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sabato 22 dicembre 2012

Antonella Colaninno racconta Guttuso

Della grande mostra dedicata a Renato Guttuso a Roma, presso il complesso del Vittoriano, vi ho già dato notizia nel post http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.it/2012/10/renato-guttuso-al-vittoriano.html.

Ora trovo, nel blog della stimata Antonella Colaninno (http://antonellacolaninnoarte.blogspot.it/), un testo relativo alla visita fatta a questa straordinaria mostra. 
Lo ripropongo anche in questo spazio...

Articolo originale su:





“Quanno finisci di travirsarla tutta e infini arriva a capo della viuzza, si trova ad aviri il sciato grosso come quanno si tocca la riva allo stremo delle forzi doppo ‘na longa natata” Andrea Camilleri (da La Vucciria Renato Guttuso)

di Antonella Colaninno

Non è semplice cercare di raccontare il mondo così come lo vedeva Renato Guttuso (Bagheria, 1912 – Roma, 1987) che del suo tempo e del suo mestiere ha fatto passione di vita e di arte.“Se io potessi, per una attenzione del Padreterno, scegliere un momento nella storia e un mestiere sceglierei questo tempo e il mestiere del pittore.” Sempre attento alle relazioni con altri artisti, Guttuso ha mantenuto viva in sé una certa “sicilitudine.” L’amore per la vita e per il colore, e un erotismo mai nascosto sono solo una parte di una visione del mondo dove l’ombra della morte resta una presenza vigile, una nota stridente che serpeggia misteriosa tra la vitalità della gente e dei colori dei suoi mercati. Una visione antica di amore e di morte, di erotismo e di passione che traduce il mito e la storia nel presente perché il vero protagonista in Guttuso è l’uomo e la sua storia.
Una vita vissuta tra Milano, Palermo e Roma tra artisti ed intellettuali. Alberto Moravia, Giacomo Manzù, Leonardo Sciascia, Eugenio Montale, Pablo Neruda, Luchino Visconti, Vittorio De Sica e Pierpaolo Pasolini ebbero con lui un’intensa collaborazione artistica, e poi l’amico Picasso a cui dedicò una serie di opere tra cui Il Convivio (1973), nella quale Picasso pittore siede tra alcuni dei suoi personaggi come la donna de Les demoiselles e l’Arlecchino pensoso. 
In occasione del centenario della sua nascita, Roma dedica all’artista siciliano una grande mostra, la prima antologica sull’intero percorso artistico di Guttuso che a Roma trascorse più di 50 anni di vita. Oltre 100 opere raccontano il suo impegno di artista nella società, spesso criticato da aspre polemiche quando il suo linguaggio si fa provocatore e rompe gli schemi iconografici tradizionali. La Crocifissione (1940,41) con la Maddalena denudata e le croci collocate frontalmente l’una alle altre, sollevò la disapprovazione degli ambienti cattolici e fu condannata dal Vaticano. Guttuso amava dipingere tele di grande formato, pensava fosse un atto dovuto ad un pittore.“Io di solito aspetto che mi vengano le idee, non le vado mai a cercare, un giorno ero seduto al caffè Greco, proprio nella sala che ho dipinto, e ho cominciato a pensare che era un tema che mi si addiceva. C’era de Chirico da un lato, seduto. Ho continuato a pensare al progetto e quando si è un po’ maturato ho incominciato a fare qualche disegno […] in questo quadro c’è un elemento catalizzatore, Giorgio de Chirico, anche se il fascino del luogo nasce anche dalla gente che ci è passata, da Buffalo Bill a Gabriele D’Annunzio. […] nel quadro ci sono molti elementi dechirichiani, penso a “il sogno del poeta” a “il ritratto premonitore di Guillaume Apollinaire […]. Volevo però dare, sia pure con un solo segno, il senso della storia che è passata.”
Guttuso racconta così, le immagini di una storia attraverso altre storie, dando vita ad un sentimento collettivo che traccia il disegno di un’epoca e si concentra sul tempo dell’uomo. Nella Vucciria (1974), l’esaltazione del colore e la sinuosità delle forme enfatizzano un sentimento di morte. Le carni appese ed il piano inclinato sullo sfondo dove la frutta e gli ortaggi sembrano ruotare in un vortice, esprimono il senso del tempo e del suo inesorabile passaggio. Cesare Brandi scrive che “[…] il quadro brucia, il quadro, con tanti timbri quasi violenti che si cozzano, in realtà vive entro contorni di pece, listato e lutto. […] come su un fondo nero, come dipinto su una lastra di lavagna […]” Una chiara allusione alla sua terra, la Sicilia, così piena di vita e di colori ma segnata da un destino di paura e di morte. Lo stesso Guttuso scriveva: “E’ un quadro nero […] mentre dipingevo, mi sono accorto come tutta quella abbondanza di vita contenesse, nel fondo, un senso distruttivo. Senza che io ci pensassi o volessi, la tela esalava un sentimento di morte.”
In Guttuso la memoria è il filo conduttore delle sue storie. La memoria di sé, riprodotta negli autoritratti, la memoria dei luoghi che attraverso i colori esprimono le sensazioni  dei profumi e dei sapori. E infine, la memoria della storia e delle tante storie che la compongono. Le atmosfere cupe della guerra e la luce della Sicilia, la memoria letteraria e quella neorealista desunta dal cinema e dagli ambienti popolari. Tutto il Novecento si racconta nell’umanità di Renato Guttuso, con le sue passioni e le sue storie di dolore, ancora così antica per essere contemporanea, ma così attuale pur restando anacronistica.



“Chi ripercorre la sua pittura, come le motivazioni che passo passo ne hanno giustificato le ragioni, è di fronte a un grado di passionalità partecipativa, di vitalismo, sorprendenti, e certo di portata tutt’altro che inattuale.” Enrico Crispolti  
Mostra visitata il 12 dicembre

In alto, in ordine: Guttuso e Marta Marzotto; Il caffè greco; La Vucciria (particolare); Amanti (?); Figura femminile.

Pubblicato da Antonella Colaninno

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