RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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sabato 27 maggio 2017

A proposito di Giovanni Maranghi 'Mistero e dono dell'Arte'

Si è inaugurata ieri (come già avevo avuto modo di comunicare nel post GIOVANNI MARANGHI TORNA A FIRENZE), nel cuore di Firenze, all'interno del prestigioso GOLDEN VIEW, la mostra di Giovanni Maranghi, 'Mistero e dono dell'Arte'.

Tanti gli ospiti a questo vero e proprio evento: artisti, critici curatori, collezionisti ma anche campioni dello sport e protagonisti del mondo dello spettacolo e della cultura.
Fra tutti, e di questo ne sono assolutamente lusingato, il Prof. Antonio Natali, già Direttore della Galleria degli Uffizi, che ha condiviso con il sottoscritto, il piacere di introdurre la mostra a tutti gli intevenuti. 
Ancora una volta l'opera di Maranghi appaga tutti: dal collezionista più esigente al critico più illuminato!


durante la presentazione

Con il Prof. Antonio Natali

Intervistato da Fabrizio Borghini

Con l'artista ed il Prof. Antonio Natali


Con l'artista





e questa mattina, anche la stampa da risalto alla serata...

La Nazione
 ed infine la più bella...
con l'artista e gli amici...

con Antonio Leo, Filippo Lotti e l'artista
 

domenica 25 settembre 2016

L'arte è terapeutica...

Che l'opera d'arte abbia avuto nel corso della storia, oltre ad un effetto "ornamentale" anche altre funzioni, è oramai risaputo.
E' stata ed è tuttora comunicazione, divulgazione, mezzo per mettere in atto una azione di proselitismo. 
E' uno Status, un simbolo. 
Un investimento.
Senza ombra di perplessità è cultura. 
E' ed è stata estetica e spesso anche etica. 
Sociale, rivoluzionaria o al servizio del potere.

Ora, da recenti studi viene attribuita all'arte anche una funzione terapeutica.



Circa un anno fa, L'HUFFINGTON POST, pubblicava un articolo, a firma di "5 motivi per cui ci vuole più arte nella nostra vita" (vedi http://www.huffingtonpost.it/2015/10/26/arte-per-la-vita-gioco-del-lotto_n_8356630.html ) dove metteva in risalto, sostenuta da tesi scientifiche, l'importanza che svolge l'arte nel benessere della persona.

Sempre sulla stessa testata Marilu Oliva, pubblica un altro articolo, intitolato "Curarsi con la bellezza. L'arte è la medicina dell'anima di chi la sa osservare" (vedi http://www.huffingtonpost.it/marilu-oliva/curarsi-bellezza-larte-anima-osservare_b_7526378.html?ncid=fcbklnkithpmg00000001), dove, parafrasando Fëdor Dostoevskij che scrisse la famosa citazione "La bellezza salverà il mondo", svela le proprietà terapeutiche, da un punto di vista psicologico, che che ha l'arte sull'essere umano, in tutte le sue manifestazioni.

Concludendo, mi sorge spontaneo affermare, banalmente, che dobbiamo sforzarci di comprendere, capire e circondarci di arte e di bellezza...  io personalmente lo faccio da anni... è godo di grande felicità!

domenica 24 aprile 2016

Stefano Fioresi corre... e viene segnalato!



Ed eccomi di nuovo a parlare di Stefano Fioresi.
In attesa della sua personale "Face To Face", curata da Chiara Canali che sarà presentata a Parma il prossimo 21 maggio, voglio segnalare un articolo uscito sulla Gazzetta di Modena che lo definisce "il personaggio tra cultura e sport"





giovedì 7 gennaio 2016

Carlo Cane su HI-FRUCTOSE



L'amico Carlo Cane da tempo ha intrapreso l'avventura internazionale. 
Come già scritto più volte sulle pagine di questo blog, ha instaurato collaborazioni importanti con gallerie spagnole, britanniche e statunitensi. Ora un magazine americano, HI-FRUTOSE  gli dedica una finestra sulla propria pagina...


 

lunedì 10 agosto 2015

Settis: Perché gli italiani sono diventati nemici dell’arte, dal "IL GIORNALE DELL'ARTE"

Dal "IL GIORNALE DELL'ARTE" edizione on-line, un bell'articolo di Salvatore Settis...


Settis: Perché gli italiani sono diventati nemici dell’arte

Malgrado si sia data le leggi migliori del mondo, oggi l’Italia maltratta l’arte: è stranamente diventata un Paese ignorante e regredito dove prevalgono l’incultura e l’indifferenza verso la devastazione del paesaggio e dell’ambiente. È dunque necessario che sia il mondo a difendere il patrimonio artistico e naturale dell’Italia?


continua a leggere su:

venerdì 30 gennaio 2015

#4elements1palace - Acqua, Fuoco, Aria, Terra - sulla stampa

Giusto ieri vi ho comunicato del ciclo di mostre - #4elements1palace - Acqua, Fuoco, Aria, Terra - che si inaugurerà il prossimo 14 febbraio Certaldo a Palazzo Pretorio con la personale di Roberto Braida “AQUA – Alle sorgenti della memoria”
(vedi http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.it/2015/01/4elements1palace-acqua-fuoco-aria-terra.html), curata dallo scrivente e da Filippo Lotti in collaborazione con il Comune di Certaldo e Casa d'Arte San Lorenzo, con il coordinamento dell'Assessore Francesca Pinochi che già la stampa ne parla...

LA NAZIONE...


 ed IL TIRRENO...


mercoledì 21 gennaio 2015

Sul Tirreno di oggi...

