Anche Thomas Berra in questa collettiva curata da Alberto Mattia Martini a Bologna...
Viaggio al termine della notte
a cura di Alberto Mattia Martini
a cura di Alberto Mattia Martini
Dragan Milos, Giulia Bersani, Kamilia Kard, Marco Schifano, Thomas Berra
La galleria SPAZIO TESTONI in Via D’Azeglio 50 a
Bologna, da venerdì 22 Maggio a sabato 04 Luglio 2015 presenta
l’esposizione delle opere di cinque giovani artisti italiani e stranieri
selezionati dal critico d’arte e curatore Alberto Mattia Martini: Dragan Milos, Giulia Bersani, Kamilia Kard, Marco Schifano e Thomas Berra.
Viaggio al termine della notte è il titolo che il curatore ha dato a questa esposizione, ispirandosi all’omonimo libro di Louis-Ferdinand
Céline, per offrirci spunti di riflessione sulle attuali forme
espressive partendo dai percorsi creativi che questi cinque giovani
artisti hanno intrapreso in questi anni di difficili mutamenti sociali,
culturali ed esistenziali per l’intera umanità.
Come scrive per questa mostra Alberto Mattia Martini:
Il titolo della mostra Viaggio al termine della notte trae ispirazione dall’omonimo libro di Louis-Ferdinand
Céline. Un riferimento volutamente manifesto e preciso, che tuttavia
non vuole essere un semplice omaggio alla rilevante opera dello
scrittore francese, bensì una mostra che desidera concepire un viaggio
nella “notte dell’uomo”.
Notte intesa come luogo dove tutto può
accadere, viaggio non solo tangibile ma immaginario nel razionale e
nell’inconscio, passando dalla forza della naturalità a quella utopica
del sogno e del timore della solitudine, attraverso la storia dell’arte e
del mito, terminando l’itinerario nel mondo virtuale.
“Viaggiare è proprio utile, fa lavorare
l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è
dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza. Va dalla vita alla
morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato. È un romanzo,
nient’altro che una storia fittizia. Lo dice Littré, lui non sbaglia
mai. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere
gli occhi. È dall’altra parte della vita.”
Queste parole di Céline esplicano la percezione
del nostro viaggio, introducendoci ed accompagnandoci nel percorso
espositivo, dove attraverso gli occhi di cinque giovani
artisti possiamo addentrarci sia nel mondo reale che in quello
immaginario, fissare il nostro sguardo dentro un affresco dell’umanità,
esplorare la realtà senza l’eccesso dei filtri imposti, abbandonarsi ad
ascoltare i sentimenti, tentare di riappropriarsi di se stessi
ricongiungendosi con la primordialità e con la natura ed infine
instaurare un ponte che unisca vita e tecnologia.
La mostra prende forma con la natura in dialogo
con l’umano e il mondo animale, una nascita ineluttabile e congenita,
confermata anche dall’origine della parola natura, che deriva dal verbo
latino nasci e quindi legata al concetto di venuta al mondo. La genesi
del corpo, una volta manifestatosi, si evolve in un’identità permanente,
che cerca di interagire e relazionarsi, prova emozioni, istaurando un
dialogo con l’altro, fatto di amore e inevitabilmente di disagio per un
tempo che inesorabile trascorre, logora producendo assenza.
A questo punto esiste una via di scampo? Forse
dobbiamo aggrapparci alla religione, o alla storia del mito, che da
sempre ha in sé la prorompente forza narrativa e seducente di
interpretare sia i fenomeni naturali, che dell’esperienza
trascendentale.
Un’altra soluzione immaginabile potrebbe essere
quella di recuperare la nostra originaria natura umana prendendo le
distanze dal progresso che, nonostante gli evidenti vantaggi apportati,
ci sta nondimeno privando della reminescenza; non sembra più così
fondamentale ricordare, tanto esiste la memoria del cellulare o del
computer!
Siamo sospesi in un limbo, una sorta di Giardino
delle delizie che sta mutando in un luogo della follia umana, dove
dominano violenze, astuzie senza scrupoli e dove prendono il
soppravvento sempre più ferocemente e morbosamente “i piaceri transitori
e fugaci”.
