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mercoledì 11 aprile 2012

Design Dance, evento-clou del prossimo Salone Internazionale del Mobile di Milano

In anteprima il backstage di Design Dance, evento-clou del prossimo Salone Internazionale del Mobile di Milano. L’ articolo uscirà sul numero di Io Donna in edicola dal 14 al 20 aprile

 
 
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Ballando con i sofà
Il tavolino si fa pianoforte. Il divano fluttua. 456 oggetti che
hanno fatto la storia dell’arredo vanno in scena: un’ora
e un quarto di acrobazie e teatro. Siamo stati nel backstage
di Design Dance, evento-clou della prossima fiera milanese
di Lia Ferrari, foto di Carlo Furgeri Gilbert per Io donna

Per gli attori il design era uno sconosciuto, adesso chiamano le poltrone per nome. «Mi piace la Sacco». «A me Dolores». «Naa... la Ghost tutta la vita». Titino Carrara, famiglia di teatranti da dieci generazioni, è il veterano del gruppo. Vorrebbe portare il discorso a un livello più alto. Sorellanza tra arti, design e recitazione come simili espressioni di ingegno... Poi si arrende. «La mia preferita è la poltrona Up». Si va in scena da martedì a domenica al Teatro dell’Arte di Milano. In città, durante il Salone del Mobile 2012 (dal 17 al 22 aprile), mostre e cocktail saranno centinaia. Ma Design Dance è il grande evento del Cosmit, ente che dal 1961 organizza la fiera. Un’ora e un quarto di acrobazie e teatro per raccontare il bel disegno, dall’idea al prodotto. Sette attori, cinque acrobati, una sessantina tra attrezzisti, produttori, scenografi, operatori video. Ma i veri protagonisti sono gli oggetti. Tanti oggetti. Francesca Molteni e Michela Marelli - autrici, registe e produttrici esecutive - hanno fatto arrivare a teatro 456 “colli”. Solo sballarli è un’opera notevolissima. Il più strambo è lo struzzo alto più di due metri. La pancia si apre. Dentro è vellutino viola. «Un mobile bar. Chiuso, è perfetto per la scena della Creazione». C’è anche una copia esatta del trono dello Zar Nicola, fatta in Brianza. Per il resto molte icone. Come il tavolo dell’ebanista Pierluigi Ghianda, 1705 incastri e neanche una vite «Questo lo toglieremo dalla scatola il giorno della prima... ». Le lampade “dettate al telefono” da Vico Magistretti, certo che i progetti migliori fossero i più facili da spiegare. La morbida Up di Gaetano Pesce. La sedia Superleggera che Gio Ponti collaudò con un lancio dal secondo piano. E una ventina di spremiagrumi Juicy Salif di Philippe Starck. «Dobbiamo costruirci una cometa». Il divano Via Lattea di Mario Bellini sarà la galassia. La panca bianca e nera? «È il tavolino Woodstock. I ballerini ci danzeranno come su un pianoforte, nella scena ispirata al film Big con Tom Hanks».
Le scene in tutto saranno sedici. Si apre con gli “Avverati” - prodotti lanciati al Satellite, il Salone dei giovani - e si chiude con finale a sorpresa. Nel mezzo le plastiche, la componibilità, Gio Ponti e colleghi, fotografi come Aldo e Marirosa Ballo. E gli altri che hanno fatto grande il made in Italy: «Fondamentale la figura del demiurgo imprenditore» sottolinea Michela. «Pensare che i progettisti abbiano fatto tutto da soli è come dare il merito di uno spettacolo al solo drammaturgo». «E non dimentichiamo gli operai artigiani. Il design si fa respirando segatura» aggiunge Francesca. «Abbiamo voluto restituire proprio quel sapore. Mettere in scena un’epopea non ci interessava, meglio rendere il sentimento di cosa è il design attraverso una sequenza di suggestioni». Come il copione, la scenografia nasce dalle necessità degli oggetti. La firma una numero uno, Margherita Palli, che a teatro lavora spesso con Luca Ronconi. «Eh si, qui ci sono tanti mobili. Tutte presenze forti, o non avrebbero fatto la storia». Venti suoi allievi di Naba, la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, imparano il mestiere collaborando a messa in scena e costumi. Nella riunione di questa mattina si è discusso di come sospendere le May Day a soffitto con tre chilometri di corda nera. «Fai il nodo nel punto sbagliato e le ammazzi, queste lampade». intanto, da torino, è arrivata l’acrobata Elena Burani. Le funi che i tecnici stanno fissando a molti metri di altezza sono per le sue figure aeree. Assieme agli altri del collettivo “320chili” (il nome è il peso totale dei sei), danzerà con il design per animarlo. «Abbiam tutti una formazione circense, l’interazione con gli oggetti è sempre presente nei nostri numeri. Nastro, cerchio, fune, ma anche attrezzi creati apposta.
Certo, il design nasce con un’altra funzione, ma ho scoperto che può fare cose incredibili. La sedia Selene, per esempio: la sbilanci e ti riporta su. Un capolavoro di statica». Francesco Sgrò, giocoliere-danzatore-acrobata, segue anche la coreografia. «Solo con la Spoon, una poltrona a trottola, potremmo dare spettacolo per ore. Il punto è che gli oggetti sono 456. Se dedicassimo a ognuno anche solo dieci secondi, avremmo esaurito il tempo a disposizione. Insomma, faremo il possibile». Le musiche originali sono di Fabrizio Campanelli, compositore per il cinema e la pubblicità. «Niente di troppo intellettualoide, da teatro di ricerca. Anche se il genere musicale è tutt’altro, mi viene da dire che è una “cosa rock”. L’obiettivo è coinvolgere. E l’emozione coinvolge sempre»

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