Della partecipazione a SetUp del C.R.A. ne ho già parlato in diverse occasioni (vedi ad esempio http://centroraccoltaarte.blogspot.it/2015/01/venerdi-23-nellarea-talk-di-setup.html).

Oggi la notizia appare sulla stampa, ne parla anche il Tirreno!




SetUp Art Fair
Informazioni Utili

Sede: Autostazione di Bologna; Piazzale XX Settembre, 6

Date e orari

22 gennaio: inaugurazione su invito 19.30-23.00

23-24 gennaio: 17.00-1.00

25 gennaio: 14.00-22.00

Ingresso: € 5.00 intero € 3.00 studenti

Comitato direttivo


Simona Gavioli +39 339 3290120


Alice Zannoni +39 329 8142669


Segreteria Organizzativa

Roberta Filippi +39 392 9492881
roberta.filippi@setupcontemporaryart.com

giovedì 6 novembre 2014

Il C.R.A. su IL TIRRENO

Il C.R.A. (http://centroraccoltaarte.blogspot.it/), l'Associazione Culturale che ho fondato insieme all'amico Filippo Lotti e Claudia Lovato è oggi su IL TIRRENO a pag.IX dell'inserto Pontedera-Empoli in un articolo a firma Giacomo Pelfer




VUOI SOSTENERCI?
ABBIAMO BISOGNO DI TE!

puoi farlo attraveso EPPELA
  (vedi)
http://www.eppela.com/ita/projects/987/cra-centro-raccolta-arte

o puoi aiutarci facendo un'offerta attraverso bonifico...

Anche poco per noi è tantissimo e... 
la cultura te ne sarà grata!

Il Cod. IBAN per effettuare il bonifico è:
IT66 M063 0071 151C C113 0202 584

mercoledì 5 novembre 2014

Il C.R.A. su LA NAZIONE

Il C.R.A. (http://centroraccoltaarte.blogspot.it/), l'Associazione Culturale che ho fondato insieme all'amico Filippo Lotti e Claudia Lovato è oggi su LA NAZIONE a pag.18 in un articolo a firma Johara Camilletti




VUOI SOSTENERCI? 
ABBIAMO BISOGNO DI TE!

puoi farlo attraveso EPPELA
  (vedi)
 

o puoi aiutarci facendo un'offerta attraverso bonifico...

Anche poco per noi è tantissimo e... 
la cultura te ne sarà grata!

Il Cod. IBAN per effettuare il bonifico è:
IT66 M063 0071 151C C113 0202 584

domenica 18 agosto 2013

Da IL MESSAGGERO, le promesse di Bray

Dalle pagine on-line de IL MESSAGGERO (http://www.ilmessaggero.it), ripropongo l'articolo apparso oggi sulle promesse di Bray...


Beni culturali, il ministro Bray promette:
«Nuove assunzioni, sogno musei accoglienti
e nulla da invidiare al Met di New York»

E sulle fondazioni liriche: «Nessuno resterà a casa»

ROMA - Fondi europei per rilanciare i musei del Sud, un intervento di salvataggio per le fondazioni liriche «senza che resti a casa nessuno» e soprattutto nuove assunzioni, per archeologi, archivisti, bibliotecari e non solo. Incassati i consensi per il decreto Valore Cultura - che ora ha tempo fino al 9 di ottobre per diventare legge - Massimo Bray insiste e ribadisce anche dalle vacanze, spese nella casa paterna in Puglia fra letture di Calvino e di Camilleri, il progetto di un cambio di pagina per la cultura...

per leggere l'articolo intero vai su:

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/politica/bray_cultura_assunzioni_musei_accoglienti_met_new_york/notizie/316147.shtml?fb_action_ids=10153109049230234&fb_action_types=og.recommends 

 

sabato 3 agosto 2013

Su Arte di luglio...



Sul numero di Arte del mese di luglio, sono apparse tre notizie che ritengo essere interessanti:
l'inserto "Speciale Biennale", la recensione della mostra "Indizi di Identità" di Ester Negretti a Lenno (vedi: http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.it/2013/05/indizi-di-identita-casa-brenna-tosatto.html ) e l'articolo di Rossella Farinotti sul neonato Museo Plessi lungo l'autostrada del Brennero.

Di quest'ultimo allego anche un stralcio "rubato" dal blog dell'autrice stessa (http://labrouge.com)...


Plessi Museum /// il MUSEO MONUMENTALE dedicato all’artista italiano

Il Plessi Museum. Il 21 giugno ha inaugurato sull’autostrada del Brennero, sul vecchio confine tra Italia e Austria, il nuovo museo dedicato a Fabrizio Plessi (1940). Il Plessi Museum rappresenta un luogo simbolico di passaggio: fino al 1995 il Passo del Brennero era infatti luogo di confine per la presenza della dogana, poi, con gli Accordi di Schengen, il suo ruolo cambia, trasformandosi in territorio di connessione e di incontro. Con la costruzione dell’opera dedicata all’artista veneto (emiliano d’origine, ma Venezia è stata, dall’età di 15 anni, la sua base), il viaggiatore potrà fare una pausa anomala: potrà visitare un Museo...

