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giovedì 24 gennaio 2013

ALIGHIERO BOETTI a Roma a cura di Luigia Lonardelli


ALIGHIERO BOETTI A ROMA Boetti con Clemente e Ontani
trenta opere per raccontare una stagione creativa straordinaria
IL MAXXI DEDICA LA PIAZZA DEL MUSEO AD ALIGHIERO BOETTI: MARTEDI’ 22 GENNAIO IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE
IL PRESIDENTE DEL MAXXI GIOVANNA MELANDRI SVELA LA TARGA

23 gennaio - 6 ottobre 2013
www.fondazionemaxxi.it 

Roma 22 gennaio 2013. Una mostra per raccontare il rapporto tra un artista insofferente alle definizioni e una città che diventa per lui trampolino per l’ignoto e ispirazione per nuovi percorsi creativi: con Alighiero Boetti a Roma prodotta dal MAXXI Arte diretto da Anna Mattirolo e curata da Luigia Lonardelli, il MAXXI racconta la storia di “Alì Ghiero, il beduino in transito, accampato accanto al Pantheon”.
La mostra, nelle sale del museo dal 23 gennaio al 6 ottobre 2013, prende in esame il particolare rapporto che ha legato Boetti a Roma, da lui considerata un “avamposto verso l’Oriente”: come la comunità degli artisti della capitale sia stata influenzata dalla sua personalità e come i rapporti con la sua visione dell’Oriente siano stati fondamentali per il riemergere di una nuova sensibilità coloristica nel corso degli anni Ottanta.
La mostra sottolinea le connessioni, gli intrecci e le risonanze fra l’opera dell’artista e quella di Francesco Clemente e Luigi Ontani di cui verranno esposti una serie di lavori in dialogo con quelli di Boetti, indagando per la prima volta le relazioni tra le loro opere, che ridefiniscono il panorama di vitalità e di esuberanza creativa che investe la generazione degli anni Settanta.
Trenta opere, molte inedite o raramente esposte, che raccontano una stagione creativa straordinaria, alla ricerca di una identità e alla scoperta di mondi lontani e affascinanti.
Martedì 22 gennaio, in occasione dell’inaugurazione della mostra, alle ore 18.30 al MAXXI B.A.S.E. Mark Godfrey (in collegamento da Londra), Franco La Cecla, Annemarie Sauzeau, Caterina Raganelli-Boetti, moderati da Elena Del Drago, presentano il secondo volume del catalogo generale di Alighiero Boetti, edito da Electa.
Sempre martedì 22 gennaio alle ore 19.30 il Presidente della Fondazione MAXXI Giovanna Melandri svelerà la targa che dedica ufficialmente la piazza del MAXXI al grande artista italiano. La proposta di dedicare la piazza a Boetti era nata nel 2010 con un sondaggio lanciato dal MAXXI e da Massimiliano Tonelli, allora Direttore di Exibart.
“Alighiero Boetti è uno dei padri dell’arte contemporanea italiana – dice Giovanna Melandri – il suo lavoro è ancora oggi denso di suggestioni per tutti i giovani artisti e il MAXXI gli rende un giusto omaggio. Un museo come il MAXXI, per sua natura proiettato nel futuro, non può infatti perdere di vista le radici da cui nasce la cultura contemporanea.”
La mostra è anche occasione per il Dipartimento Educazione del MAXXI di proporre un nuovo laboratorio didattico per famiglie. Sabato 26 gennaio, 2 e 9 febbraio alle ore 16.00 adulti e bambini scoprono insieme le "regole del gioco" di Alighiero Boetti attraverso le opere in mostra. (prenotazione obbligatoria e acquisto al numero 0639967350).
Inoltre MAXXI e il Gioco del Lotto, partner per le attività educative del museo, ogni domenica dal 27 gennaio al 16 giugno 2013 offrono ai visitatori in possesso del biglietto del museo, due visite guidate gratuite per gruppi di 30 persone (ore 11.30 e 12.00, accesso libero fino a esaurimento posti). Un modo per conoscere meglio il MAXXI, scoprire la mostra di Boetti e tutte quelle che saranno in corso al museo. 

