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giovedì 22 aprile 2010

"URBAN-CODE" personale di Carlo Cane il testo...

URBAN-CODE

L'intera storia dell'umanità urbanizzata, fin dall'antichità, ha cercato di sviluppare il concetto di “città Ideale”.

In epoca rinascimentale, superati gli anni bui dell’epoca feudale e medioevale, la città torna ad essere il luogo ideale dell’umanità.
Posto privilegiato e fucina di arti, cultura e sviluppo.


La Città ideale dell'Anonimo Fiorentino, conservata alla Walters Art Museum di Baltimora

Il quattrocento ne è l’esempio, anche se poi in reatà l’idea di “città ideale” rimane per lo più, allora come ora, un concetto astratto, oserei dire utopico.
Di base però, troviamo ancora attuali, alcuni codici espressi in quei concetti. La città doveva essere luogo funzionale, protetto ed esteticamente sostenuto.

Ovviamente la società attuale ha esigenze differenti dall’epoca rinascimentale e l’opera di Carlo Cane, in questa sua ennesima evoluzione, la rappresenta in maniera quasi didascalica, sottolineando e mettendo in risalto dei veri e propri “Codici”.

URBAN-CODE (codici urbani, mai titolo è stato più appropriato…), è il titolo di questa personale, dove l’artista ha realizzato, mantenendo inalterata la propria personalità pittorica, circa 15 nuovi lavori di livello assoluto, indagando e forse anche risolvendo alcuni aspetti dell’architettura contemporanea.
“Entrando” in una qualsiasi delle tele esposte, risalta nell’immediato il “codice” di sviluppo metropolitano.
Spiegandomi meglio: in passato lo sviluppo urbanistico, era essenzialmente orizzontale mentre da diversi decenni, ormai quasi un secolo, è obbligatoriamente e solamente verticale.
Le nostre città sono sempre più “alte”.
Questo aspetto per Carlo Cane è da sempre motivo di ricerca, anche se in passato valutava ed indagava nel grattacielo, la soluzione all’atavica necessità dell’uomo di innalzarsi, con le proprie costruzioni, verso l’alto per manifestare la propria potenza, dimostrare la grandezza e perché no, in alcuni esempi dell’antichità (vedi le piramidi, le cupole di alcune nostre cattedrali o i minareti di alcune moschee), avvicinarsi al divino. In questo caso l’esempio per eccellenza è e rimane la biblica Torre di Babele, mentre ora sono altri gli aspetti che lo coinvolgono.

In questa nuova epoca urbanistico/creativa, come nell’opera dell’artista, cambia la prospettiva del pensiero. Non più, o forse è meglio dire, non solo, manifestazione di grandezza ma necessità sociale, economica e funzionale.

E così, Cane, interpreta la sua “città ideale”, attraverso l’utilizzo di quella raffinata tecnica che da sempre lo contraddistingue e quella “romantica” ricerca della perfezione stilistica senza mai cadere nello scontato iperrealismo, ponendo l’attenzione al pensiero e non solo all’estetica.

Rimanendo in termini di “codici” l’artista ci offre un altro motivo di riflessione: i materiali.
Infatti la scelta per la realizzazione di questi edifici è ormai omologata da tempo, e Carlo ha abilità e capacità di rappresentazione di questi stessi materiali come pochi altri.
Allora per codice si intende: cemento, acciaio, vetro.
Da Berlino a New York, da Pechino a Buenos Aires tutti gli edifici sono realizzati con i medesimi materiali. Questo ci porta a trarre la facile e scontata riflessione: siamo ormai davvero globalizzati!

Esistono altri codici da prendere in esame, in questo gioco di parallelismi che sto illustrando per introdurvi a questa mostra, ma quello che comunque mi preme di più sottolineare è: la fragilità.
Intesa proprio come debolezza dell’uomo e che ritroviamo, percepiamo e quasi tocchiamo, ancora una volta in questi lavori.
In queste città ideali, in questi luoghi rappresentati, illustrati e forse anche sognati da Cane, non appare mai l’uomo.
Le figure antropomorfe, non sono rappresentate nella loro fisicità; appaiono le creazioni, i loro edifici, le loro abitazioni, ma mai gli uomini!
Sono lavori permeati da un senso di sospensione, quasi di attesa.
Sembrano, anzi sono, dipinti metafisici. Il rumore delle città giunge a noi ovattato. Filtrato. Non c’è chiasso in queste tele, c’è silenzio.
Quel silenzio che forse manca proprio all’uomo contemporaneo.
È onirica l’apparizione dal nulla di queste metropoli. Appaiono dal niente, dal bianco, dal il “non rumore”. Ed è qui che nasce la percezione della fragilità. Siamo consapevoli che gli edifici rappresentati hanno fondamenta solide, che penetrano in profondità nella terra, ma qui sembrano “galleggiare”. Sono leggere, sono sospese. Un po’ come l’uomo di oggi, sospeso fra il fare tutto, rispettando i codici sociali o intento nell’attendere passivamente l’evolversi degli eventi.
Codici Urbani o, a sottolineare ancora una volta il concetto di globalizzazione, “Urban-Code”, ovvero binari da percorrere, rispettare ed assimilare.
Per fortuna c’è l’arte che ogni tanto ci permette di di uscire dagli schemi e riflettere. E sognare. E pensare.
Grazie Carlo.

In viaggio per l’Italia, Aprile 2010
Roberto Milani



vedi anche:
GIOVEDÌ 1 APRILE 2010
URBAN-CODE personale di Carlo Cane
http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.com/2010/04/urban-code-personale-di-carlo-cane.html

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