 

 per il proseguo della lettura trova un numero di Arte di luglio o vai sul link:

http://labrouge.com/2013/07/10/plessi-museum-il-museo-monumentale-dedicato-allartista-italiano/ 


martedì 23 luglio 2013

Fabiano Parisi su "Il Messagero"

Sull'edizione di oggi in edicola de "IL MESSAGGERO" una intera pagina dedicata all'amico Fabiano Parisi... da leggere!


domenica 26 maggio 2013

A proposito di Architetture di Luce, la mostra di Karina Chechik

Quante volte vi ho detto, scritto, parlato, a proposito di "Architetture di Luce", la grande mostra itinerante di Karina Chechik che sta girando l'intero globo e che nel prossimo gennaio approderà al Frost Museum di Miami? 
Non lo so, ho perso anch'io il conto.
Ora pubblico le foto di un servizio, uscito su Habitat, il più importante magazine di architettura che viene pubblicato in Argentina (ma distribuito in tutto il mondo), 
che dedica ben 4 pagine a questa mostra... 

poi non dite che non lo sapevate...


domenica 17 marzo 2013

Caro pre­mier, salva l’arte . Di Sal­va­tore Set­tis — l’Espresso, 25.01.2013

La lettera che Salvatore Settis (storico dell'arte e archeologo) scrive al Premier dalle pagine dell'espresso...










