Simone Boscolo è bravo! Forse un po' troppo colto per il popolo, ma decisamente bravo. Un giovane di talento da seguire con attenzione!!!
VITA MORTE E MIRACOLI di EMANUELE GUDESTER
personale di Simone Boscolo
Galleria Zamenhof,
personale di Simone Boscolo
Galleria Zamenhof,
Via Zamenhof 11, Milano
Spazio Burri
A cura di Valentina Carrera
A cura di Valentina Carrera
Vita morte e miracoli di Emanuele Gudester
L’arte di Simone Boscolo si gioca tutta, ambiguamente, tra memoria e oblio, tra pittura e fotografia, tra gesto che lascia un segno e gesto che nega, che cancella, dissolve. Egli recupera vecchie foto in bianco e nero del secolo scorso, le rielabora, le ingrandisce, le stampa su forex, vi sovrappone scritte e poi le cancella, le graffia, produce abrasioni, lacerazioni della superficie, dell’immagine, del senso. Una teoria di corpi in dissolvenza: coppie, famiglie, singoli ritratti. Personaggi in posa, col vestito buono dei giorni di festa, immortalati per una grande occasione, tirati fuori dai cassetti dei nonni. O forse pescati nella cassa di un robiveccchi. La loro vita di uomini qualunque ambiguamente salvata dall’oblio, riscattata fuori tempo massimo e sbattuta in faccia ad un fruitore contemporaneo distratto per definizione e per definizione superficiale. Ma tutto è il contrario di quello che sembra. Le cancellature in realtà ci dicono delle cose. Le scritte invece non dicono, ma contraddicono. D’altronde queste opere non sono reperti documentaristici, ma opere d’arte: simulazione e dissimulazione.
Virgilio Patarini
L’arte di Simone Boscolo si gioca tutta, ambiguamente, tra memoria e oblio, tra pittura e fotografia, tra gesto che lascia un segno e gesto che nega, che cancella, dissolve. Egli recupera vecchie foto in bianco e nero del secolo scorso, le rielabora, le ingrandisce, le stampa su forex, vi sovrappone scritte e poi le cancella, le graffia, produce abrasioni, lacerazioni della superficie, dell’immagine, del senso. Una teoria di corpi in dissolvenza: coppie, famiglie, singoli ritratti. Personaggi in posa, col vestito buono dei giorni di festa, immortalati per una grande occasione, tirati fuori dai cassetti dei nonni. O forse pescati nella cassa di un robiveccchi. La loro vita di uomini qualunque ambiguamente salvata dall’oblio, riscattata fuori tempo massimo e sbattuta in faccia ad un fruitore contemporaneo distratto per definizione e per definizione superficiale. Ma tutto è il contrario di quello che sembra. Le cancellature in realtà ci dicono delle cose. Le scritte invece non dicono, ma contraddicono. D’altronde queste opere non sono reperti documentaristici, ma opere d’arte: simulazione e dissimulazione.
Virgilio Patarini
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