Sempre a proposito di Tina Sgrò
Nel post precendete ho dato comunicazione della prossima personale di questa eccellente artista calabrese. Ora trovo, navigando in rete qua e là, una bella intervista alla stessa su AndyMag, rilasciata a Vincenzo Violi (http://www.andymag.com)
La ripropongo:
Tina Sgrò è un’artista visiva la cui ricerca approfondisce il dopo
di un’azione umana, per farci meglio riflettere sul senso delle cose.
Donna sensibile e profonda, per Tina Sgrò “il lavoro dell’artista è una
missione sociale” e non potrebbe essere diversamente anche se oggi,
l’arte contemporanea, inevitabilmente è anche business. Tina ci ha molto
affascinati, conquistati. Non è nostra abitudine evidenziare certi
aspetti del nostro operare quotidiano, specialmente quando si tratta di
“lodare” qualcuno. Ma la missione di Andy è proprio questa: mettere in
primo piano la creatività e il talento delle giovani generazioni.
La ricerca artistica di Tina Sgrò racconta il dopo di un’azione umana
quotidiana. Attimi di sospensione, in grado di innescare non solo una
serie di emozioni forti ma di far riflettere l’osservatore, il tutto con
una grazia ed un senso estetico fuori dal comune. Dopotutto, è questo
che dovrebbe fare l’arte…
Ciao Tina, quando hai deciso di fare la pittrice?
Non
c’è un momento preciso, non scatta l’ora X. E’ un’esigenza interiore,
che ti porti dentro dall’inizio del tuo vivere, anche a livello
inconscio. Quando prendi contatto con l’autocoscienza, senti e consideri
questa esigenza il fulcro della tua esistenza. Così è stato per me.
Ti ricordi il primo quadro che hai realizzato?
Il primo, in assoluto fu un ritratto eseguito con colori ad olio. Mia iniziativa personale, nessuna committenza.
Ma l'arte contemporanea si occupa ancora oggi di critica sociale o è solo business?
Credo
che in questo momento il business prevalga sulla qualità dell’offerta
artistica, anche se vi sono tanti artisti che hanno un ottimo percorso
artistico e ottima qualità nelle opere. Altrettanti offrono dei prodotti
“spazzatura”, che vengono veicolati e introdotti in un mercato globale
che non è capace di distinguere un’opera d’arte da un prodotto
artigianale periferico.
Per fare carriera contano di più le pubbliche relazioni o essere bravi e innovativi?
Diciamo
che sono entrambi elementi importanti. Sono convinta che il talento e
la consapevolezza del proprio percorso siano essenziali, benché spesso
tutto ciò isolatamente non basta. Il lavoro dell’artista è una missione
sociale e ciò deve essere necessariamente supportata da importanti
pubbliche relazioni che ne confermano la validità. Forse in Italia
spesso prevale più questo ultimo aspetto.
Cosa deve contenere un'opera d'arte per essere definita tale?
Un’opera
d’arte deve essere un tramite tra l’artista e il suo prossimo fruitore,
affinché questo ultimo possa assorbire e trarre vantaggio dalle
sensazioni e talvolta dalle innovative vedute della realtà che l’artista
vuole esprimere in quel determinato momento. La tecnica non deve
prevalere: dovrà poi essere il contenuto iconografico a stabilire quali
sono le chiavi di lettura dell’opera. Nelle mie opere è il fruitore a
“costruire” gli oggetti e a dar loro forma e significato.
Cosa desideri che i tuoi lavori comunichino all'osservatore?
Sto cercando di portare avanti una poetica dell’ insignificante, cioè della proposizione differenziata dell’oggetto, di una situazione in genere, rispetto allo sguardo dello spettatore.
Il mio sguardo indaga continuamente, riuscendo ad individuare dietro l'insignificante, una grande dimensione emozionale, oltre…
L’insignificanza costruttiva è la capacità di portare il proprio
personale sguardo a raggiungere obiettivi altri e nascosti, superando
l’iniziale impatto immediato osservando un oggetto o comprendendo un
luogo.
La consacrazione dell’oggetto di uso quotidiano è un
traguardo importante e possibile. E’ significativo trovare e lodare
poesia dietro la “mediocrità” dell’uso giornaliero di un mestolo o di un
piatto, o all’interno di un vivere apparentemente monotono. I miei
dipinti vivono di soggetti fermi, dopo l’immediato movimento/uso. La
figura, assente, ha compiuto l’azione, scomparendo repentinamente. Io
racconto il dopo-azione. La successione di attimi vitali.
Quali sono le difficoltà maggiori che hai per promuovere il tuo lavoro?
Sicuramente
la città dove risiedo a fasi alterne, Reggio Calabria e la sua
posizione geografica e culturale rispetto ad un circuito nazionale
sempre più distante. Gioco/forza faccio affidamento alla rete come mezzo
principale e talvolta essenziale per la diffusione e promozione del mio
lavoro. Supero spesso la difficoltà della lontananza con frequenti
viaggi, come pellegrinaggi dell’anima, verso i luoghi dell’accoglienza
proficua.
C'è un quadro o un Autore che ti hanno ispirato più di ogni altro?
Certamente
LA MORTE DELLA VERGINE del Caravaggio e il QUARTO STATO di Pellizza da
Volpedo. Splendidi. Attualmente sono anche molto presa da Yan Pei Ming,
mio maestro.
Come scegli i soggetti da ritrarre?
Non
c’è una fase logica o un percorso unico ed immodificabile. Sono
bizzarra, instabile forse poco prevedibile e basta un’inquadratura fuori
norma per tirar fuori quell’idea che comunque è già espansa
interiormente. I soggetti sono dentro me da sempre. Amo la sensualità
vellutata delle poltrone e dei sofà di altri tempi, di altre epoche. Di
altri sentimenti.
Ci dai una definizione di creatività?
La
creatività è un viaggio in seggiovia. Guardo tutto ad una certa
distanza dalla terra. E spero che ancora questo mi faccia meravigliare.
Cosa fai quando senti la necessità di distrarti o di isolarti?
Probabilmente
non mi distraggo mai dal mio lavoro. Errore o beneficio, non so.
Comunque esco spesso appena dipingo per più di due o tre ore: mi serve
per capire cosa sto facendo. Isolarmi… Beh che dire….sono stata sempre
isolata. Per un’artista non è una novità.
Viaggi molto per lavoro... che libro c'è nel tuo zaino?
DALLA
PARTE DELLE BAMBINE di Elena Gianini Belotti, IL VANGELO SECONDO LA
SCIENZA di Piergiorgio Odifreddi e il Catalogo delle opere di Yan Pei
Ming (mio pittore preferito).
La cosa che ti emoziona di più?
Starei
ore negli aeroporti, quelli internazionali. Sono tremendamente
affascinata dai decolli e dagli atterraggi. E ciò mi crea anche
emozioni. Ma mi emoziono anche per cose “semplici”, un abbraccio, per
esempio.
Di cosa sei più orgogliosa?
Sono
orgogliosa del mio percorso, della mia struttura animistica e
caratteriale di cui sono l’unica artefice. Ho fatto tutto io, con
estremi sacrifici emozionali e colpi duri subiti. Ma adesso ho qualche
ragione per dire che ho fatto la cosa giusta; dopo il piccolo grande
martirio dell’opposizione, di chi, invece, doveva darmi fiducia e
benevolenza.
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