Al pros­simo pre­si­dente del Con­si­glio (chiun­que sia). Si­gnor Pre­si­dente, ne­gli ul­timi anni, prin­cipi co­sti­tu­zio­nali e pra­ti­che po­li­ti­che con­so­li­date hanno su­bito una con­ti­nua ero­sione. Sotto il peso (o con l’alibi) della crisi eco­no­mica, ta­gli spie­tati hanno col­pito la spesa so­ciale: scuola, cul­tura, uni­ver­sità, tu­tela del pa­tri­mo­nio e dell’ambiente, ri­cerca, tea­tro e mu­sica, sa­nità. An­che quando i “ta­gli li­neari” (cioè cie­chi) dei go­verni di de­stra sono stati ri­bat­tez­zati spen­ding re­view, in nulla hanno gio­vato al pub­blico in­te­resse: al con­tra­rio, h anno ri­dotto il li­vello dei ser­vizi ai cit­ta­dini, fa­vo­rito la re­ces­sione, in­cre­men­tato la di­soc­cu­pa­zione. Col­pendo la di­gnità di chi (non) la­vora e l’equità, que­sta po­li­tica mina alla ra­dice de­mo­cra­zia e libertà.
La nuova le­gi­sla­tura può se­gnare una svolta, rein­ne­scando quel che da tempo manca al no­stro Paese: crea­zione di com­pe­tenze, crea­ti­vità, in­no­va­zione, oc­cu­pa­zione. Al ver­tice delle prio­rità del go­verno de­vono es­sere la cura dell’ambiente e la messa in si­cu­rezza del ter­ri­to­rio. E un com­pito im­mane, per­ché que­sti temi sono stati tra­scu­rati per de­cenni. Ma è un tra­guardo es­sen­ziale, che me­rita in­ve­sti­menti so­stan­ziosi e può as­sor­bire più forza la­voro di quella per “grandi opere”, spesso in­vec­chiate prima di na­scere. Cura dell’ambiente vuoi dire tu­tela della sa­lute, ma an­che tu­tela del pae­sag­gio, a co­min­ciare dal pae­sag­gio agra­rio; vuol dire pro­mo­zione dell’agricoltura di qua­lità, con po­tenti ri­ca­dute eco­no­mi­che. Vuol dire pro­te­zione del pa­tri­mo­nio cul­tu­rale, e sal­tato a pa­role come mag­gior ric­chezza d’Italia, ma di fatto ab­ban­do­nato al de­grado. Que­sti temi sono for­te­mente le­gati fra loro. È per­ciò ur­gente agire sulle isti­tu­zioni, po­nendo fine alla con­di­zione re­si­duale del mi­ni­stero dei Beni cul­tu­rali e alla scelta di mi­ni­stri in­ca­paci. Esso può es­sere ac­cor­pato al mi­ni­stero dell’Ambiente, per una nuova po­li­tica fon­data sulla cul­tura della pre­ven­zione, dal con­trollo del ri­schio idro­geo­lo­gico alla con­ser­va­zione pro­gram­mata del pa­tri­mo­nio cul­tu­rale. Ma an­che que­sta “mossa” sa­rebbe inef­fi­cace, se non si ac­com­pa­gnasse a un torte rein­ve­sti­mento sui Beni cul­tu­rali, che quanto meno ri­medi al ci­nico ta­glio di ol­tre un mi­liardo per­pe­trato da Ber­lu­sconi nel 2008. È inol­tre ne­ces­sa­rio il rin­novo del per­so­nale, iber­nato dal blocco del turn-over, me­diante una sana po­li­tica di as­sun­zioni per me­rito, aperta a esperti non solo italiani.
Il fu­turo di un Paese di­pende da tre fat­tori: lun­gi­mi­ranza de­gli obiet­tivi, for­ma­zione dei gio­vani, in­ne­sco di ener­gie crea­tive. In Ita­lia da de­cenni ac­cade il con­tra­rio: le ri­forme della scuola e dell’universirà sono ispi­rate non da un qual­si­vo­glia pro­getto cul­tu­rale, ma dalla de­ci­sione di ta­gliare a ogni co­sto i bi­lanci nel se­gno di un miope neo­li­be­ri­smo. La ri­cerca di base (la sola che pro­duca esiti, an­che eco­no­mici, di lungo pe­riodo) è ac­can­to­nata in fa­vore di uno “sguardo corto” che pre­tende ri­sul­tati mi­su­ra­bili in tempi brevi; la qua­lità viene esi­liata in fa­vore della quan­tità. Ri­por­tare il fu­turo al cen­tro della po­li­tica ri­lan­ciando scuola, uni­ver­sità e ri­cerca me­diante ac­corti in­ve­sti­menti sulla qua­lità e nuove as­sun­zioni in base al me­rito: ecco un’altra prio­ri­tà­del go­verno. Al­tri Paesi, da­gli Stati Uniti alla Ger­ma­nia alla Fran­cia, stanno in­ve­stendo in istru­zione e ri­cerca come mezzi per com­bat­tere la crisi eco­no­mica; in Ita­lia si fa l’opposto. E tempo di rom­pere que­sto iso­la­mento, re­cu­pe­rando l’alta tra­di­zione ita­liana e ri­col­lo­cando al cen­tro il si­stema pub­blico di istru­zione an­zi­ché, come si è fatto ne­gli ul­timi anni, de­po­ten­ziarlo in fa­vore del set­tore pri­vato.
Que­sti obiet­tivi mi­nimi non sono de­gli op­tio­nal. Essi cor­ri­spon­dono all’orizzonte dei di­ritti pre­scritto dalla Co­sti­tu­zione. La Co­sti­tu­zione, per in­ten­derci, a cui il nuovo go­verno pre­sterà giu­ra­mento, e non una pre­tesa “Co­sti­tu­zione ma­te­riale”. La cen­tra­lità della cul­tura è scol­pita nell’art.9: «La Re­pub­blica pro­muove lo svi­luppo della cul­tura e la ri­cerca scien­ti­fica e tec­nica. Tu­tela il pae­sag­gio e il pa­tri­mo­nio sto­rico e ar­ti­stico della Na­zione». Au­to­no­mia delle uni­ver­sità, cen­tra­lità della scuola pub­blica, di­ritto allo stu­dio (art. 33–34), li­bertà di pen­siero (art. 21) sono aspetti del di­ritto alla cul­tura, es­sen­ziale allo svi­luppo della per­so­na­lità in­di­vi­duale (art. 3) e al «pro­gresso spi­ri­tuale della società»(art.4).
Que­sti prin­cipi fon­da­men­tali dello Stato sono co­stan­te­mente di­sat­tesi con l’alibi di una “tec­ni­cità” che pro­duce ta­gli, ma non svi­luppo. De­vono tor­nare al cen­tro delle po­li­ti­che del go­verno, nel loro nesso con al­tri di­ritti es­sen­ziali san­citi dalla Co­sti­tu­zione: il di­ritto alla sa­lute (art. 32), il di­ritto al la­voro (art. 4), la «pari di­gnità so­ciale». (art. 3). La di­sgre­ga­zione, anzi la “ma­cel­le­ria so­ciale” che è sotto i no­stri oc­chi ha in que­sti prin­cipi il suo ri­me­dio: per­ché solo se i di­ritti sono ri­co­no­sciuti è pos­si­bile esi­gere «l’adempimento dei do­veri in­de­ro­ga­bili di so­li­da­rietà po­li­tica, eco­no­mica e so­ciale» (art. 2).
I pro­blemi glo­bali dell’economia e la pes­sima ge­stione dei bi­lanci hanno messo in om­bra que­sti prin­cipi, e il “go­verno tec­nico” ha in­ter­pre­tato il pro­prio man­dato alla luce di un pre­cetto che la Co­sti­tu­zione non con­tiene, anzi nega: la prio­rità dell’economia sui di­ritti. È tempo di met­tere sul ta­volo il con­tra­sto fra la ne­ces­sità (che tutti ri­co­no­scono) di ri­sa­na­mento dei bi­lanci e l’obbligo (che molti di­men­ti­cano) di ri­spet­tare la le­ga­lità co­sti­tu­zio­nale. La “ri­cetta tecni ca” di ta­gliare alla cieca la spesa so­ciale ha pro­dotto solo re­ces­sione, di­soc­cu­pa­zione, di­sor­dine. Per uscire da que­sto vi­colo cieco oc­corre re­pe­rire con ur­genza nuove ri­sorse, com­bat­tendo con fatti e non pa­role l’enorme eva­sione fi­scale: 142,47 mi­liardi di euro di tasse non pa­gare nel solo 201 l (dati Con­f­com­mer­cio). Re­cu­pe­ran­done al­meno la metà, si po­trebbe co­min­ciare a sa­nare il de­bito pub­blico e in­ve­stire in scuola, ri­cerca, pa­tri­mo­nio, sa­nità, in­ne­scando pro­cessi vir­tuosi di sti­molo della crea­ti­vità e dell’economia. Una sana spen­ding re­view do­vrebbe can­cel­lare spese vane o dan­nose, a co­min­ciare dal ponte sullo Stretto e da al­tre “grandi opere”, dall’acquisto in­sen­sato di ae­rei da guerra e som­mer­gi­bili, da in­ter­venti one­rosi e fal­li­men­tari come il “sal­va­tag­gio” Alitalia.
Qua­li­fi­care la spesa ca­po­vol­gendo le prio­rità dei go­verni di que­sta le­gi­sla­tura è il primo passo verso un rin­no­vato ruolo dell’Italia in Eu­ropa. Per non es­sere a ri­mor­chio de­gli gnomi delle Borse, l’Italia deve fare ap­pello alle enormi ener­gie crea­tive dei cit­ta­dini, che hanno nella no­stra sto­ria, arte, cul­tura il loro ine­sau­ri­bile te­soro. È un “conto in banca” che non è quo­tato in Borsa, ma vale più di qual­siasi spread. Di­men­ti­carlo è de­lit­tuoso, an­che per­ché con­danna l’Italia a un ruolo gre­ga­rio in­de­gno delle sue po­ten­zia­lità. Pro­muo­ver­loè ne­ces­sa­rio, per ri­lan­ciare un’idea di Stato-comunità che co­strui­sce e di­fende i di­ritti delle ge­ne­ra­zioni fu­ture. La Co­sti­tu­zione non va cam­biata, va ri­letta alla luce del pre­sente, come la Carta della no­stra iden­tità cul­tu­rale. Per­ché, molti eco­no­mi­sti oggi lo ri­co­no­scono, la di­stru­zione dell’identità sto­rica di­sgrega la so­cietà e ne ri­duce la pro­dut­ti­vità, men­tre ogni “cre­scita en­do­gena” si fonda sul pieno re­cu­pero dell’autocoscienza cul­tu­rale delle co­mu­nità. Uno sguardo lun­gi­mi­rante, una con­sa­pe­vole ca­pa­cità di fu­turo: que­sto, si­gnor pre­si­dente, gli ita­liani aspet­tano dal nuovo governo.

