XI Giornata del Contemporaneo
MUSEO MARCA di Catanzaro
Duplice-Mente ... De-Costruire
a cura di Simona Caramia
sabato 10 ottobre 2015, ore 19.30
Rassegna di Video Arte
opere di
Bianco-Valente
Coniglioviola
Con.Tatto
CORPICRUDI
Mocellin-Pellegrini
movimentomilc
Passi diventa così la sintesi di un gesto distruttivo ma allo stesso
tempo "ri-creativo", finalizzato a rompere per sempre l’immagine che
abbiamo di noi e degli altri, per riscoprirne o addirittura crearne una
differente che si annida e moltiplica in ogni frammento, anche in quello
che pensavamo perso per sempre e mai ricomposto.
Alfredo Pirri
Partendo dall'affermazione di Alfredo Pirri, che quest'anno ha firmato
l'immagine guida dell'Undicesima Giornata del Contemporaneo indetta da
AMACI, il Museo MARCA di Catanzaro promuove una serata-evento, a cura di
Simona Caramia in collaborazione con Denise Melfi, patrocinata
dall'Accademia di Belle Arti di Catanzaro, dalla Fondazione Rocco
Guglielmo e dalla Provincia di Catanzaro.
Start ore 19.30 del 10 ottobre 2015, con una rassegna video che vanta
nomi d'eccezione dello scenario artistico italiano: Bianco-Valente,
Coniglioviola, Con.Tatto, CORPICRUDI, Mocellin-Pellegrini,
movimentomilc.
Duplice-Mente ... De-Costruire riflette sulla possibilità di applicare
il concetto di decostruzione derridiana all'arte contemporanea, partendo
dalla selezione mirata di alcuni artisti che vivono lo stato di
decostruzione come scelta estetica radicata.
In primo luogo per l'uso del medium tecnologico, giacché l'arte
elettronica costutivamente, per le sue potenzialità espressive e
comunicative, opera quella decostruzione spazio-temporale nella
percezione dell'opera, che già le Avanguardie storiche avevano avviato.
Ma ancor di più, la rassegna video vede coinvolte coppie d'arte, il cui
lavoro scaturisce da un confronto dialettico, che si alimenta del
dialogo e dello scambio costante d'idee, che sfocia nell'univocità del
pensiero. Si supera così la scissione della "duplice-mente", in
direzione dell'omogeneità della ricerca. Dunque, una vera e propria
decostruzione derridiana, che sempre già iniziata, tende – e conduce –
all'implicita costruzione di altro.
L'esercizio della decostruzione, che non deve esser intesa solo come
metodo ermeneutico o approccio soggettivo al reale, appare così in tutta
la sua chiarezza come:
l'invenzione dell'altro [che] non si oppone a quella dello stesso. La
sua differenza fa segno verso un'altra venuta, verso quest'altra
invenzione che sognamo, quella del tutt'altro, quella che lascia venire
un'alterità ancora non anticipabile e per la quale nessun orizzonte
d'attesa sembra essere ancora pronto, disposto, dispoibile. È necessario
tuttavia prepararvisi, perché per lasciar venire il tutt'altro, la
passività, un certo tipo di passività rassegnata per la quale tutto
ricapitola nello stesso, non è adeguata. [...]
[l'altro] non è né soggetto, né oggetto, né un io, né una coscienza né
un inconscio. Prepararsi a questa venuta dell'altro è ciò che si può
chiamare decostruzione. Essa decostruisce precisamente questo doppio
genitivo. Inventare significherebbe allora «saper» dire «viene» e
rispondere al «vieni» dell'altro. (Jacques Derrida, Psyché)
La decostruzione è quindi il prepararsi all'evento: all'evento dell'altro e all'altro come evento.
La decostruzione o è inventiva o non è; essa non si accontenta di
procedure metodiche, ma apre un passaggio, si mette in marcia e marca
[...] Il suo passo (demarché) impegna un'affermazione. Quest'ultima si
lega al venire dell'avvenimento. Dell'avvento e dell'invenzione. Ma essa
può fare tutto questo solo decostruendo una struttura concettuale ed
istituzionale dell'invenzione che avrebbe bloccato qualcosa
dell'invenzione, della forza dell'invenzione: come se si dovesse, al di
là di un certo statuto tradizionale dell'invenzione, reinventare
l'avvenire. [...]
La decostruzione di cui parlo inventa e afferma, lascia venire l'altro
solo nella misura in cui, performativa, essa non lo è soltanto ma
continua a perturbare le condizioni del performativo e di ciò che lo
distingue tranquillamente dal constativo [...] poiché è questa la sola
preoccupazione di cui si fa carico: lasciare venire l'avventura o
l'avvenimento del tutt'altro. (Jacques Derrida, Psyché)
Ulteriore trade d'union della rassegna video è rompere per sempre
l’immagine che abbiamo di noi e degli altri, per riscoprirne o
addirittura crearne una differente che si annida e moltiplica in ogni
frammento, per dirla con Pirri; riflettere - duplicemente -
sull'immagine e sulla presenza dell'io e dell'altro, che si
decostruiscono quando ne si ridefinisce la portata. E tuttavia, in
questa ridefinizione, nè l'immagine (che è da intendersi all'opposto
della presenza, quale pre-giudizio mentale-ideale che l'uno ha
dell'altro) nè la presenza scompaiono, ma si riformulano sotto il vaglio
della praxis, che possa esser via via declinata in chiave relazionale,
empirica, prettamente artistica.
E giacché la decostruzione è anche una strategia d'ascolto, non guidata
primariamente dall'occhio, ma da un orecchio scaltrito, la rassegna si
caratterizza ulteriormente per un climax acustico: dal silenzio a suoni
soavi, appena percettibili, sino alla musica rock ed elettronica,
preludio – quest'ultima – della seconda parte della serata.
Alla fine della rassegna l'arte visiva lascia posto alla sola musica
elettronica, con una music live performance di SKG (ore 21.00), che
permette di dare nuova enfasi agli spazi - e alla vita - del Museo.
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