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domenica 1 dicembre 2013

< Siamo Stati > personale di Sara Bandini

 
 
< Siamo Stati >
personale di Sara Bandini 
 
 Saletta S.Rocco di Salvadorini.Cornici v.Guidi 17 Santa Croce s/Arno (PI)


5-31 dicembre 2013
 
La pittura di Sara Bandini è complessa quanto affascinante, in essa si fondono e armonizzano tendenze, stili e influenze diverse e variegate, che vanno a costituire un tutt'uno completo ed esteticamente ricercato.

Sara Bandini (classe 1987) nasce a Fucecchio ed inizia ben presto la sua formazione artistica presso il Liceo Artistico Virgilio di Empoli. Successivamente frequenta l'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove segue il corso di pittura del Professor Adriano Bimbi: qui sviluppa diversi progetti, in collaborazione con altri artisti dell'Accademia, tra cui le due mostre dedicate al Mugello, esposte presso la Villa di Cafaggiolo (Barberino di Mugello).


Laureatasi nel 2011, la Bandini tralascia temporaneamente la pittura, dedicandosi a progetti paralleli. Con < Siamo Stati >, l'artista torna finalmente ad esporre le sue opere più recenti: sviluppate a partire dall'osservazione di gesti quotidiani e persone vicine all'artista stessa, le opere, alcune delle quali di grandi dimensioni, creano un discorso unico, come tanti capitoli di una storia tanto quotidiana quanto particolare.

Infatti, da due anni Sara Bandini vive e lavora a Marti, una piccola frazione di Montopoli in Val d'Arno, dove ha iniziato a vivere in una cosiddetta Comune di Secondo livello: un'esperienza di condivisione, che ha portato l'artista a riflettere sul ruolo dell'uomo e della natura, sui rapporti reciproci che si instaurano tra i due. L'uomo e la natura, due elementi che l'artista stessa ha considerato in precedenza come entità separate, quasi in contrapposizione, si uniscono nei lavori più recenti, andando a formare il sostrato di un discorso complesso, che si sviluppa a partire dall'osservazione di situazioni quotidiane, di persone comuni, che vengono attentamente studiate dalla Bandini, al fine di recuperare un'icononicità quasi ieratica, una staticità, nei gesti e nelle pose, che rimanda ad una pittura ricca di simboli, ma allo stesso tempo facile da leggere e altamente espressiva.


Le opere in mostra nascono tutte a partire dall'osservazione di persone “comuni”, non in quanto banali, ma in quanto reali: amici, coinquilini, tutte persone incontrate e conosciute, che hanno portato l'artista a sviluppare una riflessione sul mondo a lei circostante, su come questo sia influenzato dall'uomo e quanto, a sua volta, l'uomo stesso venga influenzato dalla natura. Così, in Contatti, un'opera su tavola, i colori tenui dello sfondo, quasi dorato, contrastano con i colori saturi in primo piano. I volti, realizzati con tecniche miste su carta, e successivamente applicati alla tavola, richiamano alla mente ricordi sfuocati e grandi maestri del passato, prima tra tutti Marlene Dumas, mentre i contatti, quelli veri, fisici tra un personaggio e l'altro, ci fanno intuire una quotidianità fatta di condivisione. Allo stesso modo, in opere come Lui e Lei, è l'aspetto iconografico a colpire: busti, ritratti senza un volto, in posizioni semplici, riescono a rendere il discorso dell'artista un giusto compromesso tra la riflessione storica, attenta ai temi della pittura medievale e bizantina, e una chiave di lettura ed interpretazione del tutto personale e innovativa: attualizzandone l'iconografia e la resa, riesco così trasformare i modelli in ironiche copie del reale.


Se è vero che in opere come Disoccupati, Connessione o Padre di cane, i richiami all'arte bizantina e a Giotto (che la stessa artista dichiara essere tra le sue principali influenze) sono chiari e ben visibili, è altrettanto vero che la staticità dell'arte ravennate, la cromia, e la gestualità tipica degli affreschi giotteschi vengono rivisitati in chiave moderna, ironica a tratti, che mira a rendere gesti comuni, e quindi di nuovo quotidiani, simboli di una modernità ripensata e corretta. La Bandini, con il suo portato personale, ci spiega, attraverso le sue opere, quanto la modernità non sia che un mero abito, una “sovrastruttura”, che indossiamo nei gesti e nella vita, ma attraverso la quale, in realtà, leggiamo verità antiche e immutabili, gesti e relazioni, le cui consuetudini si sono sedimentate nei secoli.


L'artista riesce così a trasfigurare la realtà, allucinandone ed estremizzandone alcuni aspetti, ma allo stesso tempo riuscendo a rendere eterni alcuni gesti comuni, che diventano simbolo della vita surreale e distorta, a volte anche grottesca, dei personaggi delle sue opere, trasportando allo stesso tempo lo spettatore all'interno di questo universo.
 
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