domenica 10 febbraio 2013

Salvatore Settis scrive a L'Espresso


Caro pre­mier, salva l’arte . Di Sal­va­tore Set­tis — l’Espresso, 25.01.2013.
Un grande sto­rico e ar­cheo­logo scrive al capo del go­verno che verrà. Per­ché nella sua agenda metta al primo po­sto la di­fesa di am­biente e cultura


Al pros­simo pre­si­dente del Con­si­glio (chiun­que sia). Si­gnor Pre­si­dente, ne­gli ul­timi anni, prin­cipi co­sti­tu­zio­nali e pra­ti­che po­li­ti­che con­so­li­date hanno su­bito una con­ti­nua ero­sione. Sotto il peso (o con l’alibi) della crisi eco­no­mica, ta­gli spie­tati hanno col­pito la spesa so­ciale: scuola, cul­tura, uni­ver­sità, tu­tela del pa­tri­mo­nio e dell’ambiente, ri­cerca, tea­tro e mu­sica, sa­nità. An­che quando i “ta­gli li­neari” (cioè cie­chi) dei go­verni di de­stra sono stati ri­bat­tez­zati spen­ding re­view, in nulla hanno gio­vato al pub­blico in­te­resse: al con­tra­rio, h anno ri­dotto il li­vello dei ser­vizi ai cit­ta­dini, fa­vo­rito la re­ces­sione, in­cre­men­tato la di­soc­cu­pa­zione. Col­pendo la di­gnità di chi (non) la­vora e l’equità, que­sta po­li­tica mina alla ra­dice de­mo­cra­zia e libertà.
La nuova le­gi­sla­tura può se­gnare una svolta, rein­ne­scando quel che da tempo manca al no­stro Paese: crea­zione di com­pe­tenze, crea­ti­vità, in­no­va­zione, oc­cu­pa­zione. Al ver­tice delle prio­rità del go­verno de­vono es­sere la cura dell’ambiente e la messa in si­cu­rezza del ter­ri­to­rio. E un com­pito im­mane, per­ché que­sti temi sono stati tra­scu­rati per de­cenni. Ma è un tra­guardo es­sen­ziale, che me­rita in­ve­sti­menti so­stan­ziosi e può as­sor­bire più forza la­voro di quella per “grandi opere”, spesso in­vec­chiate prima di na­scere. Cura dell’ambiente vuoi dire tu­tela della sa­lute, ma an­che tu­tela del pae­sag­gio, a co­min­ciare dal pae­sag­gio agra­rio; vuol dire pro­mo­zione dell’agricoltura di qua­lità, con po­tenti ri­ca­dute eco­no­mi­che. Vuol dire pro­te­zione del pa­tri­mo­nio cul­tu­rale, e sal­tato a pa­role come mag­gior ric­chezza d’Italia, ma di fatto ab­ban­do­nato al de­grado. Que­sti temi sono for­te­mente le­gati fra loro. È per­ciò ur­gente agire sulle isti­tu­zioni, po­nendo fine alla con­di­zione re­si­duale del mi­ni­stero dei Beni cul­tu­rali e alla scelta di mi­ni­stri in­ca­paci. Esso può es­sere ac­cor­pato al mi­ni­stero dell’Ambiente, per una nuova po­li­tica fon­data sulla cul­tura della pre­ven­zione, dal con­trollo del ri­schio idro­geo­lo­gico alla con­ser­va­zione pro­gram­mata del pa­tri­mo­nio cul­tu­rale. Ma an­che que­sta “mossa” sa­rebbe inef­fi­cace, se non si ac­com­pa­gnasse a un torte rein­ve­sti­mento sui Beni cul­tu­rali, che quanto meno ri­medi al ci­nico ta­glio di ol­tre un mi­liardo per­pe­trato da Ber­lu­sconi nel 2008. È inol­tre ne­ces­sa­rio il rin­novo del per­so­nale, iber­nato dal blocco del turn-over, me­diante una sana po­li­tica di as­sun­zioni per me­rito, aperta a esperti non solo italiani.
Il fu­turo di un Paese di­pende da tre fat­tori: lun­gi­mi­ranza de­gli obiet­tivi, for­ma­zione dei gio­vani, in­ne­sco di ener­gie crea­tive. In Ita­lia da de­cenni ac­cade il con­tra­rio: le ri­forme della scuola e dell’universirà sono ispi­rate non da un qual­si­vo­glia pro­getto cul­tu­rale, ma dalla de­ci­sione di ta­gliare a ogni co­sto i bi­lanci nel se­gno di un miope neo­li­be­ri­smo. La ri­cerca di base (la sola che pro­duca esiti, an­che eco­no­mici, di lungo pe­riodo) è ac­can­to­nata in fa­vore di uno “sguardo corto” che pre­tende ri­sul­tati mi­su­ra­bili in tempi brevi; la qua­lità viene esi­liata in fa­vore della quan­tità. Ri­por­tare il fu­turo al cen­tro della po­li­tica ri­lan­ciando scuola, uni­ver­sità e ri­cerca me­diante ac­corti in­ve­sti­menti sulla qua­lità e nuove as­sun­zioni in base al me­rito: ecco un’altra prio­ri­tà­del go­verno. Al­tri Paesi, da­gli Stati Uniti alla Ger­ma­nia alla Fran­cia, stanno in­ve­stendo in istru­zione e ri­cerca come mezzi per com­bat­tere la crisi eco­no­mica; in Ita­lia si fa l’opposto. E tempo di rom­pere que­sto iso­la­mento, re­cu­pe­rando l’alta tra­di­zione ita­liana e ri­col­lo­cando al cen­tro il si­stema pub­blico di istru­zione an­zi­ché, come si è fatto ne­gli ul­timi anni, de­po­ten­ziarlo in fa­vore del set­tore pri­vato.
