugurata la mostra personale, curata da Luca Beatrice, di Massimiliano Alioto intitolata ASFISSIA (vi avevo già dato notizia dell'evento in un post precedente, vedi  http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.it/2017/02/asfissia-personale-di-massimiliano.html )

Una gran bella mostra, che sottolinea per l'ennesima volta, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la grandezza di Alioto ma soprattutto mette in evidenza una tendenza, che da tempo non è più tale essendosi trasformata in realtà, ovvero: un grande ritorno alla pittura di qualità sostenuta da concetti e contenuti importanti!

Bravo Massimiliano













FONTE FOTO
FACEBOOK

lunedì 6 febbraio 2017

Gianluigi Nuzzi e Luca Beatrice detective per ASFISSIA

Vi ho già accennato qualcosa a proposito di questa mostra...
ASFISSIA di Massimiliano Alioto... 

Ora la cosa si fa ancora più interessante...

Gianluigi Nuzzi e Luca Beatrice indagano come se fossero detective




venerdì 3 febbraio 2017

ASFISSIA personale di Massimiliano Alioto a cura di Luca Beatrice

E' difficile per me raccontarvi di Massimiliato Alioto.
Per la stima che ho nei suoi confronti, per il piacere che provo nel leggere i suoi dipinti o semplicemente perchè è un grande artista.
Allora ci proverà lui stesso con questa mostra personale a Milano.

Massimiliano Alioto, Asfissia, Olio su tela 190 x 150 cm


ASFISSIA
personale di Massimiliano Alioto
a cura di Luca Beatrice
 
M.A.C. Musica Arte e Cultura
Dal 14 Febbraio 2017 al 17 Febbraio 2017

Enti promotori:
Fondazione Maimeri
ARTE.it (media partner)

Comunicato Stampa:
Fondazione Maimeri presenta "Asfissia" una mostra di Massimiliano Alioto al M.A.C. a Milano dal 14 al 17 Febbraio 2017. Il progetto Asfissia ha origine dall’idea di una “variazione sul tema” a partire da un grande quadro dell’Ottocento italiano Asfissia di Angelo Morbelli. Progetto articolato, fortemente stratificato e ricco di rimandi incrociati, Asfissia è insieme un omaggio alla grande pittura tardo-simbolista italiana, alle suggestioni romantiche ancora presenti sotto la pelle della contemporaneità, una riflessione sullo specifico del linguaggio pittorico (la pittura di genere, la natura morta, la destrutturazione dell’immagine, il rapporto sempre più incerto tra figurazione e astrazione), oltre che un gioco a rimpiattino con lo spettatore, che si dovrà districare tra la semplice bellezza e naturalezza di una nuova, originale “pittura di fiori” negli anni Duemila, i rimandi e i debiti che l’arte contemporanea ha con la sua tradizione, il gioco di rimandi e di citazioni tra pittura e narrazione, tra riferimenti cinematografici e suggestioni letterarie, tra decoratività e riflessione filosofica.

ORIGINE DEL PROGETTO: MORBELLI, BAUDELAIRE E LA “NERA” 
Il progetto Asfissia di Massimiliano Alioto si sviluppa a partire dalla suggestione provocata nell’artista dall'omonimo quadro del 1884 di Angelo Morbelli, che a sua volta trasse ispirazione da un lato dalla celebre poesia di Charles Baudelaire "La morte degli amanti”, e dall’altro da un drammatico fatto di cronaca nera dell'epoca, incentrato sulla morte di due amanti per asfissia in un albergo di Milano.

DESCRIZIONE
Nel dipinto, Morbelli descrive la scena con un uso sapiente di luci ed ombre e tramite un'accurata costruzione prospettica dell’ambiente, ponendo in primo piano la tavola imbandita, che occupa tre quarti della tela: bottiglie di liquori e champagne, bicchieri semivuoti, tazze da caffè, porcellane, candelabri che esalano l’ultimo flebile filo di fumo, un orologio sullo sfondo che segna implacabile l’avvento del giorno; sulla ribalta dietro al tavolo ci sono un foglio, un calamaio ed un revolver, forse l'unico elemento tangibile della volontà degli amanti: ci troviamo dunque di fronte ad un giallo, ad un rebus. In basso a destra c'è una valigia appena dischiusa, dalla quale sembrano uscire fiori recisi che si spargono su tutto il pavimento della stanza, fiori quasi appassiti che richiamano il decadimento tipico della morte, tema ricorrente nella poesia simbolista; sempre a destra, ma in secondo piano, si scorgono nella penombra i corpi esanimi dei due amanti, lui disteso a terra e lei sul divano illuminata soltanto dalla luce fioca che filtra dalla finestra. Fu un duro colpo per Morbelli quando la critica stroncò il suo dipinto per “l’incapacità dell’opera di commuovere gli animi”: l’artista decise dunque di tagliare una parte della tela, inviandola a Londra per la mostra “The Italian Exhibition” del 1888.

ASFISSIA: CITAZIONI E VARIAZIONI SUL TEMA
Il progetto di Massimiliano Alioto prende corpo proprio a partire dalla parte sinistra del quadro di Morbelli, quella che rimase a Brera, dove si può respirare l’atmosfera del giallo, dell’enigma di una misteriosa vicenda d’amore e di morte – la storia di un amore impossibile. Partendo da un primo rifacimento dell’opera di Morbelli, l’artista estende la sua ricerca elaborando, ripetutamente fino quasi all’ossessione, l’elemento apparentemente meno centrale e tuttavia più espressamente simbolico dell’opera di Morbelli: i fiori recisi che giacciono a terra di fronte al tavolo. I fiori recisi sono infatti una metafora dell’effimero senso dell’amore e della caducità della stessa vita, temi cari alla poesia decadentista che ispirò lo stesso Morbelli. Alioto riprende dunque il soggetto dei fiori, ripetendo centinaia di volte, quasi compulsivamente, l’elemento decorativo del fiore, fino a tendere a tratti alla “sparizione” della stessa immagine in un magma informale di grande virtuosismo tecnico. Il tema delle caducità della vita e dell’amore, caro a tanta pittura ottocentesca come alla poetica decadentista, diventa così metafora della stessa caducità dell’immagine nell’era della iper-riproducibilità tecnica delle immagini virtuali, riflessione filosofica sul senso stesso del dipingere e creare immagini nell’epoca di internet, ragionamento concettuale sulla forma, sul sempre più labile rapporto tra riproduzione e realtà, tra figurazione e astrazione, tra gesto pittorico e percezione visiva dello spettatore. Nelle decine di opere incentrate sul tema dei fiori di cui si compone la mostra, si alterna infatti una pittura di chiara matrice figurativa, ricca di dettagli, a una pittura che si fa via via sempre più informale, improntata sulla gestualità e tendente spesso all’astrazione pura.

