RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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martedì 13 marzo 2012

In anteprima... su Kritika: "L'arte? E' cosa inutile"

Pubblico in anteprima il mio piccolo contributo che uscirà su Kritika n°4 in occasione KustArt 12, come già vi avevo anticipato pochi giorni fa... (vedi: http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.com/2012/03/kritika-n-4-kunstart-12-da-non-perdere.html ) 



 
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L’arte? E’ cosa inutile!

Provocazione? No, parafrasi dell’altisonante Arte è cosa nostra di recente e sgarbiana memoria ma… non troppo.


L’arte? è cosa inutile.
L’arte è una scoria da eliminare, un rifiuto di cui non si sa più cosa fare, un’invenzione dell’uomo fatta e usata per circuire i propri simili.

E per giunta, neanche riciclabile. L’ennesima serie di oggetti inutili, come tanti altri, creati dal genio (?) dell’uomo.

A cosa serve l’arte? A niente. In un momento di crisi, come quello che si sta vivendo, non serve più nemmeno a fare soldi.

Solo ora ci accorgiamo che siamo stati ingannati. Da sempre.

A partire da quell’ominide che per primo decise di dipingere le pareti della propria caverna, illudendosi e illudendo che con quel gesto avrebbe ottenuto la benevolenza della divinità di moda a quel tempo.

L’arte non serve davvero a niente. Non è servita a fare propaganda ai tempi in cui il clero tappezzava le pareti dei propri luoghi di culto con enormi fumetti che non avevano altro scopo se non quello di tradurre in immagini, comprensibili a tutti, le sacre scritture e fare nuovi proseliti con la teoria del terrore.
Così come non servì ai generali per promuovere la propria giusta causa.
Non servì a dittatori nè a potenti, immortalati per un ponte verso il futuro e l’invincibilità. Anch’essi segnati, come chiunque, dal destino comune a tutti gli essere viventi: consumarsi preferibilmente entro la data di scadenza indicata sul fondo.

Per non parlare dei luoghi dell’arte, musei, gallerie, teatri e luoghi consimili. Volumi di cemento che contengono cose del tutto inservibili.
E vogliamo parlare poi degli operatori del settore? Critici, curatori, giornalisti, storici, tutti parassiti che perpetuano l’inganno di sempre: l’arte.

E i giovani artisti, che, in quanto tali e giustamente, nutrono ancora la speranza di emergere, imporre il proprio segno, lasciare traccia della loro effimera vita? Illusi!
Quanti di loro saranno ricordati? Nessuno o forse solo alcuni, se il gioco dell’arte dovesse ancora proseguire per qualche tempo.

Aste, fiere, mostre. Giostre dal sapore egocentrico e speculativo.
Ma non solo l’arte, ma la cultura in generale: cosa se ne fa l’uomo del terzo millennio dell’arte e della cultura?
A cosa serve all’uomo di oggi conoscere Dante o Masaccio, Shakespeare e Canova, Brunelleschi e Tiziano, Montale o De Chirico, Pasolini, Burri e Manzoni? Meglio conoscere ciò che ci appartiene, la quotidianità che ci permette di capire il presente senza troppi sforzi.

Sconfitto dal socialismo, schiacciato dal capitalismo, vittima del sistema denaro e artefice della teoria del possesso, l’uomo moderno sa che può sopravvivere senza arte.

Ma a parte gli scherzi, vorrei davvero fare una riflessione, consapevole che alcune delle conclusioni che ne trarrò saranno davvero poco entusiasmanti.

Fino a due, anzi ormai tre secoli fa, possiamo affermare di avere mantenuto quasi la totalità del monopolio artistico culturale del globo.
Poi si sono fatti avanti i francesi, gli americani e i cinesi e i giapponesi.
Siamo uno Stato piccolo, parliamo una lingua in via di estinzione e noi stessi ci stiamo estinguendo sopraffatti da esodi e invasioni. Possediamo un bel po’ del patrimonio artistico mondiale ma non siamo in grado di conservarlo e valorizzarlo.
Responsabilità diverse, politiche e non, che hanno contribuito a relegarci in uno scompartimento di terza classe. Mancano il senso civico, l’orgoglio e la consapevolezza di quelle che potrebbero essere le nostre reali potenzialità, se solo non fossimo così influenzabili da tutto ciò che ci viene propinato dall’estero ed avessimo una politica intelligente, con una pressione fiscale nel settore arte quantomeno concorrenziale, non dico al resto del mondo ma almeno a livello europeo, e fossimo un po’ più attenti e meno ciarlatani.

Ritengo che in Italia sia davvero difficile poter parlare di contemporaneo nel senso più cosmopolita del termine. Siamo emigrati, come spinti da una forza centrifuga, verso la periferia del mondo dell’arte, il provincialismo dell’arte. Nonostante tutti gli sforzi degli attori che operano seriamente, nel sistema, vincono ancora i “furbetti del quartierino” e noi tutti ne paghiamo le conseguenze. Prezzolati, politicanti, affittacamere e millantatori. Dispensatori di arte a buon mercato, quando di quest’ultimo non sentono neanche l’odore.

Quando l’amico Beluffi mi ha chiesto di scrivere un pezzo per Kritika, sui fatti del contemporaneo, mosso dalle più sincere motivazioni volevo parlare di questo o quest’altro artista. Di giovani artisti, che al contrario di quanto scritto sopra, molto probabilmente saranno proprio loro a lasciare un segno. A trasferire un simbolico testimone da consegnare alle generazioni future. Portatore sano di forza, cultura ed intelligenza.

Sarebbe stato però un errore, porre l’accento su quel giovane talentuoso o indicare l’opera di quell’emergente che molto stimola il mio apparato emotivo.
Avrei fatto la cosa più sbagliata.
Avrei soltanto redatto una sorta di classifica privilegiandone uno a discapito di un altro.
In questo momento storico, nel contemporaneo italiano invece non ci sono vincitori o vinti, vincenti o perdenti. Sono tutti indistintamente in vetta alla classifica. Fosse solo per l’impegno, l’ingegno, i sacrifici e le vane speranze che alimentano il loro fare arte.
L’impegno deve essere solamente nostro, noi operatori del settore, nel promuovere, salvaguardare, rilanciare e valorizzare questo mondo che storicamente ha fatto e potrebbe fare ancora alta l’Italia. Difendiamolo con dignità!

In una freddissima giornata di febbraio, Roberto Milani, gallerista.


1 commento:

  1. Un grazie particolare a Giovanni Manzoni Piazzalunga per il bellissimo ritratto con effetto "lifting"

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