Que­sti obiet­tivi mi­nimi non sono de­gli op­tio­nal. Essi cor­ri­spon­dono all’orizzonte dei di­ritti pre­scritto dalla Co­sti­tu­zione. La Co­sti­tu­zione, per in­ten­derci, a cui il nuovo go­verno pre­sterà giu­ra­mento, e non una pre­tesa “Co­sti­tu­zione ma­te­riale”. La cen­tra­lità della cul­tura è scol­pita nell’art.9: «La Re­pub­blica pro­muove lo svi­luppo della cul­tura e la ri­cerca scien­ti­fica e tec­nica. Tu­tela il pae­sag­gio e il pa­tri­mo­nio sto­rico e ar­ti­stico della Na­zione». Au­to­no­mia delle uni­ver­sità, cen­tra­lità della scuola pub­blica, di­ritto allo stu­dio (art. 33–34), li­bertà di pen­siero (art. 21) sono aspetti del di­ritto alla cul­tura, es­sen­ziale allo svi­luppo della per­so­na­lità in­di­vi­duale (art. 3) e al «pro­gresso spi­ri­tuale della società»(art.4).
Que­sti prin­cipi fon­da­men­tali dello Stato sono co­stan­te­mente di­sat­tesi con l’alibi di una “tec­ni­cità” che pro­duce ta­gli, ma non svi­luppo. De­vono tor­nare al cen­tro delle po­li­ti­che del go­verno, nel loro nesso con al­tri di­ritti es­sen­ziali san­citi dalla Co­sti­tu­zione: il di­ritto alla sa­lute (art. 32), il di­ritto al la­voro (art. 4), la «pari di­gnità so­ciale». (art. 3). La di­sgre­ga­zione, anzi la “ma­cel­le­ria so­ciale” che è sotto i no­stri oc­chi ha in que­sti prin­cipi il suo ri­me­dio: per­ché solo se i di­ritti sono ri­co­no­sciuti è pos­si­bile esi­gere «l’adempimento dei do­veri in­de­ro­ga­bili di so­li­da­rietà po­li­tica, eco­no­mica e so­ciale» (art. 2).
I pro­blemi glo­bali dell’economia e la pes­sima ge­stione dei bi­lanci hanno messo in om­bra que­sti prin­cipi, e il “go­verno tec­nico” ha in­ter­pre­tato il pro­prio man­dato alla luce di un pre­cetto che la Co­sti­tu­zione non con­tiene, anzi nega: la prio­rità dell’economia sui di­ritti. È tempo di met­tere sul ta­volo il con­tra­sto fra la ne­ces­sità (che tutti ri­co­no­scono) di ri­sa­na­mento dei bi­lanci e l’obbligo (che molti di­men­ti­cano) di ri­spet­tare la le­ga­lità co­sti­tu­zio­nale. La “ri­cetta tecni ca” di ta­gliare alla cieca la spesa so­ciale ha pro­dotto solo re­ces­sione, di­soc­cu­pa­zione, di­sor­dine. Per uscire da que­sto vi­colo cieco oc­corre re­pe­rire con ur­genza nuove ri­sorse, com­bat­tendo con fatti e non pa­role l’enorme eva­sione fi­scale: 142,47 mi­liardi di euro di tasse non pa­gare nel solo 201 l (dati Con­f­com­mer­cio). Re­cu­pe­ran­done al­meno la metà, si po­trebbe co­min­ciare a sa­nare il de­bito pub­blico e in­ve­stire in scuola, ri­cerca, pa­tri­mo­nio, sa­nità, in­ne­scando pro­cessi vir­tuosi di sti­molo della crea­ti­vità e dell’economia. Una sana spen­ding re­view do­vrebbe can­cel­lare spese vane o dan­nose, a co­min­ciare dal ponte sullo Stretto e da al­tre “grandi opere”, dall’acquisto in­sen­sato di ae­rei da guerra e som­mer­gi­bili, da in­ter­venti one­rosi e fal­li­men­tari come il “sal­va­tag­gio” Alitalia.
Qua­li­fi­care la spesa ca­po­vol­gendo le prio­rità dei go­verni di que­sta le­gi­sla­tura è il primo passo verso un rin­no­vato ruolo dell’Italia in Eu­ropa. Per non es­sere a ri­mor­chio de­gli gnomi delle Borse, l’Italia deve fare ap­pello alle enormi ener­gie crea­tive dei cit­ta­dini, che hanno nella no­stra sto­ria, arte, cul­tura il loro ine­sau­ri­bile te­soro. È un “conto in banca” che non è quo­tato in Borsa, ma vale più di qual­siasi spread. Di­men­ti­carlo è de­lit­tuoso, an­che per­ché con­danna l’Italia a un ruolo gre­ga­rio in­de­gno delle sue po­ten­zia­lità. Pro­muo­ver­loè ne­ces­sa­rio, per ri­lan­ciare un’idea di Stato-comunità che co­strui­sce e di­fende i di­ritti delle ge­ne­ra­zioni fu­ture. La Co­sti­tu­zione non va cam­biata, va ri­letta alla luce del pre­sente, come la Carta della no­stra iden­tità cul­tu­rale. Per­ché, molti eco­no­mi­sti oggi lo ri­co­no­scono, la di­stru­zione dell’identità sto­rica di­sgrega la so­cietà e ne ri­duce la pro­dut­ti­vità, men­tre ogni “cre­scita en­do­gena” si fonda sul pieno re­cu­pero dell’autocoscienza cul­tu­rale delle co­mu­nità. Uno sguardo lun­gi­mi­rante, una con­sa­pe­vole ca­pa­cità di fu­turo: que­sto, si­gnor pre­si­dente, gli ita­liani aspet­tano dal nuovo governo.

