Oramai è ufficiale, ma ancora "ufficioso".
Ad ottobre, dal 19, Angiolo Volpe sarà presente al Museo Piaggio (http://www.museopiaggio.it/) con una mostra personale, curata da Riccardo Ferrucci dal titolo "Viaggio nel Tempo" con la collaborazione di Casa d'Arte San Lorenzo...
A breve l'ufficialità, nel frattempo in anteprima, il mio piccolo contributo scritto per l'occasione...
Conosco Angiolo Volpe da
anni.
Quando lo incontrai la prima
volta aveva da poco accantonato quel gesto pittorico tipicamente labronico,
legato essenzialmente alla tradizione post-macchiaiola.
Si stava cimentando allora, in
una pittura oserei dire di impronta impressionista. Paesaggi, atmosfere,
colori, luci, tutto era permeato da una sapiente maestria nella gestione della
materia, evoluta e sedimentata a colpi di pennello.
Ricordo di lui, le
interminabili ore passate in piedi a dipingere, in quell’enorme studio che è la
natura.
Poi, per colpa di inutili
persone, nacquero delle incomprensioni e le nostre strade presero percorsi
diversi. Ho continuato però a seguirlo. Mi interessava comunque, vedere
l’evoluzione di artista così dotato, così capace.
L’ho visto abbandonare il
pennello e la pittura ad olio, per dedicarsi completamente al pastello dove le
setole venivano sostituite dai polpastrelli delle dita e la luce, la sintesi e
la trasparenza, diventano protagonisti del tutto.
Poi di nuovo una pittura dal
profumo di trementina ed olio di lino, ma il tema oramai si era evoluto:
Angiolo Volpe stava camminando in ambiente surrealista.
Qualche tempo fa ci siamo
ritrovati.
Tutto torna come prima e la
stima professionale, l’ammirazione del genio artistico e l’amicizia ne escono
vincenti. Contro tutto e contro tutti.
Ora mi ritrovo a scrivere,
sotto suo invito, questo breve testo, in occasione di una sua mostra. La mostra
al Museo Piaggio, luogo a me tanto caro.
Come è spesso avvenuto,
nella storia dei grandi maestri del passato, assistiamo all’ennesima “rivoluzione”
stilistica anche nell’opera di Volpe.
Di nuovo via i colori, i
tubetti, i diluenti per dare spazio alla grafite, al carboncino, al gesto.
E’ doveroso ora, da parte
mia, fare una riflessione.
In tempi moderni il disegno
è stato nobilitato a forma primaria di espressione artistica. In passato era
solo strumento. Era l’idea, la bozza, lo studio. Solo il dipinto o l’affresco erano
il traguardo. Era nobilitato solo dagli addetti. A volte serviva per realizzare
le matrici di stampa ma era relegato a quella serie di oggetti d’arte
considerati “figli di un Dio minore”. Eppure tutti lo sanno il disegno o meglio
ancora, il segno è l’anima dell’arte!
Anche in quelle forme
espressive considerate “contemporanee”.
Pensate al cinema, alla
video-art, all’arte performativa, alla pubblicità…
Tutto nasce da un’idea che
si trasferisce su carta attraverso il segno!
Oggi finalmente il disegno è
a tutti gli effetti Arte! e che Arte!
E Angiolo? Puntuale come
sempre ci guida attraverso il disegno in questo suo universo creativo.
Questa mostra si risolve
tutta attraverso questo gesto. Tavole di pioppo, graffiate, violentate,
segnate, sulle quali vibra il grande gioco della vita. Sì perché giunto a
celebrare i cinquanta anni di carriera, Volpe, segna il passo con una mostra
del tutto autobiografica, di soli disegni.
Potrebbe sembrare una mostra
interamente dedicata al cinema e alla Vespa.
Insomma al mito. Ma non è
così.
Il cinema e la Vespa sono
solo dei pretesti.
Così come lo sono i suoi
“cavalli di ferro”. Locomotive e treni di altri tempi che prima sfrecciano nel
paesaggio, il suo paesaggio, e come sempre avviene, arrivano in un luogo
chiamato stazione. Quella stazione che livella tutti. Quel luogo dove le
persone hanno quasi timore ad incrociare gli sguardi di coloro che sono di
fronte e attendono di proseguire il loro viaggio. Dove la gente si ritrova o si
separa, dove va incontro al proprio futuro o scappa dall’odiato passato. Dove
inizia una nuova avventura o cavalca la propria quotidianità. Comunque viaggio.
Sì, se vi soffermerete a
guardare attentamente le opere presenti in questa esposizione troverete il
“viaggio”.
Quello compiuto da questo
uomo.
Dalla fabbrica al dubbio,
dalla capacità di fermarsi a guardare, al vivere lo scorrere del tempo. Dalla
luce che ha caratterizzato tanto lavoro, alle attese di rinnovare un successo
sperato, voluto, cercato.
Ecco, forse il protagonista
assoluto di questo evento è proprio il tempo. Lo troviamo in molte opere qui
esposte. Lancette, quadranti, numeri che seguano l’inarrestabile corso della
vita.
L’uomo nella sua magnifica
lucida follia, ha inventato “un tempo”, in contrapposizione a quello
dell’universo che scandisce le ere, le stagioni, il giorno, la notte. Ha
inventato i secondi, i minuti, le ore. Il ticchettio dell’ingranaggio che
ammonisce e rimprovera se qualcuno ha il coraggio di non ascoltarlo. Il tempo
passa, il viaggio continua. Questi “cavalli di ferro nelle scuderie del tempo”
non si fermano. Come il viaggio, come l’arte, come la vita.
Agosto 2013
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