Per Emilio Tadini nutro una passione sfrenata. Ho avuto modo di ribadirlo più volte in queste pagine. Ora "rubo" dal portale Milano Arte Expo (http://milanoartexpo.com/) questa notizia relativa ad una mostra omaggio che si terrà nei prossimi giorni, dove ritrovo, con grande piacere la presenza artistica, alcuni amici preziosi: Fabio Grassi, Enrico Lazzini Remo Lorenzetti e Nicoletta Bagatti...
Emilio Tadini FIABE
Burago di Molgora
Sala Consiliare Comune di Burago di Molgora
e, in omaggio a Tadini, opere di:
Isa Locatelli, Nicoletta Bagatti, Fabio Grassi, Enrico Lazzini, Remo Lorenzetti
Emilio Tadini FIABE – mostra a Burago di Molgora, a due passi da Milano. Alla Sala Consiliare Comune di Burago di Molgora (MAPPA), per Burago in Festa 2013, si replica la rassegna I maestri del 900 ideata e organizzata da Marilena Buratti e curata da Simona Bartolena con l’expo dedicata a Emilio Tadini. Dal 6 settembre 2013 e fino al 16 settembre la mostra Fiabe
– il titolo è tratto da uno dei più celebri cicli pittorici
dell’artista – presenta venti opere di Tadini e, a chiudere il percorso
proposto al pubblico, cinque quadri di altrettanti artisti – selezionati
da Marilena Buratti – Isa Locatelli, Nicoletta Bagatti, Fabio Grassi, Enrico Lazzini e Remo Lorenzetti ispirati, in omaggio, allo stile e all’universo artistico e narrativo di Emilio Tadini. >
Fiabe – Emilio Tadini, di Simona Bartolena
Ed eccomi qui, ancora una volta, a scrivere un testo per quella che
ormai è divenuta una piacevole tradizione: la mostra di Settembre a
Burago Molgora. Come di consueto Marilena Buratti, infaticabile e
appassionata ideatrice e organizzatrice di questo evento, mi ha invitato
a collaborarvi ed io, ben volentieri, ho accettato. Anche quest’anno la
scelta dell’artista ospite è stata condotta da Marilena all’insegna
della qualità: dopo i maestri protagonisti dei precedenti appuntamenti,
infatti, arriva a Burago un altro grandissimo nome del Novecento: Emilio
Tadini. Scrittore, poeta, critico d’arte, drammaturgo, giornalista,
artista… Tadini è stato uno dei più notevoli intellettuali italiani del
secolo scorso: uno straordinario umanista che si è espresso su più
fronti, senza confini, nella massima libertà ideologica, in un
fertilissimo incontro di parola e immagine, pensiero e azione...
C’è un’opera di Tadini che mi ha sempre colpito (credo sia anche la
prima opera dell’artista che io abbia incontrato nei miei studi): si
intitola Magasins réunis e appartiene alle collezioni del Museo
del Novecento di Milano. Tre manichini – un Superman, un militare con
l’elmetto e una creatura dechirichiana – si offrono allo sguardo dei
passanti nell’immaginaria vetrina di un grande magazzino. La società dei
consumi è messa alla berlina, con ironia ma senza ferocia. Lo sguardo
dell’artista indaga ma sembra non voler commentare, preferisce non dare
giudizi né trarre conclusioni. Non c’è aggressività né sarcasmo, lo
spettatore è libero di interpretare l’immagine come crede.
La grammatica della Pop Art (quella inglese soprattutto, si intenda,
più di quella americana che Tadini apprezzava meno) è impiegata nella
massima libertà e originalità. Egli ne coglie alcuni aspetti e li
coniuga con citazioni di matrice assai diversa: dai manichini di De
Chirico alla carica visionaria di Marc Chagall. Una capacità di
mescolare le carte, di cogliere qua e là intuizioni da metabolizzare e
trasformare in qualcosa di diverso che Tadini non smarrirà mai, sempre
ostile com’è stato all’idea di appartenenza a questo o a quel gruppo, a
questa o a quella corrente. Si osservino anche le opere in mostra,
splendido esempio della sua produzione più recente. Ogni opera è un
mondo in un cui cadere, un universo in cui farsi risucchiare. Piani
sovrapposti, prospettive negate, superfici bidimensionali dai colori
sgargianti accompagnano scene di meravigliosa complessità, da osservare
con calma, in tutti i dettagli. Sono veri e propri racconti dalle mille
chiavi interpretative.
Ciascuno è libero di leggere la propria trama, immaginare il proprio
finale, affidare i ruoli a piacimento poiché l’artista suggerisce
atmosfere, ritaglia immaginifici scenari, elabora personaggi in cerca
d’autore che il fruitore dell’opera saprà fare suoi. Le sue figure non
sono dei ritratti: proprio come i tre manichini di Magasins réunis,
esse sono presenze collocate in contesti atemporali. Rappresentano
categorie sociali, tipi umani – come le maschere del teatro classico – e
abitano luoghi che, pur non essendo in alcun modo riconoscibili, ci
sono stranamente famigliari. Con un linguaggio che pare mettere
d’accordo il Bauhaus con la Metafisica, lo spirito delle Avanguardie più
estreme con la logica della tradizione classica, Tadini mette in scena
una disarmante commedia umana, una raffinatissima indagine sociale, in
un suggestivo dialogo tra realtà e immaginazione.
Le sue opere sono pensate in serie. La sequenza sul medesimo tema pare essergli quasi necessaria, un modus operandi del
quale, per sua stessa ammissione, non può fare a meno. Un processo
creativo che prevede l’incontro di forme espressive diverse ma
complementari – la scrittura, la pittura, la parola, la musica – per
creare immagini che rappresentano l’intera umanità, che raccontano L’insieme delle cose,
per citare il titolo di un suo libro molto significativo. Burago ospita
dunque anche quest’anno una mostra di tutto riguardo, un omaggio a un
grande artista e intellettuale italiano. Il pensiero corre
inevitabilmente a una persona che avrebbe certo molto apprezzato e che,
purtroppo, non ci sarà: Giorgio Stringhini. Vorrei dedicare a lui questo
mio intervento.
Simona Bartolena
continua a leggere l'articolo su
Nessun commento:
Posta un commento