Trovo, leggo e condivido con voi questa interessantissima intervista fatta dall'amico Fortunato D'Amico per http://www.lastampa.it a Beatrice Merz.
Leggetela con attenzione, merita!
Beatrice Merz e l'arte delle connessioni
di Fortunato D'Amico
FDA- Come sei arrivata ad assumere l' incarico di direttore artistico al Castello di Rivoli?
BM-
Nel 2009 il Consiglio di Amministrazione optò per una co-direzione
del Museo nominando Andrea Bellini ed un altro referente scelti
all’interno di una rosa preselezionata. Essendo uno dei membri del
comitato di segnalazione dei nominativi alla direzione, anche se a mia
volta ottenni diverse nomination, per evidenti ragioni il mio nominativo
fu estromesso dai possibili candidati ma, a seguito della rinuncia
all’incarico di uno dei due direttori nominati, venni proposta
praticamente all’unanimità dagli altri membri della commissione e quindi
– come puoi ben immaginare - la nomina mi colse di sorpresa. L’aver
ottenuto questo prestigioso incarico rappresentò e rappresenta tuttora
per me una grande sfida ed al contempo una preziosa opportunità di
crescita professionale, sebbene non nasconda che, sin dagli esordi, la
co-direzione abbia rappresentato un iter complesso dal momento che era
necessario condividere scelte e metodi operativi con una persona
radicalmente diversa da me. Ciononostante ritengo che l’esperienza di
co-direzione recentemente conclusa sia stata stimolante e produttiva per
entrambi.
FDA- Il territorio
come ha accolto
l
a presenza di questo museo?
BM-
La storia del Museo è abbastanza singolare tanto che tutti noi
appartenenti al mondo dell’arte abbiamo seguito le controversie che ne
hanno preceduto l'apertura. Quando finalmente nel dicembre del 1984 il
Museo è stato inaugurato, è stato chiaro fin da subito si trattava del
primo museo d’arte contemporanea in Italia definibile in quanto tale.
FDA- Cosa rappresenta il Museo di Rivoli nel sistema culturale della nostra nazione?
BM- Un’esplosione d'interesse per
l’arte contemporanea italiana che ha coinvolto anche i livelli
istituzionali. Inizialmente il sistema era gestito solo da galleristi e
dagli stessi artisti con modalità che rasentavano quelle di un circuito
esclusivamente privato. Finalmente, con l’apertura del Museo di Rivoli,
la figura dell’istituzione pubblica ha fatto un grande passo in avanti
facendo il suo ingresso nella strategia di promozione culturale di nuovi
movimenti artistici. In confronto ad altri paesi, l’Italia è sempre
stata molto carente dal punto di vista del contemporaneo in generale:
per questo il Castello di Rivoli rappresenta la punta di diamante di un
possibile sistema dell'arte tuttora in continua evoluzione.
FDA- Quali le sono state le tappe fondamentali di questo cammino?
BM- Sin dall’apertura, il Museo
rivelò la propria genetica poiché Rudi Fuchs, l’allora direttore, già a
partire dalla mostra inaugurale stabilì una precisa linea di gestione
degli eventi espositivi orientata non solo alla mera esposizione delle
opere, ma anche alla loro raccolta. All’epoca, ovviamente, il Castello
di Rivoli non disponeva ancora di una propria collezione permanente,
sicché in qualche modo dobbiamo a lui l'imprinting che ha caratterizzato
i successivi momenti di crescita dell’istituzione. Un nuovo museo
d’arte contemporanea deve costruire una propria collezione che ne
caratterizzi le peculiarità e questa rimane anche oggi una delle nostre
priorità. Credo infatti che anche le mostre temporanee, momenti
significativi della cultura contemporanea, debbano essere orientate in
questo senso. Si sono realizzate nel tempo, ma anche in questi ultimi
tre anni, importanti mostre temporanee collettive e personali che hanno
proposto al nostro pubblico la conoscenza di nuovi artisti ma,
parallelamente, la frequente rotazione della collezione ha permesso di
accrescere la vitalità dell’offerta del Museo ed è per questo che in
questi tre anni di lavoro mi sono volutamente concentrata sulla
collezione, inserendo via via le nuove acquisizioni all’interno di un
percorso linguistico in divenire, a partire da Tutto è Connesso nel
2010, ad Arte Povera International nel 2011 fino all’attuale display di
Oltre il muro.
FDA- Il museo in questi anni ha integrato altre attività e servizi?