domenica 13 gennaio 2013

Da Exibart un bellissimo articolo a firma di Marcello Carriero



Leggo on-line sul sito di Exibart (http://www.exibart.com), questo notevole articolo a firma di Marcello Corriero. Per se lo fosse perso lo condivido per voi.


Il mito d'oggi dell'arte contemporanea
Sulla falsariga del celebre Miti d'oggi di Roland Barthes, vi proponiamo una lettura del fantastico mondo dell'arte contemporanea. I suoi protagonisti, le opere più discusse e i suoi simulacri. Ma soprattutto quel suo particolare slittare verso il mondo della comunicazione che appiattisce dissenso, critica e pratica curatoriale. Inguaribili pessimisti?  
di Marcello Carriero 
Quanti hanno visto dal vero il teschio di diamanti di Hirst, il suo squalo in formalina, il Papa collassato sotto il meteorite di Cattelan, una performance di Marina Abramović? Pochi, in confronto a quanti riconoscono in quelle immagini delle opere d'arte contemporanea, ignorandone il titolo, ricordandole così come ho appena fatto, il teschio, lo squalo, il Papa. Tutte queste opere, e potremmo aggiungerne molte altre alla lista, sono diventate più famose di coloro che le hanno ideate, sono miti d'oggi alla stregua dell'Iphone e You tube, di facebook e dei voli low cost anzi, per certi versi, ne sono conseguenza. Sfuggendo ogni merito sostanziale il mito dell'arte contemporanea è figlio della comunicazione, anzi di un sistema di comunicazione, l'oggetto mitico vive della sua immagine che è il modo in cui esso si esprime. Questo modo è stabilito e gestito oggi dal potere finanziario che opera tramite la suggestione rafforzativa del prezzo corollario invisibile dell'immagine sua cornice enfatica. È giusto però partire dall'inizio.
Com'è ovvio nell'affrontare quest'argomento non si può prescindere dal processo, indicato peraltro da Roland Barthes nel celeberrimo Mythologies, di allontanamento del senso originario dell'opera d'arte, man mano che si fa forma mitica, dal sapere che l'ha prodotta, da una memoria dalla comparazione di idee e dalle scelte conseguenti. L'opera d'arte, infatti, non muore nella sua immagine, anzi, sopravvive, ma in maniera intermittente, più la forma si assoggetta alla comunicazione più quest'intermittenza, si affievolisce, si dirada sino a scomparire e mutare in una luce che nuovamente illumina quella forma, quell'immagine. L'arte, una volta uscita dalla continuità genealogica della storia dell'arte diviene fatto contemporaneo, come tale tende ad alimentarsi della cronaca usando sia la disseminazione e la dissolvenza dei contenuti per schiacciare la memoria sulla contingenza, sia una controversa fuga dal mondo reale per fornire un alibi all'immaginazione.