LA MOSTRA
Nell’autunno del 1972 Boetti si trasferisce a Roma. La sua compagna Anne Marie Sauzeau così scrive di questa scelta: aveva “l’illusione che Roma fosse già Palermo e Palermo già Il Cairo”. Considerata dall’artista
un avamposto verso l’Oriente, opposta all’aristocratica Torino, fredda e concettuale, Roma gli offre una libertà creativa insperata, rende possibili percorsi nuovi, individuali e liberi da condizionamenti. La comunità della capitale é alla ricerca di una identità, nel confronto tra i maestri della generazione precedente come Gastone Novelli, Achille Perilli, Toti Scialoja, Giulio Turcato e la generazione che agisce intorno alla corte di Mario Schifano, di cui Boetti diventa intimo amico.
In omaggio alla geografia immaginaria che Boetti ha saputo creare con i suoi lavori, introduce la mostra l’opera dell’artista inglese Jonathan Monk Untitled and Unfinished (Afghanistan) (2004): una ripresa fissa sui laghi di Band-e Amir, luogo magico e surreale nel centro-nord dell’Afghanistan dove Boetti avrebbe voluto venissero disperse le sue ceneri.
La situazione politica del paese li rende tuttora un luogo inaccessibile che possiamo solo immaginare, come ha fatto lo stesso Monk, che ha commissionato la ripresa ad un afghano, quasi fosse una nuova declinazione delle ricamatrici che hanno realizzato per anni le mappe boettiane.
Le opere di Boetti in mostra attestano definitivamente la chiusura del periodo poverista torinese in una sorta di rinascita del colore, della leggerezza e della sperimentazione.
Negli anni Settanta, Boetti inizia il lavoro delle Mappe di cui sono esposti due esemplari tra cui un inedito assoluto. Il suo rapporto con Roma lo porta a sviluppare il tema del viaggio inteso sia in senso fisico, sia in senso metaforico come oscillazione tra tecniche e tradizioni culturali, di cui è esempio l’impressionante opera Poesie con il Sufi Berang, composta da 51 elementi, in cui frasi di Boetti in alfabeto latino si alternano con le poesie in farsi appositamente realizzate dall’afghano Sufi Berang, conosciuto e frequentato assiduamente a Peshawar.

Roma significa per Boetti anche la riscoperta del colore: Ho scoperto a posteriori che a Torino non usavo mai i colori. Forse percepisco il troppo rigore della città ... mentre qui a Roma ho capito la bellezza di fare molto, di fare più rapidamente, di allargare, di facilitare.
Esempio di queste riflessioni opere come le Faccine colorate a due mani con la figlia Agata nel 1977 e le grandi carte che si distendono in misure ampie arrivando a includere un universo barocco di forme naturali, di oggetti che raccontano l’intimità del suo studio, declinati in colori immaginifici. Altro esempio le due opere dal titolo Orme, che in questa occasione entrano nelle collezioni del MAXXI con un comodato di Matteo Boetti, figlio dell’artista: due lavori che prendono il titolo dal disegno delle suole delle scarpe di Boetti che con la leggerezza di un acrobata le attraversa verticalmente.

Una Roma disordinata, sentita come l’ultimo baluardo alchemico, libera dalle pastoie dell’ideologismo politico e concettuale, è quella che accoglie Francesco Clemente appena diciottenne nel 1970.
Le sue opere in mostra, tutte della seconda metà degli anni Settanta, caratterizzate da un disegno lineare e preciso, ci rivelano un artista diverso da quello della Transavanguardia: esprimono una intimità totale con la poetica boettiana, e la suggestione di un Oriente cercato ancora più a Est, dopo il viaggio compiuto con Boetti in Afghanistan nel ‘74. Clemente sarà l’unico fra i tre artisti a decidere di abbandonare in maniera definitiva Roma spostandosi per lunghi periodi in India e studiando Teosofia a Madras dove, dopo essersi trasferito a New York, tornerà più volte nel corso degli anni Ottanta.

Un’altra Roma ancora è quella di Luigi Ontani, sentita nelle parole dell’artista come una città i cui “personaggi permangono per mitologia e leggenda”. Anche per lui la città sarà una base di partenza per il suo Oriente che, nella seconda metà degli anni Settanta, prenderà la forma di Viaggio in India una bellissima ricerca, di cui sono esposte le prime fotografie acquerellate che lo vedono protagonista dei suoi famosi tableaux vivants: una visione esotica, artificiale e fantastica, che esprime la purezza concettuale di uno degli ultimi orientalisti. Insieme a questo lavoro viene esposto anche il Tappeto Volante, in cui l’artista fotomontato racconta il luogo per antonomasia di chi non ha una fissa dimora, di chi si sente in perenne transito.
L’Oriente è quindi una scelta di appartenenza totale per Clemente, mentre per Ontani un mondo immaginato costruito con la stessa attenzione che si riserva alle favole e ai miti. Alighiero Boetti invece vorrà sempre rimanere un occidentale a Kabul e un orientale a Roma, a rimarcare una sua voluta alterità rispetto all’ordine delle cose, la sua connaturata bilateralità: “a Roma sono uno straniero, sono un soggiornante, per cui ho sempre la coscienza di dove sono”.




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