Nelle sottili dimensioni della realtà
di Alessandro Trabucco
"Agisci rettamente e non avere paura di nessuno all'infuori di te stesso". Marco Aurelio
La svolta più importante nella storia dell’Arte avvenne attraverso la lenta ed inesorabile conquista della realtà. Quando Giotto dipinse il Crocifisso (circa 1290), conservato ora nella Basilica di Santa Maria Novella a Firenze, si compì una vera e propria rivoluzione: il corpo del Cristo acquistò un peso e un volume nello spazio, da divino divenne più “umano”. Cambiò definitivamente la percezione di una realtà sinora vista non con l’oggettività degli occhi ma con l’astrazione della mente.
Fino a quel momento, infatti, il realismo era stato approfondito dall’arte classica e “pagana” della Grecia e Roma antiche, ma l’approccio era, per così dire, formale, alla ricerca di quella bellezza esteriore simbolica, manifestazione di una perfezione che rappresentasse soprattutto l’integrità morale e sociale del personaggio ritratto. L’attenzione era concentrata quasi esclusivamente sul corpo umano, e la natura, quando raffigurata, era solo un contorno, un decoro. Anche la posizione sociale dell’artista era molto differente da quella assunta nei secoli successivi, un semplice artigiano che eseguiva il proprio lavoro iniziandolo come apprendista nella bottega di famiglia.
L’Arte ricopriva soprattutto una funzione divulgativa ed educativa e l’intento era quello di istruire i sudditi o fedeli, ai miti, alle imprese belliche o alle sacre scritture.
Ma se nell’epoca classica era prevalente la ricerca di una perfezione formale sempre più raffinata e dinamica (nel passaggio dallo stile arcaico a quello classico sino all’ellenistico) nel periodo precedente alla rivoluzione “umanistica” apportata da S. Francesco (nella religione) e da Giotto (nell’arte visiva) la figura umana veniva idealizzata e stilizzata nella pura bidimensionalità delle figure e nell’astrazione dei fondi oro. La rappresentazione naturalistica era abolita a favore di una maggiore concentrazione sulla origine divina dei soggetti rappresentati.
La sofferenza non era espresso apertamente anzi, il Cristo in croce era vivo e trionfante sulla morte. Ci volle una lenta evoluzione ed una consapevolezza sempre maggiore della caducità dell’uomo per poterla raffigurare in tutto il suo crudo e commovente realismo.
La smorfia di dolore nel volto del Cristo dipinto da Giunta Pisano o da Cimabue, il peso del volumetrico corpo del Gesù dipinto da Giotto, sino ad arrivare alla disperazione (che segna i volti e i corpi) della cacciata dal Paradiso Terrestre dipinta dal Masaccio, da quel momento la realtà oggettiva ed emotiva del corpo umano e il contemporaneo studio delle leggi fisiche che governano lo spazio e la sua rappresentazione bi e tridimensionale, diviene il punto di nuova partenza per il futuro.
La Natura umana e quella vegetale diventano i protagonisti, ancora al servizio delle rappresentazioni sacre, ma con una consistenza icastica determinante tanto da prendere sempre più il sopravvento sino ad annullare ogni riferimento alla religione. La realtà è quindi riprodotta così come appare, senza più alcuna stilizzazione né delle forme né dei colori.
Per l’artista il confronto con la l’ambiente esterno rappresentato realisticamente o reinterpretato emotivamente, diventa quindi la principale preoccupazione, adottando una raffinata metodologia per affermare la propria autonomia creativa ed elevarsi al di sopra della mera esecuzione materiale dei soggetti richiesti dai committenti.
Questa è una semplificazione sommaria dell’evoluzione storica dell’arte, ma necessaria a portare il nostro discorso alla questione principale, quella del rapporto dell’uomo con la natura e soprattutto dell’artista contemporaneo con un ambiente sempre più snaturato ed artificiale, sia nella sua struttura sia più semplicemente nei rapporti interpersonali che vi instaura.
Le intuizioni dei maestri del medioevo e dell’umanesimo non sono altro, viste in prospettiva, che le stesse vissute dagli artisti del nostro tempo, quella volontà di ritrovare la vera dimensione umana, quella più intima e privata, in perfetta comunione con lo svolgimento del tempo naturale, con le sue dinamiche e le sue problematiche. Il vantaggio odierno è dato dalla totale libertà di espressione, svincolata finalmente da imposizioni dogmatiche e da censure.
L’idea di una visione introspettiva ed interiorizzata della realtà pone la nostra attenzione soprattutto sulle diverse tipologie di approccio a questa lettura interpretativa della natura, che sia simbolica, o psicologica, oppure cosmica.
Tamara Ferioli, Daniele Giunta e i Koroo affrontano la questione da punti di vista molto diversi ma tutti riconducibili alla definizione che da il titolo a questa mostra, visioni che rifuggono dalla percezione superficiale che abbiamo quotidianamente dell’esistenza, vissuta ormai quasi meccanicamente, riportando la nostra attenzione a quelle sfumature che sembrano andare oltre le capacità ottiche dell’occhio, aldilà del fenomeno concreto, a beneficio di una più approfondita consapevolezza, quella che supera continuamente i limiti oggettivi. Sono “le dimensioni sottili della realtà”, quelle percezioni che trascendono il dato fenomenico per riportare la sensazione alla sua pura energia, alla ricerca di una maggior comprensione di tutto ciò che costituisce l’esistenza umana.
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