I QUADRI
Da una parte, ci sono circa cinquanta quadri di diverse dimensioni che rappresentano le diverse e molteplici “variazioni” sul tema dei fiori, con tutte le diverse declinazioni formali, tonali e compositive, che spaziano da una pittura più descrittiva a una gestuale e astratta. Vera e propria prova di virtuosismo stilistico e compositivo – al pari degli “Esercizi di stile” di Raymond Queneau tradotti in Italia da Umberto Eco –, quella di Alioto diventa però innanzitutto un’articolata riflessione sul tema della pittura, dello stile, della ridefinizione del genere pittorico come grimaldello per riflettere sul senso e sulla tenuta, dal punto di vista concettuale, dello statuto stesso del dipingere negli anni Duemila.

I DISEGNI
Dall’altra, c’è l’omaggio esplicito alla tradizione pittorica italiana prima delle avanguardie, a quel periodo straordinario e ricco di stimoli, in parte simile e per molti versi coincidente con il nostro, che sta tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, fatto di eclettismi, di contaminazioni stilistiche e di citazioni incrociate, di riflessione spirituali e psicologiche (la scoperta dell’inconscio, la pittura come grimaldello per andare oltre il reale, etc.). Ecco allora, parte integrante del progetto editoriale, una serie di ritratti di “fantasmi” (Ghosts): ovvero il ritratto di quei pittori e scrittori che hanno “formato”, a livello estetico e intellettuale, la coscienza collettiva della cultura italiana nel difficile passaggio di secolo tra Ottocento e Novecento. Ma anche in questo caso, come in un gioco di specchi, i volti ormai storicizzati e sempre più lontani dei “maestri” (da Baudelaire a Max Klinger, da Alma Tadema a Matisse, passando per Previati, Courbet, Adolf Wildt, i Preraffelleti, i Simbolisti fino a Constantin Brancusi), si fanno, col passaggio da un disegno all’altro, sempre più labili e rarefatti, quasi la loro stessa realtà tendesse piano piano a scomparire e farsi sogno, illusione ottica, bizzarra scomposizione prospettica e paradosso visivo.

I TESTI CRITICI
La pubblicazione è corredata da un testo critico di Luca Beatrice, che pone il suo accento sulla straordinaria contemporaneità di Alioto, che pur volge il suo sguardo al passato, ed un saggio di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci, che affronta in maniera critica e storica il rapporto tra Amore&Morte nella cinematografia della Nouvelle Vague.

Come un moderno “vate” simbolista, Alioto accompagna lo spettatore, attraverso un salto temporale, alla scoperta di un capolavoro nascosto della storia della pittura italiana dell’Ottiocento, raccontandoci la storia dell'amore tormentato e romantico tra un artista e la sua musa.
 

giovedì 29 settembre 2016

A Genova, a Palazzo Ducale, arriva Andy Warhol

Poteva mancare una mostra su Warhol in questo caldo autunno? Certo che no! 
A Genova, a Palazzo Ducale, Luca Beatrice propone Warhol. Pop Society


 
Warhol. Pop Society
21 ottobre – 26 febbraio 2017
Appartamento del Doge
A cura di Luca Beatrice
 
A trent’anni esatti dalla scomparsa del grande artista americano, Palazzo Ducale di Genova dedica una grande retrospettiva ad Andy Warhol (Pittsurgh, 6 agosto 1928 – New York, 22 febbraio 1987).
Curata da Luca Beatrice e prodotta e organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore, la mostra presenta circa 170 opere tra tele, prints, disegni, polaroid, sculture, oggetti, provenienti da collezioni private, musei e fondazioni pubbliche e private italiane e straniere.
Il percorso tematico si sviluppa intorno a sei linee conduttrici: il disegno, le icone, le polaroid, i ritratti, Andy Warhol e l’Italia, e infine il cinema e copre l’intero arco dell’attività dell’artista più famoso e popolare del secolo scorso. Con lui si apre l’epoca dell’arte contemporanea, così come ancora la intendiamo oggi. Se nel calendario della musica pop c’è un ante e un post Beatles, l’unico fenomeno culturale e mediatico degli anni Sessanta in grado di rivaleggiare con Warhol, allo stesso modo in quello dell’arte dobbiamo parlare di un “Before Andy” e di un “After Andy”. Soprattutto, Andy Warhol è stato capace di intuire e anticipare i profondi cambiamenti che la società contemporanea avrebbe attraversato a partire dall’era pop, da quando cioè l’opera d’arte comincia a relazionarsi quotidianamente con la società dei massmedia, delle merci e del consumo. Nella Factory, a New York, non solo si producevano dipinti e serigrafie: si faceva cinema, musica rock, editoria, si attraversavano nuovi linguaggi sperimentali in una costante ricerca d’avanguardia. Anche nei confronti della televisione, il nuovo medium per eccellenza, Warhol manifesta una curiosità straordinaria e, probabilmente, se fosse vissuto nei nostri tempi, non avrebbe esitato a usare i social network e la comunicazione in rete.
In mostra alcuni straordinari disegni preparatori che anticipano dipinti famosi come il Dollaro o il Mao; le celeberrime icone di Marilyn, qui presente sia nella serigrafia del 1967 sia nella tela Four Marilyn, della Campbell Soup e delle Brillo Boxes; i ritratti di volti noti come Man Ray, Liza Minnelli, Mick Jagger, Miguel Bosè e di alcuni importanti personaggi italiani: Gianni Agnelli, Giorgio Armani e Sandro Chia. Un’intera sezione è poi dedicata alle polaroid, tanto importante e utilizzata da Andy Warhol per immortalare celebrities, amici, star e starlett e di cui si presentano oltre 90 pezzi.
Completa la mostra un video in cui il curatore Luca Beatrice racconta al pubblico la vita e le opere di Andy Warhol.
 
 
Palazzo Ducale – Appartamento del Doge
Piazza Matteotti, 9
16123 Genova
 
 
Informazioni e prenotazioni
010/9868057
www.warholgenova.it/
www.ticket24ore.it/warholgenova

mercoledì 6 gennaio 2016

"Nati sotto il Biscione - L'arte ai tempi di silvio Berlusconi" di Luca Beatrice

Anche quest'anno, la Befana mi ha portato un libro. 
Uscito a marzo, non l'avevo ancora letto ne acquistato. E' l'ultimo libro di Luca Beatrice. 
E' un breve testo, l'ho letto tutto di un fiato. 
Con il linguaggio semplice e diretto tipico del critico torinese, offre una serie di riflessioni drammaticamente reali. Lo consiglio vivavamente.



