Venerdì
6 giugno alle ore 18.30, nella Sala della Torretta dell’Exmà, sarà
inaugurata la mostra personale d’esordio di Manuela Toselli (Udine,
1971) DEEP WHITE, a cura di Roberta Vanali, costituita da una serie di
installazioni totalmente bianche che originano
dalla tessitura artigianale come medium per indagare il concetto di
sacrificio e il rapporto tra materia e superficie. L’esposizione,
realizzata in collaborazione con il Consorzio Camù, sarà visitabile fino
al 29 giugno.
Di
seguito il testo di presentazione della curatrice: “Il sacrificio di sé
è una passione così prepotente da fare impallidire, al confronto,
perfino la fame e la lussuria. Avvolge e conduce alla distruzione le sue
vittime nella più alta affermazione della loro personalità. Lo scopo
non conta: può essere degno o indegno”.[1] Dal concetto di sacrificio muove la ricerca di Manuela Toselli,
che utilizza fili di seta, cotone, carta e altri materiali di scarto
riciclati per stimolare la percezione empatica e sensoriale. Sacrificio
come rinuncia e privazione; come metafora del mondo ma anche memoria di
esperienza vissuta. Sacrificio che genera dalla pietosa condizione del
baco da seta, inconsapevole vittima, sfruttato e ucciso prima di
compiere la metamorfosi da crisalide a farfalla.
Per
l’artista la tessitura è congeniale a controllare il caos interiore
attraverso il rigore della linea e a riflettere sui precari equilibri
esistenziali analizzando la realtà laddove aberrazioni e incongruenze
dell’essere umano si palesano. L’ordito diventa, quindi, scrittura
astratta, spesso
geometrica, giustapposta e sovrapposta in un gioco di luci e ombre che
si alternano a definire il ritmo della composizione per indagare gli
aspetti percettivi di natura tattile e visiva, tra apparenza e realtà.
“E’ maya, il velo dell’illusione, che ottenebra le pupille dei mortali e
fa loro vedere un mondo di cui non si può dire né che esista né che non
esista; il mondo infatti è simile al sogno”[2]
Costituita
da una serie di installazioni bianche, tono su tono, che prendono avvio
dalla tessitura artigianale come medium per esplorare il concetto di
sacrificio e il rapporto tra materia e superficie, Deep White si
suddivide in cicli. Dall’intreccio
di scampoli di seta shantung, dissacrati attraverso il taglio e
assemblati per sovvertirne l’aspetto originale, nasce Tessuto Precario
con l’obiettivo di celebrare il sacrificio perché non sia avvenuto
invano. Ne scaturiscono motivi geometrici che sembrano attingere alla
tessitura sarda nella composizione di un preciso disegno la cui
percezione visiva muta a seconda del punto di vista e della rifrazione
luminosa.
Stesso
discorso per Two pages of my diary, dove l’artista indaga le variazioni
di luce giustapponendo in senso opposto la trama della seta che diventa
codice, scrittura, poesia: “scrivo quando sono giù di morale, quando
tutto mi sembra buio. In quei momenti, la pagina bianca, è l’unico
spazio capace di accogliere tutto il peso della mia sofferenza. Poi
tutto passa.” Non è da meno il ciclo Presenza Sottili dove i pensieri
sovrapponendosi s’insinuano, strato dopo strato, fino a fare parte
dell’esistenza per poi diventare memoria.
Dal
rigore geometrico si passa alle forme circolari di Specchio, speculari
l’una all’altra, ottenute con la tecnica a pibiones (acini d’uva) le cui
direzioni risultano opposte: una implode, l’altra esplode. Una
riflessione su come l’individuo viene percepito dagli altri e come
invece crede di apparire, dal momento che nulla è come sembra. La
realtà non è mai come la si vede: la verità è soprattutto
immaginazione, per dirla con Magritte. All’energia vitale si riferiscono
invece Prigionieri Velati – intangibili e dalle forme indefinite -,
nello specifico alla costrizione che questa subisce quando convoglia in
una situazione che viviamo con sacrificio.
La
commistione di organza e crespo di seta dà luogo ad una percezione
fortemente pittorica della rappresentazione dove il tono su tono
restituisce accordi monocromo che rendono vibranti le superfici. Così
come la tessitura circolare ottenuta dai diversi tipi di seta, Le
Origini simboleggiano i ricordi sospesi collegati all’infanzia e la
tradizione orale che da madre in figlia consente di vivere momenti non
vissuti. Vissuta è invece Pelle sottile, risultato di una ferita, una
cicatrice indelebile che cambia la nostra vita per sempre nonostante
appaia come un delicato ricamo, se è vero che – per citare Stanislaw J. Lec - “le ferite si cicatrizzano, ma le cicatrici crescono insieme a noi.”
[1] William Somerset Maugham, Il filo del rasoio, Adelphi, 2005, pag. 273
[2]Arthur Shopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Mursia, pag. 43
Nessun commento:
Posta un commento