Si è inaugurata questa sera allo Studio Gustalla di Milano, la mostra del grande Isgrò, genio del XX secolo. Da vedere!
Emilio Isgrò. La cancellatura e altri particolari. Opere 1966-1933
Studio Guastalla, Via Senato 24, Milano
Inaugurazione giovedì 24 maggio 2012 ore 18
Sarà presente l’artista
Catalogo in galleria con un’intervista di Silvia Guastalla a Emilio Isgrò
La mostra sarà aperta fino al 27 luglio
Orari: 10-13 15-19, chiuso lunedì e festivi
Con questa mostra che inaugura giovedì 24 maggio Studio Guastalla propone trentacinque opere che rappresentano i momenti più salienti della produzione "storica" di Emilio Isgrò, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Le celebri Cancellature (tra cui una delle prime, un volume cancellato nel 1969 del Dizionario Enciclopedico Utet, oltre ad alcuni volumi cancellati dell'Enciclopedia Treccani, a due mappe geografiche, ad alcuni Telex e ad altri libri) sono testi in cui l’artista ha coperto le righe scritte con i tipici segni neri della censura, lasciando solo alcune parole. Nelle lettere estratte dal contesto compare, solitaria, all’interno di grandi campiture bianche, una lettera (o una nota musicale), che l’artista dichiara di aver estratto da una parola (o da uno spartito). I particolari sono grandi macchie grigie (apparentemente forme astratte), che in realtà, come veniamo a sapere da una frase in italiano e in inglese, sono una parte piccolissima dell’immagine in bianco e nero di un personaggio famoso, tratta probabilmente da un giornale, ingrandita un numero di volte dichiarato con precisione matematica. Di quale parte del corpo non è dato sapere: l’ingrandimento in realtà “cancella” la visione complessiva. I "Kissinger" sono grandi campiture grigie in cui l'artista invita a vedere, attraverso sottostanti frasi in latino, il celebre statista americano - ovviamente invisibile - mentre scende dall'aereo o compie altre azioni. Le Storie rosse alludono all'epopea delle rivoluzioni novecentesche attraverso grandi campiture rosse (il colore mitografico del proletariato in lotta), che "cancellano" la figura eroica (Trotskij nel caso dell'opera esposta in questa mostra) di cui una didascalia racconta le gesta. Gesta che però non sono eroiche, ma banalmente quotidiane: Trotskij cade, Fidel Castro sale, Mao Tsetung dorme, Rosa Luxemburg passeggia...
Cancellare, correggere, ingrandire, nascondere, ingigantire, coprire con il colore: si tratta, come suggerisce il titolo della mostra, di varie e multiformi versioni della cancellatura, di quella operazione di "igiene mentale del linguaggio" che, nata in un clima di avanguardia, quasi mezzo secolo fa, rivela ancora una grande vitalità e capacità di indurre alla riflessione.
Isgrò non cancella per censurare, il suo non è un gesto distruttivo, bensì creativo. La cancellatura serve a rivelare la parola non cancellata, a farla germogliare, a farla entrare in contatto con altre parole lontane nel testo, sprigionando così nuovi significati. La cancellatura, come tutte le altre operazioni sulla lingua e sull'immagine che Isgrò realizza negli anni '60 e '70 (le frasi tradotte in varie lingue, l’uso del latino per descrivere situazioni contemporanee, le forme dilatate fino a risultare irriconoscibili) è un processo rigenerativo della parola e della comunicazione, è un tentativo, riuscito, di attaccare e decostruire la pretesa di univocità e di veridicità dei messaggi, di svelarne i limiti, di denunciarne l’illusione di inconfutabilità, di liberare il segno da una relazione “automatica” con il significato. Isgrò dilata attraverso la cancellatura il potere evocativo della parola e dell'immagine, creando legami imprevisti e spiazzanti che a distanza di decenni, in un mondo ormai completamente saturo di informazioni, ci chiedono di soffermarci a cercare il senso meno ovvio delle parole.
Ironia, straniamento, echi della sofistica greca creano in queste opere un corto circuito fecondo, che a distanza di anni dalla loro creazione risulta potenziato nella sua capacità di stravolgere il senso comune della comunicazione dal fatto che personaggi come Craxi, Giscard d'Estaing, Kissinger o Mao sono ormai sottratti all'attualità.
"Io non lavoro sulla clonazione planetaria” scrive Isgrò. “Non ingrandisco ciò che di per sé è fin troppo vistoso, e dunque non ha bisogno di ingrandimenti ulteriori. Io, più modestamente, ingrandisco l'invisibile. Il seme che non si vede. Ma c'è."
Sottoposti quotidianamente alla tortura di troppe immagini e di troppi messaggi - tanto che da più parti viene ormai invocata la necessità di una periodica "cancellatura" della comunicazione, sotto forma di spegnimento della connessione a internet e ai social network - le opere di Isgrò hanno la capacità di accompagnarci, con la leggerezza dell’ironia, "oltre lo specchio" dei significati scontati, ingrandendo per noi ciò che merita di essere visto ma non è sotto gli occhi di tutti.