Nati sotto il Biscione
L'arte ai tempi di silvio Berlusconi
di Luca Beatrice
Rizzoli

Il ruolo di Berlusconi come innovatore nel linguaggio ha caratterizzato fortemente un periodo che si avvia a essere riconosciuto come una sorta di "secondo ventennio italiano, anni in cui la commistione di generi e la ricerca assoluta dell'esposizione di sé sono diventate colonne portanti di un nuovo modo di essere, punto di partenza di un mutamento ben più radicale della sola trasformazione della comunicazione. Nel 2009 la rivista "Rolling Stone" dedica la copertina a Silvio Berlusconi, nominandolo rockstar dell'anno. Il disegno è opera dello street-artist Obey, noto per le sue elaborazioni di ritratti come quello, diventato un'icona, di Barack Obama. Si tratta di un'ulteriore consacrazione per il Cavaliere, la cui figura ha fatto il giro del mondo ed è diventata oggetto di rappresentazioni multiformi nel mondo dell'arte. Questo impatto è rintracciabile nell'opera di artisti di fama internazionale, come Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, Francesco Vezzoli e molti altri: Beatrice spiega l'eredità iconografica dell'Italia recente e del berlusconismo attraverso i fatti dell'arte e dei media.

lunedì 31 agosto 2015

Imago Mundi – Luciano Benetton Collection MAPPA DELL’ARTE NUOVA alla Cini di Venezia

Tanti gli amici in esposizione all'interno di questo grande "contenitore" di arte e cultura, a cura di Luca Beatrice... da Thomas Berra a Christian Balzano, da Ali Hassoun a Massimiliano Alioto...

Imago Mundi – Luciano Benetton Collection MAPPA DELL’ARTE NUOVA

alla Fondazione Giorgio CINI a Venezia

Cinque continenti, più di 40 Paesi, 6.930 artisti con opere 10×12 centimetri
Arte e Mondo senza confini. Imago Mundi, il progetto globale non profit di arte contemporanea di Luciano Benetton, espone parte delle sue collezioni: 6.930 artisti con opere 10×12 centimetri provenienti da più di 40 Paesi e popolazioni native.

In mostra le collezioni di Algeria, Boscimani del Kalahari, Nigeria, Sud Africa, Tunisia, Uganda/Ruanda/Burundi (AFRICA); di Brasile, Caraibi, Cile, Colombia, Cuba, Messico, Stati Uniti e degli Indigeni nativi americani (AMERICHE); di Afghanistan, Arabia Saudita, Corea del Nord, Filippine, Giordania, Iran, Israele, Siria, Tailandia, Tibet (ASIA);  di Austria, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Spagna, Svezia, Svizzera, Ungheria (EUROPA); degli artisti aborigeni d’Australia (OCEANIA).
Visita il sito di Imago Mundi

domenica 18 gennaio 2015

TRANSNATURAL - Massimiliano Alioto a cura di Luca Beatrice



TRANSNATURAL - Massimiliano Alioto 
a cura di Luca Beatrice

dal 21 gennaio 2015
Galleria Davico Arte - Galleria Subalpina 21 - 10123 Torino

La galleria DAVICO ARTE espone, in collaborazione con DM Gallery Milano, “TRANSNATURAL” una personale di Massimiliano Alioto.
La mostra e il catalogo sono curati da Luca Beatrice che scrive a proposito dell’artista:
“Alioto è di natali pugliesi (nasce a Brindisi, classe 1972) ma gravita da tempo su Milano. Da allora, l’esperienza dell’artista ha attraversato il dato prettamente urbano per ricondursi con insistenza a quello naturale. Montagne innevate prima, mari in tempesta poi.
Il suo nuovo approccio al naturalismo pittorico è però “punk” nell’accezione più contraddittoria del termine. E’ un pirata che naviga lo spazio della tela, stupendoci, ancorché non si conosca mai l’approdo del suo viaggio creativo. Dopo cime e acque, eccolo tornare con l’esuberanza di tinte psichedeliche che non si preoccupano delle coordinate reali del paesaggio. Sono alberi percossi dal vento, dentro lagune di acqua e cielo, ma le sue alterazioni di blu, rossi e gialli - fino ai contrappunti di verde acido e fucsia - travolgono gli scenari di una luce innaturale che ha radici nell’espressionismo della Die Brücke e trova esempi nella pittura internazionale, da Daniel Richter a David Schnell, di Peter Doig e Stephen Bush.
Pensando a Richard Mosse e parafrasando Nietzsche, il transnaturale di Alioto è la riaffermazione del mondo vero al tramonto di ogni sua possibile favola. Si tratta di rendere visibile ciò che sfugge all’occhio addomesticato.
E’ questo il nostro paesaggio: iridescente, cupo a tratti, luminoso in altri, è sovrapposizione di sogno e realtà, alterazione e verità, transnatura e natura. E’ l’epoca in cui viviamo, sono le nostre albe e i nostri tramonti, irreali, emotivi, finzione che si esprime nell’apparente verità.”

martedì 2 dicembre 2014

LUCA BEATRICE presenta WRITE ON THE WILD SIDE. ARTICOLI DI CRITICA MILITANTE 2007-2014



Giovedì 4 dicembre, ore 21
Circolo dei Lettori
via Bogino 9 Torino
LUCA BEATRICE
presenta
WRITE ON THE WILD SIDE.
ARTICOLI DI CRITICA MILITANTE 2007-2014 (Barney)
con i giornalisti Alessandro Gnocchi e Gabriele Ferraris.
Parafrasando la canzone di Lou Reed, questo libro è scritto "dalla parte sbagliata".
Attraverso otto anni di articoli pubblicati prima su “Libero” e poi su “Il Giornale”, il critico d'arte Luca Beatrice, con libertà e impegno, ha saputo cogliere la cultura del presente, scrivendo di arte, ma anche di musica, letteratura, moda e costume, degli artisti più famosi e delle realtà emergenti.
Li racconta in questo appuntamento al Circolo dei lettori.

martedì 4 novembre 2014

MappeMondi a cura di Luca Beatrice




MappeMondi
a cura di Luca Beatrice
13 novembre – 23 dicembre 2014
MARCOROSSI artecontemporanea