Il viaggio al termine della notte è ancora lungo
ed impervio, la soluzione è impressa, scritta dentro l’intimo della
persona; tutto fuori si squaglia, si sta decomponendo, l’oggettività non
regge più i nostri pensieri, l’incanto, perdendo il pensiero sul
domani, si è trasformato in disincanto, il proficuo e le opportunità
regrediscono allettando il “palato” di pochi o addirittura solo del sé.
Allora cosa fare? Ripensare alla società come luogo di incontro con
l’altro e la natura, ricomporre la relazione, l’amore, l’abbraccio,
congiungendo ed armonizzando l’Io con l’Altro. Dobbiamo ripristinare un
vero senso di giustizia e di dignità per ogni singolo individuo,
l’utilizzo del mezzo tecnico come opportunità e come elemento non
sostitutivo, ma di cooperazione con l’uomo; la tecnologia quindi anche
come dialogo con la storia, il passato e non solo come visione senza
ricordi o esperienza. Tutto questo non deve servire solo come elenco dei
buoni propositi, ma come ha voluto comunicare Céline con la sua opera,
deve essere la rivincita dell’individuo su se stesso.
Alberto Mattia Martini
Milano, 30 Aprile 2015
Milano, 30 Aprile 2015
PERCORSO ESPOSITIVO
MARCO SCHIFANO
Le immagini fotografiche in grande formato di Marco Schifano, da Roma, mettono in dialogo la natura con l’essere umano e con il mondo animale.
(1985) vive e lavora a Roma.
Sin dall’infanzia i suoi “giocattoli”
sono cineprese e macchine fotografiche, con le quali cresce
sperimentando la propria capacità comunicativa. Si esercita nel
“montaggio in macchina” per ottenere filmati dove fonde le sue ricerche
sul senso e sul ritmo:tante ore di girato e un gran numero di scatti per
arrivare a una propria rappresentazione estetica del mondo.
La sua opera fotografica più recente si basa su una processualità complessa che prevede una lunga ricerca preliminare di elementi coordinati, assemblati e quindi ripresi per dare vita a iconografie altamente formalizzate. Lo still life è usato per rileggere la tradizione pittorica della natura morta, attraverso immagini che si collocano sulla soglia tra realtà e finzione.
La sua opera fotografica più recente si basa su una processualità complessa che prevede una lunga ricerca preliminare di elementi coordinati, assemblati e quindi ripresi per dare vita a iconografie altamente formalizzate. Lo still life è usato per rileggere la tradizione pittorica della natura morta, attraverso immagini che si collocano sulla soglia tra realtà e finzione.
THOMAS BERRA
Thomas Berra, di Milano,con le opere del suo Black Project propone squarci di grandi quadri degli Antichi Maestri, riappropriandosi dei miti e dei valori che li hanno resi immortali.
Nei lavori di Thomas Berra ( Milano 1986 ) è spesso evidente la
necessità di raccontare l’immaginario, il sognato, il reale e il vivo.
L’artista negli ultimi anni ha sviluppato varie tematiche sotto forme
finali diverse, con quel leitmotiv del suo timbro pittorico, veloce e
sintetico. Carte, cartoline, disegni, tele grandi, piccole e medie, a
delineare forme e temi che non lasciano dubbi: sono idee, sono visioni,
sono sogni, sono paure, sono segreti. Berra, nel suo vivido percorso
lavorativo, spesso si ferma, lasciando prevalere il lavorìo
dell’immaginazione.