BM- A questo proposito è bene
ricordare un punto di forza del nostro Museo: il Dipartimento
Educazione, il cui lavoro inizialmente veniva percepito come
sperimentale, mentre oggi è riconosciuto di vitale importanza per le
istituzioni culturali del nostro Paese. Il Dipartimento, la cui attività
completa e supporta con iniziative mirate l’offerta culturale del
Museo, si occupa di formazione dall’età prescolare alla terza età
proponendo di volta in volta progetti speciali. Tra le varie iniziative,
ad esempio, l’estate scorsa il Museo ha ospitato la Summer School. Il
progetto prevedeva un intenso programma di attività e laboratori
condotti non solo da vari dipartimenti educazione e dalle scuole, ma
anche da singoli individui o curatori. Al fine di valorizzare
ulteriormente le figure professionali afferenti alla cultura, è stato
inoltre attivato un Master di Formazione in collaborazione con
l'Università del Piemonte Orientale. Inoltre il Museo ha al suo attivo
una ricca biblioteca specializzata. Parallelamente organizziamo con
regolarità eventi collaterali di richiamo per il pubblico e di
integrazione culturale alle attività espositive. Ad esempio ha avuto
molto successo il recente programma di incontri di approfondimento
storico con gli autori de La Storia siamo noi organizzato a latere della
mostra curata da Marcella Beccaria La storia che non ho vissuto
(testimone indiretto).
FDA- Quali sono le conseguenze di questa ricaduta sociale?
BM- Siamo soddisfatti
dell'interesse che il Museo continua a suscitare nei confronti del
pubblico. Un dato significativo, in questo senso, è l'incremento dei
visitatori del 10% registrato nel 2011 che a sua volta sta ulteriormente
crescendo. Mi piace ripetere che la crescita culturale e la conoscenza
della contemporaneità dei cittadini è un diritto e che il museo è
garante di tale diritto. Spesso però il nostro lavoro si scontra con
problematiche operative che rischiano di vanificare molti dei nostri
sforzi. Infatti un obiettivo di carattere strategico e territoriale è
rappresentato dal tentativo di mettere a punto un sistema efficiente di
mezzi di trasporto che agevolino il pubblico e favoriscano l’accesso al
Museo. Purtroppo l’attuale cantiere impiantato su tutta l’area del
piazzale che circonda il Castello, e che avrà presumibilmente la durata
di un intero anno, di fatto rischia di impedire il normale svolgimento
dell’attività museale non solo per quanto riguarda la movimentazione
delle opere e l’allestimento delle mostre, ma anche in quanto fortemente
vincolante per l’accesso dei visitatori. Proprio per venire incontro ai
possibili disagi del pubblico, stiamo sperimentando l’ingresso
gratuito.
FDA- Per quanto riguarda la promozione delle vostre attività, siete
indipendenti oppure fate parte di un sistema di circuiti che si occupa
della comunicazione?
BM- Dal punto di vista promozionale
il Castello di Rivoli è autonomo, sebbene il Museo sia da tempo
inserito nei principali circuiti turistici della città così come del
resto lo sono tutte le maggiori istituzioni culturali cittadine. È
infatti fondamentale riuscire a trasmettere ai visitatori la cultura del
territorio. La definizione di un buon programma di comunicazione,
insieme all'ottimizzazione dei costi gestionali, rappresenta uno degli
obiettivi principali della nostra struttura. Per poter aumentare la
visibilità, sarebbe però necessario attivare su base nazionale un serio
lavoro di promozione destinato a tessere una rete efficiente di
collegamenti e scambi con le altre istituzioni culturali italiane.
FDA-
Anche in questa direzione potete portare un valido contributo per le attività che avete svolto di recente.
BM-
Certamente. Ne è un esempio la grande mostra sull’Arte Povera curata
da Germano Celant, importante non solo per la valenza
scientifico-culturale e storiografica dell’evento - che di per sé non
aveva più necessità di ambire a storicizzare il movimento artistico -
quanto alla vera e propria “messa in rete” del Museo. Infatti il
progetto ha visto coinvolte ben sette città italiane e otto istituzioni
culturali che hanno lavorato insieme, coordinate proprio dal Castello di
Rivoli e dalla Triennale di Milano.
FDA- Cos'è cambiato dopo la partenza di Andrea Bellini?
BM- Di fatto passare alla direzione unica ha snellito alcune procedure operative e di programmazione.
FDA-
Cosa può fare l'arte contro questa crisi che sta attraversando l'Europa?
BM- Storicamente l’arte ha sempre rispecchiato le problematiche
sociali, politiche e i mutamenti storici. Gli artisti con la loro
sensibilità sono termometro delle situazioni nelle quali vivono.
Rappresentano con le loro reazioni il valore della democrazia. Dobbiamo
saperli guardare, leggerli, ascoltare e trarne messaggi, individuali o
collettivi. Io personalmente ho imparato molto, forse anche altri
possono raccogliere stimoli, suggerimenti, valori.
FDA- Come siete organizzati per la vendita delle mostre prodotte al
Castello di Rivoli verso altre strutture espositive internazionali?