Mappamondi, “globi”, mappe del mondo: miniature terrestri che ci accompagnano dall’infanzia, lungo la sottile linea rossa che separa la leggerezza ludica del giocattolo dall’inesauribile mistero di un simbolo che solo la sensibilità artistica è in grado di declinare. Con “MappeMondi” – una mostra a cura di Luca Beatrice – Marcorossi artecontemporanea traduce il tema del globo terrestre in un percorso antologico ricco di sfumature. Arcangelo, Mirko Baricchi, Sergi Barnils, Vanni Cuoghi, Chris Gilmour, Franco Guerzoni, Riccardo Gusmaroli, Emilio Isgrò, Luigi Mainolfi, Mirco Marchelli, Davide Nido, Pino Pinelli, Medath Shafik, The Bounty KillArt: 14 opere di 14 artisti, accompagneranno il pubblico attraverso le mille sfaccettature di un simbolo antico e attuale.
Chiave di volta del mondo moderno, il 1492 non è stato solo l’anno che ha scandito la scoperta dell’America: mentre le caravelle di Colombo si imbattevano nel Nuovo Mondo, chilometri più a Est – nel Vecchio Continente – il cartografo tedesco Martin Behaim creava la prima rappresentazione sferica della Terra a noi pervenuta. La chiamarono Erdapfel (mela terrestre) o “globo terrestre di Norimberga”, ma poco importa: era nato il mappamondo. A distanza di cinque secoli, anziché scadere al rango di oggetto obsoleto e inflazionato, il mappamondo continua a sgranare un’infinita rosa di significati. È invito al viaggio, ma anche simbolo ambivalente che sintetizza una rassicurante miniatura del mondo e al tempo stesso allude al misterioso Vuoto che lo circonda: al Dio che “sospende la Terra sopra il Nulla” di biblica memoria.
Tanto apparentemente concreto quanto intimamente inafferrabile, il mappamondo è un caleidoscopico prisma di significati: una tematica che ha fatto sporadicamente capolino nella poesia - come nelle paradossali rime del Burchiello – e che incontra nelle arti figurative un campo in cui è sempre possibile sperimentare nuove vie. Le “MappeMondi” proposte da Marcorossi artecontemporanea non saranno quindi solo opere pittoriche, ma anche oggetti d’arte tridimensionali: vere e proprie sculture che reinterpreteranno il volto – anzi, i volti - dell’antica “mela terrestre”. Un percorso di respiro internazionale in cui gli artisti intrecceranno un dialogo a più voci.

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Luca Beatrice

Mettere al mondo il mondo


A Davide Nido

Davide Nido è degli anni ’60 e come tutti noi appartiene a quella generazione che ha visto la terra dalla luna. Nel pianeta e nel suo satellite ha trasferito il suo modo di fare pittura attraverso il meccanismo del gesto ripetuto. Ho scritto queste poche righe qualche giorno fa, prima della triste notizia della sua prematura scomparsa. Lo ricordo nei giorni della Biennale di Venezia nel 2009. Allegro, colorato, incredulo. Mi resterà per sempre il suo sorriso.


L’idea di MappeMondi mi è venuta andando dietro col pensiero ad alcune suggestioni. Ho sempre pensato che i confini disegnati dentro una carta geografica, un planisfero o un mappamondo, potessero restituire solo in parte quell’idea di spazio infinito, eppure misurabile, in cui ci troviamo a vivere. E che difficilmente riusciremo ad attraversare tutto, pur se attratti dal viaggio e respinti dall’orrore del domicilio.
L’esperienza del mondo va dunque catalogata e definita, perché scrivere India o dire America ci proietta in qualche modo verso quei luoghi anche se siamo davanti allo schermo di un computer. Persino la forma, lo stivale dell’Italia, l’immensa distesa rettangolare dell’Africa, rimandano automaticamente a ciò che noi abbiamo in testa, un giardino o un deserto.
Se, parafrasando Georges Perec, pensare è uguale a classificare, ogni carta si propone come un insieme di segni e convenzioni che noi riusciamo a leggere proprio perché abituati ad avere a che fare con questi codici. Cos’è l’arte, peraltro, se non un analogo sistema di segni? Noi li accettiamo come tali senza chiederci troppo il perché, in quanto è il contesto che li definisce come tali.
Unire le mappe con i mondi significa trovare il punto di contatto tra una superficie piatta, misurabile con una squadra e un righello per farci un’idea delle distanze precise tra un punto e l’altro, e una forma sferica, tonda, che rappresenta all’incirca ciò che la terra è. E come la si vede da lontano, per esempio dalla luna. Entrambe appartengono al nostro immaginario fin da quando eravamo bambini: la carta geografica appesa sulle pareti di scuola, straordinaria occasione di distrazione durante gli esercizi di matematica a sognare a occhi aperti fughe lontane dalle pareti verdi della classe. In quanto al mondo, la trama dei ricordi si sposta un po’ più avanti: tenere quella sfera in mano significava dominarla, poterne decidere i destini, come il Grande Dittatore di Charlie Chaplin o il gangster di Scarface che aveva scelto questo motto, il mondo è tuo.
Gli artisti scelti per questa mostra hanno scelto chi mappe e chi mondi per raccontare la propria personale idea di geografia. 
Vanni Cuoghi in Maledette piantine ci intrattiene con una consueta scena galante in puro stile settecentesco, dove i sogni di evasione di tre giovani donne si trasfigurano immediatamente in paradisi esotici e terre selvagge.
Carta di viaggio è un lavoro di Franco Guerzoni del 1984, molto lirico e liquido, dove il pianeta ci viene presentato al contrario di come siamo abituati a conoscerlo; i continenti sono macchie blu e il mare una superficie grigia e indefinita. Quest’opera storica ne ispira un’altra, recente, molto più grande.
Riccardo Gusmaroli descrive un mondo d’oro e piatto, circondato da un turbinio vorticoso di barchette bianche, stagliate su fondo monocromo. E’ il mito del viaggio intorno al mondo, del desiderio di evasione e di scoperta; la tensione dell’uomo verso luoghi immaginari e destinazioni lontane.
Emilio Isgrò è il grande artista della cancellatura, che da quasi mezzo secolo lavora sulla perdita d’orientamento e sulla disidentità del luogo, che non potendo più contare sulle convenzioni, è costretto a trovare un diverso linguaggio per rimettersi in cammino.  
In quanto a Luigi Mainolfi, la sua terracotta presenta una planimetria strana formata da pianeti e stelle, un sistema solare alternativo formatosi dal caos, precedente il big bang, che ci fa intravedere mondi possibili, chissà dove ubicati.
Il bronzo di Arcangelo, Pianeta del 1993, ha una forma strana e bitorzoluta, piena di ganci e appigli. E’ qualcosa che ricorda la terra ma non dovrebbe essere lei, una strana creatura partorita dalla fantasia e dalle (nostre) paure.
Mirko Baricchi ha lavorato sulle regole, la sfera inclinata sull’asse e divisa come un’arancia; ma al posto dei continenti e dei mari ha segni misteriosi e ambigui che vengono direttamente dal repertorio dell’artista. Insomma il mondo come autoritratto.
Sergi Barnils tra le sue numerose tecniche utilizzate ha scelto la ceramica. Ha realizzato tre sfere su cui dipinge in blu una forma di scrittura umana che precede il linguaggio, basata su forme elementari, intuitive e improvvisate.
Per Pino Pinelli il mondo non è un’immagine, non soltanto una forma tondeggiante, ma piuttosto un’idea di cosmogonia, di conoscenza delle cose. E’ l’opera più astratta della mostra, quella meno legata alla realtà, ma che ugualmente suggerisce il clima che abbiamo cercato di restituire.
Atlante tiene il mondo come nella mitologia classica, ma non ce la fa più, è schiacciato dal suo stesso peso e non riesce a sostenere le rovine del nostro tempo, i problemi e i guai. Questa la visione della cosmogonia secondo l’ironico gruppo torinese The Bounty Killart.
Chris Gilmour come di consueto usa il suo materiale d’elezione, il cartone, per rifare un oggetto in scala e proporci così la copia della realtà. Un mappamondo da antiquariato, da museo, che appartiene alla storia, al passato.
Per Mirco Marchelli, trovaroba dell’arte di oggi, sul suo mappamondo appoggiato su uno sgabello ha scritto in alfabeto morse il nome di tutti i mari e gli oceani, in modo da suggerire che anche nell’arte il limite della vista può essere superato da altri linguaggi.
Infine Medhat Shafik immagina il mondo dominato (o abitato) da un solo uomo che non esercita alcun tipo di potere ma sta lì con la dignità verticale della scultura. Probabilmente  pensa qualcosa sui nostri destini.

