Matisse. Arabesque
4 marzo - 21 giugno 2015
a cura di Ester Coen
“La preziosità o gli arabeschi non sovraccaricano mai i miei disegni,
perché quei preziosismi e quegli arabeschi fanno parte della mia
orchestrazione del quadro.”
La révélation m'est venue d'Orient scriveva Henri Matisse nel 1947 al
critico Gaston Diehl: una rivelazione che non fu uno shock improvviso ma
- come testimoniano i suoi quadri e disegni -viene piuttosto da una
crescente frequentazione dell'Oriente e si sviluppa nell'arco di viaggi,
incontri e visite a mostre ed esposizioni.
Proposta dalle Scuderie del Quirinale, promossa dal Ministero dei Beni e
delle Attività Culturali e del Turismo, da Roma Capitale - Assessorato
alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica, la mostra è organizzata
dall’Azienda Speciale Palaexpo in coproduzione con MondoMostre e
catalogo a cura di Skira editore. In esposizione oltre cento opere di
Matisse con alcuni capolavori assoluti - per la prima volta in Italia -
dai maggiori musei del mondo: Tate, MET, MoMa, Puškin, Ermitage,
Pompidou, Orangerie, Philadelphia, Washington solo per citarne alcuni.
Curata da Ester Coen, con un comitato scientifico composto da John
Elderfield, Remi Labrusse e Olivier Berggruen,Matisse. Arabesque, vuole
restituire un'idea delle suggestioni che l'Oriente ebbe nella pittura di
Matisse: un Oriente che, con i suoi artifici, i suoi arabeschi, i suoi
colori, suggerisce uno spazio più vasto, un vero spazio plastico e offre
un nuovo respiro alle sue composizioni, liberandolo dalle costrizioni
formali, dalla necessità della prospettiva e della "somiglianza" per
aprire a uno spazio fatto di colori vibranti, a una nuova idea di arte
decorativa fondata sull’idea di superficie pura.
Henri Matisse non era destinato alla pittura, “Sono figlio di un
commerciante di sementi, al quale avrei dovuto succedere nella gestione
del negozio”, cerca di intraprendere la carriera di avvocato prima di
diventare un artista. Sarà la sua salute a cambiare il corso della
storia. Lavorava come assistente in uno studio legale di Saint-Quentin,
quando nel 1890 una grave appendicite lo costringe a letto per quasi un
anno. Comincia a dedicarsi alla pittura e dal 1893 frequenta l’atelier
del pittore simbolista Gustave Moreau insieme con l’amico Albert
Marquet. Si iscrive ufficialmente all'École des Beaux Arts nel 1895,
dove insegnano molti Orientalisti.
In quegli anni vedrà molto Oriente: visita la vasta collezione islamica
del Louvre in esposizione permanente e le diverse mostre che, nel
1893-1894 e soprattutto nel 1903, vennero dedicate all’arte islamica al
Musée des Arts Decoratifs di Parigi. E poi, all’Esposizione mondiale del
1900, scopre i paesi musulmani nei padiglioni dedicati a Turchia,
Persia, Marocco, Tunisia, Algeria ed Egitto. Matisse frequenta anche le
gallerie dell’avanguardia, come quella di Ambroise Vollard, dal quale
acquista nel 1899 un disegno di Van Gogh, un busto in gesso di Rodin, un
quadro di Gauguin e uno di Cézanne, che influenzerà moltissimo l’opera
di Matisse.
Viaggia in Algeria (1906), ne riporta ceramiche e tappeti da preghiera
che nel disegno e nei colori riempiranno le sue tele da li in poi, in
Italia (1907) visita Firenze, Arezzo, Siena e Padova “quando vedo gli
affreschi di Giotto non mi preoccupo di sapere quale scena di Cristo ho
sotto gli occhi ma percepisco il sentimento contenuto nelle linee, nella
composizione, nei colori”. La visita alla grande “Esposizione di arte
maomettana” a Monaco di Baviera nel 1910 – la prima mostra di arte
mussulmana che influenzerà una generazione di artisti, da Kandinsky a Le
Corbusier – sarà il vero spunto per un tipo di decorazione di impianto
compositivo assai lontano dalle sue tradizioni occidentali. E' a Mosca
nell'autunno 1911 per curare l’installazione in casa Schukin di La danza
e La musica. Nel 1912 torna in Africa, stavolta la meta è il Marocco,
Tangeri la bianca. Ecco che il tailleur de lumiere, come lo battezza non
a caso il genero Georges Duthuit, è sorpreso da una luce dolce e da una
natura lussureggiante che andranno ad accentuare la sua cadenza
armonica, musicale: “un tono non è che un colore, due toni sono un
accordo”.
Matisse si lascia alle spalle le destrutturazioni e le deformazioni
proprie dell’avanguardia, più interessato ad associazioni con modelli di
arte barbarica. Il motivo della decorazione diventa per l’artista la
ragione prima di una radicale indagine sulla pittura. E' dai motivi
intrecciati delle civiltà antiche che Matisse coglie i principi di
rappresentazione di uno spazio diverso che gli consente di “uscire dalla
pittura intimistica” di tradizione ottocentesca.
Il Marocco, l’Oriente, l’Africa e la Russia, nella loro essenza più
spirituale e più lontana dalla dimensione semplicemente decorativa,
indicheranno a Matisse nuovi schemi compositivi. Arabeschi, disegni
geometrici e orditi, presenti nel mondo Ottomano, nell’arte bizantina,
nel mondo ortodosso e nei Primitivi studiati al Louvre; tutti elementi
interpretati da Matisse con straordinaria modernità in un linguaggio
che, incurante dell’esattezza delle forme naturali, sfiora il sublime.
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