L'amico Nicolò Paoli in mostra a Genova...
Corpi Fossili di Nicolò Paoli
Efebi, amazzoni, satiri, fauni, Grazie e Veneri ancora immerse nelle acque, allegorie della verità ossidate. È come se la fotografia di Nicolò Paoli pescasse in continuazione nel pozzo senza fondo, nell’archivio non inventariato della nostra memoria per restituirci qualcosa. Statuari ma corrosi. Simmetrici ma disassati. Nicolò vede, riconosce, smaschera e rimaschera il passato, l’accademia, la tradizione.
Li ha fagocitati, digeriti e ce li offre, in modo che anche noi possiamo assaggiarne un po’.
Noi riconosciamo, intravediamo brandelli di tradizione.
A volte la citazione è scoperta, è una secchiata d’acqua sulle nostre facce. Altre, il suo linguaggio si fa più criptico.
A volte i suoi corpi riempiono lo spazio della foto, come se non potesse esserci altro. E lì emerge anche tutto il suo amore per il disegno.
Ma la classicità è finita – ci avverte – e la centralità degli umani è un sogno tramontato. Fate pure come Faust, sembra dirci Paoli: «Zum Augenblicke dürft ich sagen: / Verveile doch, du bist so schön» (“All'attimo direi: / sei così bello, fermati!”).
Ma Paoli è Crono, il dio del tempo, e fotografa l’attimo dopo quello visto da Faust. Così ossida, incrosta, sgocciola, ripassa. E ci mette di fronte – ossessivamente, scientificamente – alla fine.
Luca Giannini
Efebi, amazzoni, satiri, fauni, Grazie e Veneri ancora immerse nelle acque, allegorie della verità ossidate. È come se la fotografia di Nicolò Paoli pescasse in continuazione nel pozzo senza fondo, nell’archivio non inventariato della nostra memoria per restituirci qualcosa. Statuari ma corrosi. Simmetrici ma disassati. Nicolò vede, riconosce, smaschera e rimaschera il passato, l’accademia, la tradizione.
Li ha fagocitati, digeriti e ce li offre, in modo che anche noi possiamo assaggiarne un po’.
Noi riconosciamo, intravediamo brandelli di tradizione.
A volte la citazione è scoperta, è una secchiata d’acqua sulle nostre facce. Altre, il suo linguaggio si fa più criptico.
A volte i suoi corpi riempiono lo spazio della foto, come se non potesse esserci altro. E lì emerge anche tutto il suo amore per il disegno.
Ma la classicità è finita – ci avverte – e la centralità degli umani è un sogno tramontato. Fate pure come Faust, sembra dirci Paoli: «Zum Augenblicke dürft ich sagen: / Verveile doch, du bist so schön» (“All'attimo direi: / sei così bello, fermati!”).
Ma Paoli è Crono, il dio del tempo, e fotografa l’attimo dopo quello visto da Faust. Così ossida, incrosta, sgocciola, ripassa. E ci mette di fronte – ossessivamente, scientificamente – alla fine.
Luca Giannini
Spazio Nomellini - Genova
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