 
MARCOROSSI artecontemporanea
C.so Venezia 29, MILANO

Mappe Mondi
Luca Beatrice
13 novembre – 23 dicembre 2014
da martedì a sabato: 11.00 - 19.00
domeniche di dicembre: 15.00-19.00

mercoledì 29 ottobre 2014

Showing Monograph Annalù 1994-2014




Showing Monograph Annalù
1994-2014 

 a cura di Martina Cavallin
(edito da Silvana Editoriale)

che si terrà

venerdì 31 ottobre 2014 alle ore 18.00

a cura di Luca Beatrice e Guido Curto
presso il

Circolo dei Lettori di TorinoVia Bogino, 9

"Difficile imbrigliare l’arte di questa giovane artista, il cui ventennale percorso ci suggerisce un’evoluzione di sentimenti, di poetica della vita, di storie narrate e ancora da narrare, di sogni e visioni. Annalù è attenta osservatrice delle “cose del mondo”, le guarda, le studia, le fa sue, il suo animo profondo elabora, attraverso le proprie emozione, e restituisce al mondo le “cose del mondo” con un nuovo e personale linguaggio. Ecco che le forme impresse alla liquidità, dall’abilità di Annalù, ci riportano ad attimi di vita, situazioni, emozioni improvvise… e per un attimo ci danno quella sensazione di aver fermato per sempre un istante. Non è così, per sua stessa natura lo stato “liquido” non è in grado di mantenere a lungo la propria forma. Ma non ci deve essere sgomento o smarrimento in questo divenire continuo, la nostra ragione di esseri umani sta nell’essere consapevoli che adattarci al cambiamento è la nostra vera forza."
(Carlotta Canton)

“Liquida. TransApparenze” di Annalù
Torino, Galleria Davico Arte
23 ottobre - 22 novembre 2014
Orari:
 Da martedì a sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30
www.davicoarte.it - galleria@davicoarte.it
Ufficio stampa:
B52Communication
info@b52c.com
; www.b52c.com

venerdì 17 ottobre 2014

LIQUIDA TransApparenze di Annalù a cura di Carlotta Canton


 

LIQUIDA
TransApparenze
di Annalù
a cura di Carlotta Canton
dal 23 ottobre al 22 novembre 2014
opening giovedì 23 ottobre, ore 18:30
Galleria Davico Arte
Galleria Subalpina 21 – Torino

Presentazione “Showing Monograph Annalù 1994-2014”
A cura di Martina Cavallin, Luca Beatrice
venerdì 31 ottobre 2014, ore 18:00
Circolo dei Lettori
Via Bogino 9 – Torino

Sarà Liquida – TransApparenze, mostra curata da Carlotta Canton, direttrice della Galleria Davico Arte, a sancire il debutto ufficiale di Annalù sul territorio torinese con una prima assoluta. La scultrice veneta, reduce dal Collective Ehibition Park View Fine Arts di Hong Kong - ultima tappa in ordine cronologico che fa seguito ad altrettanti esposizioni internazionali realizzate a Los Angeles, San Francisco, San Diego, Parigi, Vienna - sarà a Torino dal 23 ottobre al 22 novembre per presentare le sue opere, molte delle quali inedite.
“Difficile imbrigliare l’arte di questa giovane artista, il cui ventennale percorso ci suggerisce un’evoluzione di sentimenti, di poetica della vita, di storie narrate e ancora da narrare, di sogni e visioni. - come sottolinea la curatrice della Galleria Davico Arte, Carlotta Canton - Annalù è attenta osservatrice delle “cose del mondo”, le guarda, le studia, le fa sue, il suo animo profondo elabora, attraverso le proprie emozione, e restituisce al mondo le “cose del mondo” con un nuovo e personale linguaggio” A sottolineare l’eccezionalità dell’esposizione, che vede Torino come luogo prescelto per celebrare i suoi 20 anni di attività, il 31 ottobre alle ore 18:00 Luca Beatrice illustrerà al Circolo dei Lettori la monografia “Showing Monograph, Annalu 1994-2014” edita dalla Silvana Editoriale, casa editrice che si sta sempre più distinguendo nel panorama internazionale per le scelte di qualità e prestigio degli artisti proposti, guadagnandosi la presenza nei bookshop di musei quali il Louvre di Parigi, la National Gallery di Londra, il Metropolitan di New York per citarne solo alcuni tra i principali.
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Testo critico della curatrice Carlotta Canton
Difficile imbrigliare l’arte di questa giovane artista, il cui ventennale percorso ci suggerisce un’evoluzione di sentimenti, di poetica della vita, di storie narrate e ancora da narrare, di sogni e visioni.
Annalù è attenta osservatrice delle “cose del mondo”, le guarda, le studia, le fa sue, il suo animo profondo elabora, attraverso le proprie emozione, e restituisce al mondo le “cose del mondo” con un nuovo e personale linguaggio.
Ecco che le forme impresse alla liquidità, dall’abilità di Annalù, ci riportano ad attimi di vita, situazioni, emozioni improvvise… e per un attimo ci danno quella sensazione di aver fermato per sempre un istante
Non è così, per sua stessa natura lo stato “liquido” non è in grado di mantenere a lungo la propria forma.
Ma non ci deve essere sgomento o smarrimento in questo divenire continuo, la nostra ragione di esseri umani sta nell’essere consapevoli che adattarci al cambiamento è la nostra vera forza.
“Il libro della tempesta”, un groviglio di emozioni forti, metafora della vita, pagine già scritte e pagine ancora da scrivere, interrogativi e certezze... il movimento dell’esistenza.
La forza della natura impressa in “door of silence” è così esplosiva quanto risucchiante, il movimento circolare e vorticoso delle farfalle, la cui breve vita ci serva di monito, ci cattura e improvvisamente ci restituisce al mondo colmi di nuove emozioni.
“Elisir”, l’orchidea, le credenze popolari sui poteri di questo fiore si perdono nella notte dei tempi: streghe e stregoni lo utilizzavano nei loro elisir d’amore e di eterna giovinezza, scrittori e pittori di ogni secolo, hanno da sempre usato l’orchidea come simbolo erotico e di bellezza sensuale, ma qual è quindi il suo attuale significato? Essa è correlata all’amore, per la sua capacità di crescere ovunque, in ogni continente, e allora l’amore come elisir di vita, motore delle nostre esistenze.
E nella trasparenza di ogni forma, ci illudiamo di vedere riflesse al di là della tra speranza le nostre interiorità, magicamente protette dal quel velo di nulla che ci rassicura.