Contemporaneamente alla Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea in Via Tadino 15 “Var Ve Yok”, La mostra è cancellata, di Emilio Isgrò
Sarà presente l’artista
Catalogo in galleria con un’intervista di Silvia Guastalla a Emilio Isgrò
La mostra sarà aperta fino al 27 luglio
Orari: 10-13 15-19, chiuso lunedì e festivi
Con questa mostra che inaugura giovedì 24 maggio Studio Guastalla propone trentacinque opere che rappresentano i momenti più salienti della produzione "storica" di Emilio Isgrò, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Le celebri Cancellature (tra cui una delle prime, un volume cancellato nel 1969 del Dizionario Enciclopedico Utet, oltre ad alcuni volumi cancellati dell'Enciclopedia Treccani, a due mappe geografiche, ad alcuni Telex e ad altri libri) sono testi in cui l’artista ha coperto le righe scritte con i tipici segni neri della censura, lasciando solo alcune parole. Nelle lettere estratte dal contesto compare, solitaria, all’interno di grandi campiture bianche, una lettera (o una nota musicale), che l’artista dichiara di aver estratto da una parola (o da uno spartito). I particolari sono grandi macchie grigie (apparentemente forme astratte), che in realtà, come veniamo a sapere da una frase in italiano e in inglese, sono una parte piccolissima dell’immagine in bianco e nero di un personaggio famoso, tratta probabilmente da un giornale, ingrandita un numero di volte dichiarato con precisione matematica. Di quale parte del corpo non è dato sapere: l’ingrandimento in realtà “cancella” la visione complessiva. I "Kissinger" sono grandi campiture grigie in cui l'artista invita a vedere, attraverso sottostanti frasi in latino, il celebre statista americano - ovviamente invisibile - mentre scende dall'aereo o compie altre azioni. Le Storie rosse alludono all'epopea delle rivoluzioni novecentesche attraverso grandi campiture rosse (il colore mitografico del proletariato in lotta), che "cancellano" la figura eroica (Trotskij nel caso dell'opera esposta in questa mostra) di cui una didascalia racconta le gesta. Gesta che però non sono eroiche, ma banalmente quotidiane: Trotskij cade, Fidel Castro sale, Mao Tsetung dorme, Rosa Luxemburg passeggia...
Cancellare, correggere, ingrandire, nascondere, ingigantire, coprire con il colore: si tratta, come suggerisce il titolo della mostra, di varie e multiformi versioni della cancellatura, di quella operazione di "igiene mentale del linguaggio" che, nata in un clima di avanguardia, quasi mezzo secolo fa, rivela ancora una grande vitalità e capacità di indurre alla riflessione.
Isgrò non cancella per censurare, il suo non è un gesto distruttivo, bensì creativo. La cancellatura serve a rivelare la parola non cancellata, a farla germogliare, a farla entrare in contatto con altre parole lontane nel testo, sprigionando così nuovi significati. La cancellatura, come tutte le altre operazioni sulla lingua e sull'immagine che Isgrò realizza negli anni '60 e '70 (le frasi tradotte in varie lingue, l’uso del latino per descrivere situazioni contemporanee, le forme dilatate fino a risultare irriconoscibili) è un processo rigenerativo della parola e della comunicazione, è un tentativo, riuscito, di attaccare e decostruire la pretesa di univocità e di veridicità dei messaggi, di svelarne i limiti, di denunciarne l’illusione di inconfutabilità, di liberare il segno da una relazione “automatica” con il significato. Isgrò dilata attraverso la cancellatura il potere evocativo della parola e dell'immagine, creando legami imprevisti e spiazzanti che a distanza di decenni, in un mondo ormai completamente saturo di informazioni, ci chiedono di soffermarci a cercare il senso meno ovvio delle parole.
Ironia, straniamento, echi della sofistica greca creano in queste opere un corto circuito fecondo, che a distanza di anni dalla loro creazione risulta potenziato nella sua capacità di stravolgere il senso comune della comunicazione dal fatto che personaggi come Craxi, Giscard d'Estaing, Kissinger o Mao sono ormai sottratti all'attualità.
"Io non lavoro sulla clonazione planetaria” scrive Isgrò. “Non ingrandisco ciò che di per sé è fin troppo vistoso, e dunque non ha bisogno di ingrandimenti ulteriori. Io, più modestamente, ingrandisco l'invisibile. Il seme che non si vede. Ma c'è."
Sottoposti quotidianamente alla tortura di troppe immagini e di troppi messaggi - tanto che da più parti viene ormai invocata la necessità di una periodica "cancellatura" della comunicazione, sotto forma di spegnimento della connessione a internet e ai social network - le opere di Isgrò hanno la capacità di accompagnarci, con la leggerezza dell’ironia, "oltre lo specchio" dei significati scontati, ingrandendo per noi ciò che merita di essere visto ma non è sotto gli occhi di tutti.
Contemporaneamente alla Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea in Via Tadino 15 “Var Ve Yok”, La mostra è cancellata, di Emilio Isgrò
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