BM-
Proprio uno degli aspetti più significativi del nostro lavoro è il
tessere una rete di rapporti internazionali tra musei. Questo
costituisce la possibilità di “esportare” all’estero le mostre da noi
ideate, condividere con altri pubblici le scelte culturali, permettere
agli artisti in cui crediamo di crescere, così pure il far conoscere
meglio la collezione permanente del Museo. Da sempre le opere della
collezione del Museo vengono concesse in prestito per essere esposte
nelle più prestigiose sedi museali internazionali. Lo scorso anno,
nell’ambito del programma di scambio 2011 Anno della Cultura e della
Lingua italiana in Russia e della Cultura e della Lingua russa in
Italia, con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri il
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea ha presentato un
consistente nucleo di lavori appartenenti al movimento dell’Arte Povera
al MAMM Multimedia Art Museum Moscow. Successivamente l’istituzione
russa ha prestato alcune opere della propria collezione al Castello di
Rivoli, permettendo l’allestimento della rassegna Russian Cosmos.
Ritengo quindi che questa modalità di scambio, soprattutto in tempo di
crisi, rappresenti una valida opportunità di creare network, di
scambiarsi patrimoni. La recente mostra dedicata a Luigi Ontani è stata
ospitata da Le Consortium di Digione e successivamente alla Kunsthalle
di Berna, mentre la personale di Piero Gilardi, dopo essere stata
allestita nella Manica Lunga del Museo, è attualmente ospitata al Van
Abbemuseum di Eindhoven e l’anno prossimo sarà presentata al Nottingham
Contemporary, in Gran Bretagna. La mostra di Thomas Schütte è stata
invece frutto di una collaborazione internazionale come lo sarà la
retrospettiva sull’artista cubana Ana Mendieta.
FDA- Avete organizzato una strategia di vendita delle mostre?
BM- Più che di vendita vera e propria si tratta di intensificare
la politica di scambi che, come già detto, è attiva da parecchio tempo
e, come testimoniano le recenti operazioni, sicuramente proficua. Alla
strategia individuale dovrebbe però affiancarsi una più intensa
programmazione di scambi culturali a livello nazionale. Ad esempio, in
occasione di un recente viaggio in Israele organizzato dall’Ambasciata
d’Israele in Italia al quale hanno partecipato numerosi direttori di
museo e curatori associati all’AMACI, si è ancor più rafforzata la
necessità di condividere a livello internazionale il proprio know-how e
il proprio patrimonio. Questa esperienza, oltre a portare molti di noi a
conoscere una nuova realtà, ha incrementato la visibilità dei nostri
musei.
FDA- Artissima: una fiera con molte ambizioni internazionali. Come è andata quest'anno?
BM-
Questa edizione di Artissima ha visto rafforzarsi la naturale
collaborazione tra la fiera e le istituzioni culturali dedicate al
contemporaneo, operando preziose sinergie con il territorio. Il Castello
di Rivoli ha quindi accettato con entusiasmo di partecipare al progetto
It’s not the end of the world co-producendo la mostra Paola Pivi.
TULKUS 1880 to 2018 ora in corso nella Manica Lunga. Molte altre
attività e incontri ci hanno visto protagonisti. La fiera è stata di
qualità e, grazie al sostegno della Fondazione CRT per l’Arte Moderna e
Contemporanea, abbiamo potuto acquisire nuove opere che hanno arricchito
la nostra collezione permanente.
FDA- Quali altre mostre e attività avete in programma per il 2013?
BM- A fine gennaio la Manica Lunga
ospiterà la rassegna Ana Mendieta. She Got Love, prima grande
retrospettiva europea dedicata all’artista cubana che curerò insieme a
Olga Gambari. Il progetto si propone di rileggere la figura dell’artista
come modello e icona per la performance e il video, la body art e la
fotografia, la land art, il ritratto e la scultura. Nel lavoro di
Mendieta confluiscono infatti tutte queste componenti, linguaggi
coniugati in un personalissimo alfabeto visionario e materico, magico e
poetico, politico e progressista che aspirano a raccontare l’identità
femminile a partire dalle radici culturali cubane dell’artista per
arrivare alla donna contemporanea. Parallelamente, al terzo piano del
Museo sarà allestita la rassegna Disobedience Archive, the Parliament a
cura di Marco Scotini. Un’indagine nelle pratiche di attivismo artistico
che sono emerse dopo la fine del modernismo inaugurando nuovi modi di
essere, di dire e di fare. Concepito come un archivio di immagini video,
eterogeneo e in evoluzione, il progetto vuole essere una guida
attraverso le storie e le geografie della disobbedienza politica,
sociale e artistica.
FOTO
1.
a. Beatrice Merz
Direttore Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
b. Il Castello di Rivoli, l’atrio juvarriano e la Manica Lunga
Foto Paolo Pellion, Torino
2.
Jannis Kounellis
Senza Titolo (Untitled), 2009
cappotti, scarpe, fusioni di piombo
dimensioni determinate dall’ambiente
Collezione dell’artista
3.
Allestimento della mostra Oltre il muro
Peter Friedl,
Failed States
Foto Andrea Guermani, Torino
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