KAMILIA KARD
L’opera di net-art dell’artista italo-ungherese Kamilia Kard che vive e lavora a Milano, ci
fa interagire con i personaggi dei quadri di Hieronymus Bosch
all’interno di un video dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso,
alla ricerca di un luogo “virtuale” in cui identificarci,
È un’artista italo-ungherese nata a Milano. Ha
conseguito una laurea quadriennale (vecchio ordinamento) in Economia
(CLEP) presso l’Università Bocconi, Milano, (2003), una laurea triennale
in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera (2012), e una
laurea specialistica in Net Art presso l’Accademia di Belle Arti di
Brera a Milano (2014). Il suo lavoro si concentra sulla costruzione
dell’identità nell’era di Internet, e si manifesta attraverso diversi
media, dalla pittura al video e gif animate, da stampe e installazione. I
suoi progetti online riflettono sulle modalità di costruzione di
un’immagine, una narrazione e un’identità che si interfacci e comunichi
in un contesto sia virtuale che reale. La semiotica e la fenomenologia
creata intorno a questi lavori identitari sono espressione di una
contemporaneità in cui la narrazione è mediata quotidianamente e
abitudinariamente da diverse interfacce. Un esempio è Best Wall Cover
(2012 – in corso), basato sul modo con cui le persone si ritraggono sui
social network, ha guadagnato una popolarità enorme. Dal 2006, ha
esposto in varie sedi in Italia e nel mondo. Citandone alcune importanti
più recenti: AIL – Una mano per il giusto mezzo, Fondazione Arnaldo
Pomodoro, 2011; Pictures at an Exhibition, Spazio espositivo arte
contemporanea il Broletto, Pavia 2012; Videoart Yearbook, Museo del
‘900, Milano, 2013; la biennale THE WRONG – NEW DIGITAL ART BIENNALE,
2013 – 2014; DASHBOARD – the wrong curators artshow, Kalpany artspace,
Milano (Italia) 2014; Pulvis ES, Palazzo Isimbardi, Milano (Italia)
2014; META, Quartel Galeria Municipal de Arte, Abrantes (Portogallo)
2014; SPAMM Webtics, Wendy Subway, Brooklin, NY, 2014, In Pulverem
Reverteris, Studio Museo Francesco Messina, Milano,2014; NADJA,
Hypersalon Miami Beach during Art basel Miami; Internet Drones, Spazio ULTRA, Udine, 2015; SPAMM of VIRTUALISM, New York-Moscow-Paris, 2015, Salon Primo, Università Bicocca, 2015 .
L’artista inoltre ha collaborato, insieme a Paolo Rosa, con qualità di direttrice artistica a progetti interattivi come l’installazione per il MUBA, Rotonda della Besana, Milano durante la mostra Equilibrio e l’installazione Energia Primaria presso la TRIENNALE di Milano.
Tra le sue attività curatoriali,: Interno/esterno – Atmosfere sensibili, Fuorisalone, Milano, 2012; Bestwallcover, online, 2012 ongoing; DASHBOARD – the wrong curators artshow, frigoriferi milanesi, Milano, 2014,; Internet Drones, Spazio ULTRA, Udine, 2015.
L’artista inoltre ha collaborato, insieme a Paolo Rosa, con qualità di direttrice artistica a progetti interattivi come l’installazione per il MUBA, Rotonda della Besana, Milano durante la mostra Equilibrio e l’installazione Energia Primaria presso la TRIENNALE di Milano.
Tra le sue attività curatoriali,: Interno/esterno – Atmosfere sensibili, Fuorisalone, Milano, 2012; Bestwallcover, online, 2012 ongoing; DASHBOARD – the wrong curators artshow, frigoriferi milanesi, Milano, 2014,; Internet Drones, Spazio ULTRA, Udine, 2015.
DRAGAN MILOS
Le potenti opere pittoriche di Dragan Milos, originario
di Sarajevo in Bosnia e che oggi vive tra l’Italia e l’Inghilterra, con
la forza del segno e del colore riesce a comunicarci storie mitologiche
e di vita reale.
Nasce a Sarajevo nel 1991, si trasferisce
successivamente in Italia dove si diploma all’Accademia di Belle Arti di
Firenze. In Italia si avvicina alla tradizione pittorica italiana, alla
storia dell’arte nelle sue più ampie espressioni, soffermandosi
sull’arte antica, in particolare indaga l’utilizzo della “maschera”
nella storia e nell’arte. In seguito scaturisce il desiderio di
approfondire l’arte medioevale, rinascimentale e lo studio dell’ arte
dell’arazzo e della tessitura, che lo porta a frequentare corsi di
tessitura in Sicilia e presso la Fondazione Aracne a Salonicco in
Grecia.
La ricerca artistica si amplia e verte inoltre sul concetto di Mito come indagine sociologica e psicologica delle nostre origini, e parafrasando Jung, del collegamento diretto tra mito e sogno, intuizione imprescindibile per comprendere la psiche dell’uomo, la storia arcaica e la società contemporanea.
Ha esposto in Bosnia-Erzegovina, Italia e Inghilterra. Attualmente studia Filosofia presso la University of Warwick e vive tra l’Italia e l’Inghilterra.
La ricerca artistica si amplia e verte inoltre sul concetto di Mito come indagine sociologica e psicologica delle nostre origini, e parafrasando Jung, del collegamento diretto tra mito e sogno, intuizione imprescindibile per comprendere la psiche dell’uomo, la storia arcaica e la società contemporanea.
