Di quello che succederà ad Iseo, il prossimo mese di giugno, con l'installazione dell'opera di Christo vi ho già fornito indicazioni (vedi http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.it/2016/03/vi-ho-gia-parlato-dellintervento-di.html).
Non vi ho detto però che alla presentazione dell'evento, lo scorso 5 aprile, quando è stata indetta la conferenza stampa al Museo di Santa Giulia - Brescia, ci è andato anche Antonio Leo. Chi è Antonio Leo? innanzi tutto un amico. Poi compagno di avventura insieme a Claudia Lovato e Filippo Lotti nella Gestione del C.R.A. ma soprattutto un grande appassionato d'arte contemporanea con il quale stiamo mettendo le basi per un grosso progetto editoriale, che vedrà la luce nel prossimo autunno...
Già in altre occasioni ho pubblicato alcune sue note. Questa è l'ultima, nata dopo l'appuntamento del 5 aprile scorso. Godetevela!
My CHRISTO is a project di Antonio Leo
Scrivo di Christo. Questo mio Christo -ammirato da sempre- è un progetto, nato in testa e portato fuori in una pagina bianca, trattenuto mille volte, come in un sopralluogo rischioso, come in un primordiale object packaging dell’artista bulgaro-americano. La semplice voglia di scrivere, accecata da sensazioni contrastanti, folli visioni di paesaggi, colorati di tessuto arancione, resi ancor più reali e lasciati intatti nella loro bellezza, accentuandone l’armonia. Per incasinare follemente qualcosa bisogna intervenire bene.
Christo nasce il 13 giugno 1935, Jeanne-Claude il 13 giugno 1935, anche io sono nato il 13 giugno, dopo il 1935. Dunque decido che ne posso parlare, prendo il destino/caso come spunto/alibi e torno a parlare di land art. Parlo di binomio, parlo di performance, parlo, e andrò volentieri fuori tema.
L’esposizione Christo and Jeanne-Claude Water Projects appena visitata a Brescia nella stupenda Santa Giulia (aperta fino al 18 settembre) è sicuramente un ottimo aperitivo da gustarsi –con calma!- prima dell’intervento The Floating Piers, una passerella sul Lago d’Iseo percorribile dal 18 giugno al 3 luglio, 24h/24, che collegherà il paese di Sulzano (BS) a Monte Isola e all’isolotto di San Paolo, in uno degli appuntamenti imperdibili dell’arte contemporanea del 2016 a livello mondiale.
Intanto a Santa Giulia 150 opere, fra studi, disegni, collages originali, modelli in scala, fotografie, video e film. Curatore Germano Celant, colui che nel 1967 coniò la definizione di arte povera, per poi dedicarsi anche all’arte concettuale e alla land art. Un allestimento fatto di spazi, ampie sale, corridoi per far esprimere al meglio opere che si autovalorizzano e valorizzano l’ambiente a loro dedicato per l’occasione.
I sette water projects ben spiegati in una audioguida che introduce il lavoro di C senza mai dare un senso di già detto e di pesantezza. Un percorso che rende il concetto di territorio e lavoro di intervento artistico come un unico vizio, a tratti un miraggio. Difficile chiamarlo sogno o utopia, piuttosto qualcosa di irrealizzabile al primo passo che diviene desiderio, voglia, scopo, e presto con caparbietà si trasforma in convinzione di poter essere attuato, senza compromessi.
L’elemento acqua. L’elemento che cambia tutto. La forza-natura atta come non mai ad incidere, cambiare, plasmare. Acqua e vento. Il massimo. Si tratta di capire un legame uomo/paesaggio che da indifferente diviene imprescindibile, un legame del quale non ne puoi fare a meno, un legame visivo che smantellate le installazioni ti mancherà, segno della sua forza quantomeno attrattiva. La curiosità muove sempre tutto.
Vedi gli occhi di C in quei frames, in quelle foto nella fase di studio dei sites, circondato da addetti ai lavori quasi increduli, quasi “casualmente” in quel set, e in quegli occhi capisci che già è tutto chiaro, definito. Non ci sono domande. C’è quasi il why? why? why? / why not? di Timothy Leary (“It is extremely rare to find a photograph of Timothy Leary in which he isn't smiling broadly” scrive David Jay Brown), c’è il vedere oltre che è già un credere oltre. La complessità diviene una formalità, un passaggio automatico sogno/attuazione.
Non importa quanto tempo passerà per arrivare alla fase realizzativa, quante opere saranno vendute per trovare i fondi per far partire i lavori (sempre autofinanziati, qualcuno dovrebbe imparare!), i lunghi intervalli, le attese, le pause, l’abbandono temporaneo di un project. La guerra contro burocrazie, fogli, autorizzazioni. Non sono problemi.
Dal momento che il sogno è in testa → è in gioco.
Quegli occhi, quell’affiatamento con JC, quel binomio di intenti vissuti insieme (e di sorrisi) ha già ottenuto il risultato. Brillano come specchi al sole, pieni di desideri che si lasciano trasportare da drappi al vento o onde in oceani, mari, fiumi, laghi. Non importa se a fronte di anni di lavoro l’opera sarà visibile solamente per un mese, una settimana o poche ore. La forza è già stata dimostrata, una forza simbolo di estremo rispetto verso l’ambiente circostante, e di un porre sotto riflettori landscapes che sono un dono a chi avrà la possibilità di ammirarli, sia dal vivo che attraverso qualsiasi mezzo.
Queste opere uniche e fragili e questi collages di carte, tessuti, appunti, materiali plastici, sono autentiche esperienze, vissute dagli artisti e vive, agitate, come un corridoio incontrollabile per il visitatore/spettatore che diviene parte attiva ed essenziale di ogni progetto. Fascicoli e cartelline resi immortali di fronte alla (dovuta/voluta) provvisorietà degli interventi realizzati.
Sono Amore. Amore di C and JC verso il mondo verso la natura verso l’arte.
Tutto questo fa per me. Non posso –anche volendo- tirarmene fuori, devo indagare su quegli occhi, bloccato esterefatto curioso della creatività di un pazzo con una energia vitale irrefrenabile.
Mi sta simpatico questo C Peter Pan, si diverte come un bambino.
Stateci dentro più di due ore. Se vi sembrano troppe, non andateci.
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