Mostra: “Liquida. TransApparenze” di Annalù, www.annalu.it
Direzione artistica: Carlotta Canton
Luogo: Galleria Davico Arte , Galleria Subalpina 21 www.davicoarte.it - galleria@davicoarte.it
Inaugurazione: 23 ottobre 2014 ore 18:30
Durata: 23 ottobre - 22 novembre 2014
Orari: Da martedì a sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30

Presentazione Presentazione “Showing Monograph Annalu 1994-2014”
venerdì 31 ottobre ore 18:00 Circolo dei Lettori, Via Bogino 9

Ufficio stampa: B52Communication, info@b52c.com; www.b52c.com

mercoledì 27 agosto 2014

Angeli - Igor Mitoraj a Pisa

C'è tempo fino a gennaio per ammirare il grande Mitoraj a Pisa...



Dal 17 maggio al 15 gennaio, in Piazza del Duomo a Pisa, si terrà la mostra Angeli, dell'artista polacco Igor Mitoraj.
La mostra inaugura un nuovo spazio dedicato ad esposizioni temporanee, arricchendo l’offerta culturale della Piazza.



L’evento si inserisce nelle iniziative pensate per il 950° anniversario della posa della prima pietra della Cattedrale di Pisa e, per la prima volta, porta un artista contemporaneo nella piazza della Torre Pendente.

La mostra, ideata e diretta dall’architetto Alberto Bartalini, si avvale di un comitato scientifico composto da Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, Francesco Buranelli, Segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e dal critico d’arte Luca Beatrice.

Mitoraj, nel suo lavoro, si ispira all’uomo contemporaneo, e rappresenta le sue fratture e sofferenze. In questi tempi pieni di grandi conflitti politici, religiosi e culturali l'artista ha deciso di stare dalla parte degli "eroi perdenti", quelli che eternamente fuggono verso la libertà.

Lo scultore utilizza un linguaggio immediatamente riconoscibile senza riferimenti a modelli classici o mitologici. La scelta delle opere per questa mostra è molto personale e la presenza di "Angeli" ha un significato simbolico che sta nel trovare un po’ di serenità e di pace.

In mostra circa cento opere, tra cui sculture monumentali, bronzi, fusioni in ghisa e disegni. Saranno inoltre esposti 50 gessi, per la prima volta raccolti in un’unica esposizione, a formare l’ideale gipsoteca dell’artista.

La mostra pisana svela inoltre per la prima volta la produzione meno nota del maestro Mitoraj: la pittura. I dipinti, risultato del lavoro degli ultimi anni, ricordano le sculture per la loro monumentalità. I fondi oro rimandano ai fondi oro toscani e i lavori su carta dialogano con le Sinopie del Camposanto Monumentale di Pisa.









photo by Antonella Tabani


Orario:
• fino a ottobre tutti i giorni dalle 8 alle 20
• da novembre a gennaio tutti i giorni dalle 9 alle 17
Il 17 maggio la mostra resterà aperta dalle 19.30 alle 24.00.

Ingresso:
• intero € 3,00
• ridotto scuole e 2,00 (gratis accompagnatori)
• gratuito sotto i 10 anni e portatori di handicap con accompagnatore



Info:
tel. 050 835011/12
info@opapisa.itwww.opapisa.it



domenica 10 agosto 2014

“Angeli” di Igor Mitoraj a Pisa

Per chi fosse a Pisa in questi giorni ferragostiani...




GLI “ANGELI” DI IGOR MITORAJ A PISA ,L’ARTE INVADE PIAZZA DEI MIRACOLI

Apre il 17 maggio la mostra dello scultore polacco che porterà il suo genio nella città toscana.  L’iniziativa rientra tra le celebrazioni per il 950esimo anniversario della Cattedrale di Pisa
Gli “Angeli” di Igor Mitoraj renderanno ancora più bella Piazza Duomo a Pisa dal prossimo 17 maggio, data in cui si inaugurerà la mostra dello scultore polacco. Un’esposizione – visibile fino al 15 gennaio 2015 –  voluta dall‘Opera della Primaziale Pisana nel nuovo spazio dedicato ad esposizioni temporanee, creato per arricchire l’offerta culturale del complesso monumentale di Piazza dei Miracoli. Una mostra fortemente attuale e radicata nell’oggi che vedrà il genio di Mitoraj confrontarsi, in tempi pieni di grandi conflitti politici, religiosi e culturali, con le figure degli “eroi perdenti”, quelli che eternamente fuggono verso la libertà. In mostra circa cento opere, tra cui sculture monumentali, bronzi, fusioni in ghisa e disegni.
L’evento si inserisce nelle iniziative pensate per il 950° anniversario della posa della prima pietra della Cattedrale di Pisa e, per la prima volta, porta un artista contemporaneo nella piazza della Torre Pendente. Con i nuovi spazi della Piazza del Duomo di Pisa, si intende infatti creare un luogo deputato ad un rinnovato dialogo tra passato e presente intorno ai grandi temi dell’arte sacra. La mostra, ideata e diretta dall’architetto Alberto Bartalini, si avvale di un comitato scientifico composto da Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, Francesco Buranelli, Segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e dal critico d’arte Luca Beatrice.
La mostra pisana ospiterà anche 50 gessi raccolti in un’unica esposizione, a formare l’ideale gipsoteca dell’artista polacco. Sarà svelata inoltre per la prima volta, la produzione meno nota del maestro Mitoraj: la pittura.

lunedì 24 febbraio 2014

“Forward” Ali Hassoun a Firenze




Palazzo Panciatichi, sede del Consiglio regionale della Toscana a Firenze ospita dal 6 marzo al 21 marzo 2014 la mostra personale dell'artista libanese Ali Hassoun.

