Da Giovanni Frangi a Mirko Baricchi, da Luca Coser ai giovani Annalisa Fulvi e Giulio Zanet (già finalisti anni fa del Premio Patrizia Barlettane - Next Generation) fino ad arrivare a Matteo Nuti...
Selvatico [DODICI]
FORESTA. Pittura Natura Animale
A cura di Massimiliano Fabbri
con Irene Biolchini, Lorenzo Di Lucido e Massimo Pulini
Sedi Varie
FORESTA. Pittura Natura Animale
Selvatico è una geografia fatta di luoghi, persone e cose.
Una mappa che congiunge una pluralità di spazi e artisti all’interno di
un percorso che si disegna e ramifica attraverso una costellazione di
mostre diffuse in alcuni dei luoghi del contemporaneo in Romagna.
Selvatico è un arcipelago e le sue mostre isole interconnesse.
Paesi e musei, spazi espositivi e gallerie, edifici recuperati per
l’occasione, contenitori e contenuti collegati da un progetto che tiene
insieme e intreccia, un po’ ossimoricamente, arti visive e provincia
intorno a un quasi tema, o suggestione.
A governare la mostra e le sue sezioni articolate nel territorio, così
come a orientare la chiamata agli artisti, è un’immagine, aperta e
interrogante; un umore.
L’immagine di questa edizione è quella della Foresta, intesa non solo
come sguardo rivolto a quell’attenzione che da parte di molti artisti si
volge ancora e nuovamente alla natura, e sua rappresentazione, e alla
re-invenzione del paesaggio tutto per certi versi, ma anche come
condizione della pittura stessa, linguaggio che guida la scelta e
presenza dei quaranta autori in mostra.
Una solitudine di foresta, rumorosa e molteplice, che si declina e
infittisce addentrandosi e sperdendosi in una moltitudine di sguardi e
modi di vedere, e che è anche metafora dello stratificarsi in pelli,
velature, notti interne, profondità radiografiche e quasi geologiche
della pittura e del dipingere stesso. Pittura come foresta quindi.
Pittura vs natura, a dire di un conflitto o impossibilità forse:
fratture e ferite che la pratica e disciplina del dipingere cercano di
risanare e cucire, o amplificare anche; preghiere, mancanze sparse,
esplorazioni, distanze, abbandoni, assedi e assalti. La pittura come
belva.
E l’idea di foresta che ci riporta infine alla condizione periferica e
laterale, di selva appunto, che ha sempre caratterizzato Selvatico a
partire dal suo titolo e dalla sua ostinata presenza e posizione ai
margini. Qualcosa che ha a che fare con una certa idea di confine e sua
mobilità e ambiguità. Geografia ripensata attraverso il movimento. Risposta a un vuoto; reazione. Una rete, per quanto abusata sia questa parola.
Una rassegna di campagna alle sue origini, dodici anni e dodici mostre
fa, e che ora chiude un cerchio, a partire dal suo stesso titolo e
sguardo non addomesticato.
La parola foresta con il suo carico di immagini e narrazioni innesca
così, incontrandosi e sovrapponendosi con pittura e disegno, un
cortocircuito, un labirinto di senso e sensi capace di perdersi e
definirsi nel dettaglio, nel frammento di natura, nel vortice e mantra
della decorazione talvolta e, al tempo stesso, capace di interrogarsi
sulla pittura stessa, sulle sue infinite modalità e significati e
alfabeti, e potenti ritorni. Pittura fiume.
Da una parte la presenza ripetuta di scorci di vegetazione e verdi molti
nelle opere presenti, panorami e paesaggi, foglie, trame arboree,
radici, nuvole, pezzi di cielo, orizzonti intravisti infiniti, onde;
dall’altra una foresta di segni e immagini che l’artista deve far
crescere e coltivare, e mettere in ordine, e poi abbandonare per strada
anche, districandosi per trovare il sentiero che conduce fuori dal
bosco; alla visione infine, o a quel che ne resta. Sperdendosi nel fitto
groviglio di proiezioni, echi e fantasmi che la popolano.
Pittura come tentativo di orientamento. E ascolto. Interno, e del mondo.
Pittura come mediazione, sforzo di equilibrio. Pittura come foresta.
Una foresta di immagini e segni senza fine: visioni che ci investono,
travolgono e sedimentano sommerse nella memoria e nel tempo, come
sepolte e perdute, e una foresta più concreta che parallelamente volge
lo sguardo alla problematica rappresentazione della natura.
Foresta che non può che essere così paesaggio mentale, luogo magico,
misterioso, ancestrale e immaginario; primitivo. Memoria della caduta.
Oscurità fertile.
Spazio domestico e selvatico al tempo stesso, abitato e attraversato da
ombre, fiere che sbarrano il cammino; scenario degli incontri e
accadimenti in cui si muove l’artista cercando nuove piste e incontri.
Apparizioni. E storie forse.
Che la nostra esperienza del bosco non è così centrale nelle nostre vite
eppure, nella fiaba, questo è il luogo drammatico e vitale per
eccellenza, dove i fatti e il racconto accelerano. La fiaba è lo
scenario, l’innesco. La prima e paurosa e indimenticabile avventura.
Luogo del ritorno. Incontro formante.
Plurale infine lo sguardo che innerva Selvatico, che costruisce mostre
numerose che hanno al tempo stesso la presunzione di disegnare un
andamento differente da quello di una semplice mostra collettiva:
piuttosto una mappa, un arcipelago o costellazione di personali
collegate e connesse tra loro e, al contempo, ai luoghi che le ospitano e
accolgono.
Mostre che coinvolgono un nutrito numero di artisti di varia provenienza
geografica e anagrafica, in un confronto e dialogo fertile con una
serie di spazi espositivi e luoghi della bassa Romagna da cui Selvatico
nasce e si allarga.
Una mostra diffusa in più sedi che guarda principalmente, se non esclusivamente, alla pittura, con preziose
ramificazioni nel disegno e collage. Una pittura che prova ancora a
misurarsi con la reinvenzione del paesaggio e, parallelamente, con la
presenza centrale del segno, a creare un quasi ossimoro di una pittura
disegnata.
La foresta-radice-labirinto, il mondo che si capovolge, il sottosopra e
il doppio, l’ombra di un’ombra, il labirinto delle idee e pensieri e
immagini e pennellate e gesti attraverso cui deve districarsi e muoversi
l’artista, e in cui lo spettatore sarà chiamato a sua volta a entrare
tracciando altre geografie e traiettorie e narrazioni e mappe.
Orientandosi nel bosco di segni e visioni. Congiungendo e collegando
punti, cose viste e memorie.
Affacciandosi su finestre e aperture rappresentate sia dai dipinti
inseriti nel percorso espositivo, sia dai luoghi recuperati per
l’occasione che, insieme ai musei coinvolti, creano una rete che
permette anche di scoprire, non solo gli autori e l’andamento vegetale,
crescita e sviluppo della mostra, ma anche il territorio, le sue
caratteristiche, vocazioni e connessioni.
Un invito al viaggio. Piccolo. Tremante. Una giungla da bambini; dipinta. Minuta e gigante.
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