Da un lato l'arte sembra la celebrazione del passato per l'uso della citazione, della copia, che indica una filiazione, dall'altro trova asilo nella teoria dell'immagine per muoversi in una realtà che ha definitivamente sciolto ogni legame con la letteratura critica. Il discorso per immagini stimola un uso disinvolto della pratica interpretativa che risponde a uno sguardo che interroga continuamente la simulazione e scruta le modalità di vivere nella simulazione. Oggi lo sguardo è orientato verso un'estensione del soggetto e verso uno spazio condiviso, perciò vede la differenza scegliendo un'identità simbolica riflessa nei gusti personali e cerca un dialogo globale con altri modi di guardare la realtà, pertanto di materiale condivisibile. In questa condivisione i contenuti originari dell'arte sono inevitabilmente dissolti. Tra archiviazione di immagini e trasmissione, s'inseriscono operazioni di montaggio e giustapposizione, elaborazioni ed alterazioni sino alla radicale manipolazione. La volontà di mostrare, preponderante sulla volontà di trasmettere senso, eliminate le idee, le sostituisce con il divertimento, con un passatempo culturale. Per un rovesciamento di ruoli, il processo di risarcimento del vuoto di senso, e di contenuti, viene affidato ad un immaginario basato sul narcisismo, sull'aggressività, sulla riflessività, in pratica sull'efficacia della comunicazione.
Ecco quindi che quando l'arte entra nella strategia della comunicazione dal cesso (Duchamp) all'eccesso (Hirst) è gestita con una brama consensuale; sicché l'eclettismo non diventa altro che un ampio ventaglio di possibili formule usate per tacitare ogni dissenso, ogni dubbio e, cosa ancor più grave, un modo per rendere possibile qualsivoglia emulazione. Il Mito d'oggi non è quindi l'opera di Duchamp, ma la sua immagine, l'orinatoio non Fountain del 1917 di cui non importa né ricordare il titolo né il significato ossia la fatidica capriola dal mondo delle merci a quello dell'arte. Nel suo ritorno a quello delle merci da immagine promozionale, l'orinatoio ha la stessa valenza di una cantante pop. Il volteggio, che fa ruotare di 90 gradi Fountain rimettendolo a posto come un cesso, è l'effetto di una strategia collaterale che cancella ogni portato ideologico e stocca le opere d'arte in un serbatoio iconico da dove la comunicazione attinge in momenti di bisogno. La critica curatoriale quando si allea con la comunicazione assume aspetti a dir poco paradossali, ad esempio usa una prosa intenzionalmente rivolta a far piazza pulita dei luoghi comuni e a denunziare l'arretratezza culturale, ma che finisce per essere la base consensuale di un'operazione di marketing.
Perfino nel campo letterario un libro come L'arte contemporanea spiegata a tuo marito, di Mauro Covacich alla fine risulta essere una specie di manuale per la formazione del colto uomo contemporaneo. Così, una volta individuato il soggetto, si profila la tipologia di un pubblico già in grado già di identificare il critico d'arte in Vittorio Sgarbi o lo stravagante cultore in Philippe Daverio, e si configura un'audience.
A questo pubblico era probabilmente rivolta la puntata di Quelli che il calcio condotta da Victoria Cabello che giocava, (l'ha imparato dal suo ex Cattelan?), sull'accostamento tra Marini (Valeria) e Marina (Abramović) fallendo il trasporto della prima nell'arte contemporanea ma portando l'altra nel calderone mediatico, non a caso, infatti, la mostra della performer balcanica a Milano è stata salutata come un evento alla moda e come tale commentato. Non è giusto però liquidare la medializzazione dell'arte contemporanea e, conseguentemente, condannare in toto la sua mitizzazione. Le opere d'arte contemporanea, vittime del consumo delle proprie immagini esercitano un fascino per contrasto. Questo consumo, anche quando, in effetti, è obiettivo principale dell'artista, viene eluso dall'opera d'arte che si ritrae in quella dimensione temporale, descritta benissimo da Giorgio Agamben, costituita in anticipo su se stessa e per quest'anticipazione sempre in ritardo. Si comprende, quindi, come ogni opera d'arte, avendo una speciale relazione con il passato, si collochi tra la dimenticanza dell'estremamente remoto e l'incombente sparizione a venire, così da allontanarsi dalla sua immagine che di solito cerca di sanare l'incertezza di un presente dove non siamo mai stati, eppure è proprio in questa incertezza che la riconosciamo.

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 81. Te lo sei perso? Abbonati!


sabato 5 gennaio 2013

Da Dagospia... "CHI HA UCCISO IL CRITICO D’ARTE? IL CURATORE!



Non sono un assiduo frequentatore del sito di Roberto D'Agostino: Dagospia (http://www.dagospia.com)...
ma quando ci vuole, ci vuole. 
L'articolo intitolato "CHI HA UCCISO IL CRITICO D’ARTE? IL CURATORE! - REALIZZATO IL SOGNO DI TUTTI GLI OBRIST DEL MONDO: I CURATORI ORMAI DOMINANO L’ART SYSTEM - LA CURATRICE DI “DOCUMENTA 13”, CAROLYN CHRISTOV-BAGARGIEV, E’ IN VETTA ALLA CLASSIFICA DEI PERSONAGGI PIU’ INFLUENTI - ESPERTO DI MANAGEMENT E VISIONARIO CREATIVO, IL CURATORE D’ARTE DETTA LEGGE - CHI LO UCCIDERA’? L'ARTISTA AUTARCHICO ALLA DAMIEN HIRST, SUPERSTAR E REGISTA DI SE STESSO…" merita davvero! 

ecco il link dove poterlo leggere:

mercoledì 2 gennaio 2013

Come investire nel 2013... con piccola polemica


E' uscito qualche giorno fa, allegato al Corriere della Sera, il consueto piccolo vademecum su come investire i propri risparmi in questo neonato 2013.
E come sempre trova, giustamente, ampio spazio anche l'investimento in arte.
Anche quest'anno, gli autori, formulano un elenco di 200 artisti "consigliati".
E anche quest'anno mi fa immenso piacere trovare tanti artisti che stimo, ammiro e che spesso hanno trovato spazio e visibilità anche in questo blog. 
Però...
Si, come recita una nota pubblicità, c'è sempre un però. 
Senza nulla togliere ai 200 indicati, che ripeto, meritano senza ombra di dubbio essere lì, di fronte ad una analisi un po' meno superficiale, emerge un dato, questo: qualcuno potrebbe dire i soliti noti, qualcun'altro potrebbe affermare che l'elenco non è pienamente esaustivo ma se analizzate bene l'elenco ed abbinate il nome dell'artista al proprio gallerista di riferimento, vi accorgerete che quest'ultimi sono loro, i soliti noti... e questo è figlio di un vizio tipicamente italico. Questo è il "però" sul quale pongo l'accento. Una visione parziale e condizionata, che resa "ufficiale" dal più importante quotidiano nazionale assume le proporzioni del "fuorviante". Anch'io, qualche giorno fa, ho redatto una sorta di elenco, ma i lettori che seguono questo blog, hanno imparato a dare il giusto peso a quello che scrivo e dico. Se l'elenco è redatto dal Corriere assume una "ufficilità" che quanto meno dovrebbe essere imparziale. E così non è!
Comunque oltre all'elenco, è molto interessante l'analisi che viene usata come argomentazione sull'investimento in arte e in un momento storico/sociale come quello che stiamo vivendo, oramai da qualche anno, il consiglio di investire in questo settore è più che mai ricco di fondamenti. 
Investite gente, investite.