La mostra dal titolo “Forward”, promossa dalla Regione Toscana e dal Comune di Pontedera, da seguito alla Mostra Antologica dell'artista “Al Shaab Yurid... ” (Il popolo vuole...) tenutasi lo scorso anno al Museo Piaggio di Pontedera.

A Firenze l'artista espone 16 opere selezionate di grandi dimensioni della Mostra al Museo Piaggio, a cura del critico d’arte Riccardo Ferrucci,  – i testi in  catalogo sono di Luca Beatrice -. Nell’occasione vengono inoltre esposte due delle opere che gli studenti del liceo scientifico e classico di Pontedera hanno realizzato sotto la supervisione di Ali Hassoun,  nel work shop che l’artista, con il supporto della Prof.sse Ferretti, Giglioli e il fotografo Marco Bruni, ha tenuto lo scorso anno e che vuole essere un contributo alla integrazione culturale ed artistica dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo ed una esaltazione dei valori di una fratellanza che prescinde da divisioni religiose e politiche.

Ali Hassoun, italiano d’adozione, nasce in Libano a Sidone nel 1964, nel 1982 si stabilisce a Siena, studia all’Accademia di Belle Arti di Firenze e nel 1992, sempre a Firenze, si laurea in architettura. Dal 1996 vive e opera nel suo studio di Milano.

Il tema pittorico delle persone comuni, sempre presente nelle opere di Ali Hassoun, ritorna in una sintesi delle molteplici culture che hanno accompagnato il suo percorso artistico dalla sua terra natia, il Libano, fino alla formazione artistica in Italia.

Il tema più evidente fra quelli che emergono nella sua ricerca pittorica è un’idea di “umanità” come qualità universale e comune fra tutti i popoli, fondata su una spiritualità originaria che precede le diversificazioni religiose e politiche. Così l’artista si fa interprete di culture diverse ma confrontabili, che convivono nello spazio perfettamente orchestrato delle sue tele coloratissime. I personaggi della recente “rivoluzione dei gelsomini” o di un’Africa tanto vissuta, quanto favolosa e immaginata, nelle sue composizioni sono tutti catturati in un gioco di citazioni colte e di rimandi indiretti  tra figura e sfondo.

Le persone comuni sono “Heros”, gli eroi della contemporaneità. Che portino la “keffia” della primavera araba o vestano “Made in Italy”, sono comunque i protagonisti della scena globale.

Come dice l’artista stesso: “Forward“  è un ulteriore passo avanti su un percorso fluido attualmente in corso sulla strada dell’affermazione di una volontà di libertà e nella speranza e fiducia negli esseri umani per l'autodeterminazione del proprio destino”.

In occasione del Vernissage ci sarà una performance del gruppo musicale “Martin Diaz Latin Quartet”.
Si chiuderà la mostra il 21 marzo con la presentazione del libro di Ilaria Guidantoni “ Chiacchiere, datteri e thè, viaggio in una società che cambia”.

Scheda Tecnica
Ali Hassoun: Forward…
Regione Toscana
Sede: Palazzo Panciatichi
Indirizzo: Via Cavour, 4 Firenze
Periodo espositivo: 6 – 21 marzo
Orario: lunedì – venerdì 14.00 – 18.00
Ingresso gratuito
Info: Segreteria organizzativa Consiglio regionale della Toscana
Settore Rappresentanza e relazioni istituzionali
+39 055.23.87.285
www.consiglio.regione.toscana.it


giovedì 6 febbraio 2014

DoppioSogno - da Warhol a Hirst da De Chirico a Boetti

DoppioSogno 
da Warhol a Hirst da De Chirico a Boetti
 a cura di Luca Beatrice e Arnaldo Colasanti
Nuovo Spazio Mostre Piazzetta Reale - Torino
31 gennaio - 30 aprile 2014