Ha esposto in Bosnia-Erzegovina, Italia e Inghilterra. Attualmente studia Filosofia presso la University of Warwick e vive tra l’Italia e l’Inghilterra.
GIULIA BERSANI
Le fotografie in piccolo formato della giovane milanese Giulia Bersani mostrano attimi privati di intimità in cui rifugiarci per ritrovare noi stessi.
Nata a Milano nell’ ottobre 1992 ho iniziato ad interessarmi di
fotografia all’ età di diciott’anni attraverso un corso organizzato dal
liceo scientifico che frequentavo. Durante i primi anni di università ho
frequentato il corso serale di fotografia analogica e digitale presso
il CFP Bauer e ho iniziato, grazie alle mie fotografie, ad attirare
l’attenzione di alcuni blog e magazines tra cui tra gli altri l’Oeil de
la Photographie, Pizza magazine, Inside Art, IGNANT e GUP magazine. Sono
passata velocemente dalla facoltà di Design della Moda a quella di
Scienze dei Beni Culturali per poi prendere la decisione di interrompere
gli studi e dedicarmi completamente alla fotografia. Nei mesi
successivi ho preso parte ad alcune mostre collettive in Italia e nel
Regno Unito e nel febbraio 2014 ho auto-pubblicato in edizione limitata
il libro “Lovers”, raccolta di fotografie inedite in bianco e nero sul
tema dell’intimità e della dipendenza nella coppia, esaurito in breve
tempo. Nei mesi successivi ho continuato a portare avanti diversi
progetti tra cui “21”, progetto di autoscatti in cui racconto il mio
quotidiano in modo realistico (includendo i momenti di noia) e
“Stronger”, ritratto di una famiglia napoletana. Nel febbraio 2015 ho
auto-pubblicato “Lovers II”, questa volta contenente una serie di
fotografie a colori in cui si può notare l’evoluzione del mio punto di
vista (questa volta meno drammatico) rispetto alla prima parte del
progetto. Quest’ultimo è stato presentato durante la mia prima mostra
personale presso MyCamera, Ravenna.
Altre informazioni:
Di indole malinconica ed introversa, faccio fatica a sentirmi a mio agio in situazioni di socialità aperta; per questo per fotografare l’altro ho bisogno del mio tempo e spazio che mi permettano di creare un’atmosfera rilassata ed intima attraverso il dialogo. Il modo in cui fotografo non è aggressivo, piuttosto riflessivo; mi cerco e mi ritrovo nei miei soggetti.
Credo che uno dei motivi principali che mi spingono a scattare fotografie sia la paura della morte e della perdita e quindi il bisogno di trattenere tutto ciò a cui mi affeziono: le relazioni di coppia, i particolari ed i difetti umani, le caratteristiche del tempo in cui vivo, della mia età, del mio paese ecc.
Scelgo soggetti in cui mi rispecchio anche se spesso sconosciuti; in molti casi li trovo attraverso internet. Mi piace entrare per qualche ora nelle loro vite e portarmi via un ricordo, un’immagine che poi ogni osservatore farà propria collegandola alla propria esperienza personale.
Fotografo quasi unicamente a pellicola per il senso di materialità che riesce a darmi e che nel digitale non trovo.
Di indole malinconica ed introversa, faccio fatica a sentirmi a mio agio in situazioni di socialità aperta; per questo per fotografare l’altro ho bisogno del mio tempo e spazio che mi permettano di creare un’atmosfera rilassata ed intima attraverso il dialogo. Il modo in cui fotografo non è aggressivo, piuttosto riflessivo; mi cerco e mi ritrovo nei miei soggetti.
Credo che uno dei motivi principali che mi spingono a scattare fotografie sia la paura della morte e della perdita e quindi il bisogno di trattenere tutto ciò a cui mi affeziono: le relazioni di coppia, i particolari ed i difetti umani, le caratteristiche del tempo in cui vivo, della mia età, del mio paese ecc.
Scelgo soggetti in cui mi rispecchio anche se spesso sconosciuti; in molti casi li trovo attraverso internet. Mi piace entrare per qualche ora nelle loro vite e portarmi via un ricordo, un’immagine che poi ogni osservatore farà propria collegandola alla propria esperienza personale.
Fotografo quasi unicamente a pellicola per il senso di materialità che riesce a darmi e che nel digitale non trovo.
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