Questa mostra, che inaugura un nuovo spazio espositivo nel cuore barocco di Torino all’interno del Polo Reale, nasce dal tentativo di mettere in dialogo una serie di concetti opposti, solo apparentemente inconciliabili.
Il primo, forse il più ovvio, è il rapporto tra esterno e interno. Dalla metà di novembre cittadini piemontesi e turisti in visita nel capoluogo sabaudo si saranno accorti della presenza di una serie di opere installate tra la Piazzetta Reale, il cortile di Palazzo Reale e quello di Palazzo Chiablese, dove un tempo si affacciavano i locali del vecchio Museo del Cinema e della sua biblioteca, la zona archeologica antistante l’ingresso la Galleria Sabauda. Si tratta di sculture di conclamati maestri che occupano una posizione di rilevo nella storia dell’arte recente: da Antonietta Raphael Mafai, esponente di spicco della Scuola Romana, a Marino Marini, che ha attraversato con la sua personalità tutta la scultura italiana del ‘900 per mezzo di frequenti richiami alla tradizione del primitivismo e al panorama internazionale; da Arman, punta di diamante del Nouveau Réalisme, che all’inizio degli anni ’60 ha contribuito a dissacrare le certezze della società dei consumi, ai grandi interpreti della figurazione italiana, si vedano Francesco Messina con la teatrale Lady Macbeth, Giacomo Manzù nella rilettura di un Ulisse giovinetto, Augusto Perez con due presenze monumentali e Giuliano Vangi di cui il capolavoro Ragazza con le trecce è stato installato nella Sala degli Svizzeri, all’interno di Palazzo Reale. Avvicinandoci poi al presente, si passa dal grande intervento di Giuseppe Maraniello, artista emerso con la generazione degli anni ’80, alla gigantesca testa di Igor Mitoraj, specializzato nelle opere da esterno che abbelliscono diverse città italiane, ad esempio Milano e Roma. Insieme ai lavori di Patrizia Guerresi, una mano aperta che accoglie come in un grembo molle il visitatore e la sua macchina fotografica, del canadese William Hadd McElcheran e la sua ironica neo-figurazione, giungiamo infine alle opere di artisti che rinvigoriscono la tradizione della scultura d’immagine: il Branco di cani di Velasco (sufficiente identificarlo con il nome di battesimo, di cognome fa Vitali, il padre Giancarlo è uno dei pittori figurativi più sensibili fin dagli anni ’50), installato sulle Mura Romane della Sabauda, un intervento secco e aspro ma ricco di poesia; e la lastra di metallo sulla quale Giuseppe Bergomi inserisce preziose figurine di donna in bronzo, dal titolo Cronografia di un corpo, inserendo così nella dimensione statica l’elemento dinamico del tempo.
All’interno, invece, si apre un nuovo spazio che nei mesi prossimi sarà destinato ad accogliere i visitatori di Palazzo Reale con mostre temporanee. Si consegna così a Torino un altro luogo d’arte, con l’inaugurazione della parte “in” di Doppio sogno. Una passeggiata tra Novecento e contemporanea attraverso una cinquantina di opere, in una modalità dialogica e non cronologica, con accostamenti talora impliciti altrove azzardati, naturali eppure bizzarri, studiati dallo scrittore e critico letterario Arnaldo Colasanti. Da De Chirico a Andy Warhol, da Felice Casorati ad Alighiero Boetti, da Alberto Savinio a Damien Hirst, tanto per citare alcuni dei protagonisti in quella formula nota “da…a” non sempre esaustiva e rivelatrice della complessità progettuale che sta dietro a una mostra. Oppure, per meglio dire, dalla Metafisica alla Pop Art, ad esempio di Mario Schifano, Enrico Baj e Mimmo Rotella per rimanere in Italia ma anche Warhol e Claes Oldenburg con il bellissimo fiore appartenente alla collezione del Castello di Rivoli; dall’Arte Povera (Boetti, Giulio Paolini, in parte Claudio Parmiggiani) alla Transavanguardia (sia quella italiana di Enzo Cucchi e Sandro Chia sia la tedesca di Markus Lupertz, AR Penck e Rainer Fetting, fino all’americana di David Salle e James Brown); dalla nuova figurazione italiana (qui i casi interessanti sono molti, Daniele Galliano, Valerio Berruti, Andrea Martinelli, Luca Pignatelli, Velasco, Bernardo Siciliano, Alessandro Papetti, Giorgio Ortona ecc…) all’era globale (il giovane Carlos Donjuan, il maestro colombiano Fernando Botero).
Se nel caso della mostra “esterna” parlare di scultura vien quasi implicito, qui il termine pittura appare più complesso da sciogliere, anche se esperienze come quelle dei protagonisti dell’Arte Povera rivelano più di un legame, magari non immediato, con il linguaggio più antico e tradizionale del mondo. E che forse tra i Medicine Cabinet di Hirst e le figure surreal-circensi di Botero le differenze sono talmente evidenti da sembrare addirittura appartenere a mondi diversi. Nell’accezione contemporanea “pittura” non riguarda soltanto l’atto del dipingere a olio e acrilico su un supporto bidimensionale, tela o tavola, ma implica tutte quelle forme linguistiche, anche indirette, in cui all’opera viene attribuito un punto di vista unilaterale e unico, preferenziale anzi obbligatorio. Da che ne consegue che i materiali possono essere molti e non necessariamente quelli della tradizione classica. In tale accezione, insomma, sono pittori sia i fedelissimi dell’olio su tela e dell’immagine come Antonio Nunziante e Stefano Di Stasio, Salvo e il giovane Nicola Samorì, Tino Stefanoni e Andrea Chiesi, ma tracce di pittura, citazioni indirette simbolo della temperie postmoderna, si ritrova anche nella fotografia di Luigi Ontani e nel suo d’àpres David e in buona parte di quelle tendenze emerse negli anni ’80, tra Neo Manierismo (Omar Galliani) e ennesima riproposizione della scuola romana (Pietro Fortuna, Pino Salvatori, Felice Levini), fino alla rotta di collisione tra pittura e concettuale, ad esempio nel Narciso di Luigi Stoisa.
Il terzo concetto oppositivo nasce dal rapporto tra le opere e lo spazio. Abitualmente l’arte contemporanea vive nel dogma del cosiddetto white cube, zona neutra, completamente priva di elementi connotativi, sempre uguale a sé stessa in una sorta di meccanismo di ripetizione per certi versi rassicurante. In Inside the White Cube, una raccolta di saggi pubblicati per la prima volta nel 1976 sulla rivista Artforum, tradotti in italiano dalla casa editrice Johan and Levi, l’artista concettuale Brian O’Doherty afferma che gli artisti devono concepire il proprio lavoro in relazione allo spazio espositivo e, più in generale, al sistema dell’arte. Tale ideologia, alla lunga, ha mostrato i propri limiti, perché capita sempre più spesso che opere perdano completamente il loro senso se estrapolate dal contesto espositivo e dalla scatola che le contiene. Per ovviare a questo problema di “credibilità interna”, sono in diversi a tentare il confronto con spazi completamente diversi: musei d’arte antica, dimore storiche, musei tematici, interagendo con gli elementi decorativi presenti, senza la pretesa di azzerare la storia in una sorta di rivoluzione culturale cinese dell’arte. Le cronache recenti parlano di mostre memorabili d’arte contemporanea al Louvre o alla Reggia di Versailles, per un inesausto cortocircuito tra antico e moderno, classico e attuale, memoria e presente. Risulta dunque sempre più interessante capire come reagisce l’arte di oggi alle prese con un contenitore storico, se riescono a dialogare e interagire due pubblici sostanzialmente diversi e con differenti motivazioni. E se davvero l’arte contemporanea, privata del proprio ombrello protettivo in cui la fa da padrona la teoria del contesto, riesca a mantenere le sue motivazioni iniziali. Nel nuovo spazio espositivo del Polo Reale torinese, progettato con tutti i crismi e nel rispetto delle regole del gusto corrente, basta spostare lo sguardo di pochi metri per ritrovare i gioielli della decorazione, dell’architettura e della pittura barocca, a favorire così un diverso livello di lettura delle opere esposte e presentate al visitatore.
E infine: riesce la parola scritta a raccontare con altrettanta energia le stesse avventure delle immagini davanti ai nostri occhi? Dal punto di vista linguistico questa è la sfida più interessante: restituire con un altro mezzo le medesime sensazioni arricchendole anzi di ulteriori interpretazioni. Dove ogni tanto la critica specializzata si arena nel conformismo dialettico, viene in soccorso la categoria del letterario, che qualcuno vede come un difetto ma che invece rappresenta un’ottima ipotesi narrativa pur lasciando per strada la più rigida filologia. E Doppio sogno mira a essere una mostra letteraria, proprio perché si è creata un’ideale staffetta tra i due curatori. A chi scrive il compito di scegliere le opere, ad Arnaldo Colasanti quello di ordinarle in un racconto con l’intenzione di restituire al pubblico un’ipotesi comunque differente, onirica, sospesa nel tempo e nello spazio. Forse più somigliante a un romanzo, o una poesia, che non a un accrochage come si conviene.