Alla base dell’ideazione di un progetto d’arte sussistono varie ipotesi. Ci sono mostre che nascono da
un concept illuminante, altre sono visioni che segnano un varco nella ricerca contemporanea e ne
spostano il limite, altre ancora sono originate da opportunità e occasioni più o meno ripetibili. Ad ogni
modo, funzione e rappresentazione, utilità e realizzazione estetica, sono rapporti di senso non
trascurabili, relazioni che non lasciano spazio all’improvvisazione.
Nel caso di Candelieri. 4Residencies_Dinamiche da un’induzione, la tesi del progetto nasce in maniera naturale, per legame a un contesto. Non tanto per rivendicare i rivoli bizzarri di un’identità statica, quanto perché la cultura di massa appare come un campo d’applicazione per l’uso «strategico e posizionale» del concetto d’identità stesso (Stuart Hall, 2002). Vivere un ambiente ogni giorno rende evidenti principi di distinzione e contrasto, nei quali al contempo si fonda un vedere insieme. Le culture suscitano interesse non tanto per la presunta purezza, ma per la diversità e il dialogo che instaurano con le altre (Said, 2007). Trovandosi in stretta interconnessione, esse non possono mostrarsi solitarie, ma ibride e differenziate. Un’osservazione partecipante delle tradizioni locali nei comuni dei Candelieri – tipizzato nelle celebrazioni in onore dell’Assunta – vuole indicare nei ceri votivi una forma di negoziazione tra pratiche comunicative diverse, un significato nel quale le caratteristiche di relazione e contesto oltrepassano la materialità dell’oggetto in sé. Da un certo posizionamento, e attraverso una processualità non sempre lineare, la visione frammentaria e parziale dell’esperienza può aggiungere nuove configurazioni di senso. La possibilità di interrogare la realtà con gli occhi di artisti che non avevano mai vissuto quei luoghi, offre una nuova rappresentazione del paradigma Candelieri e, mostrandone un alterità allo stesso tempo perfetta e assoluta, ne restituisce un valore culturale nuovo. Alla base della mostra c’è un’induzione (Peirce), quindi, un ragionamento che porta a un risultato partendo da singoli casi particolari e dal funzionamento dei sistemi simbolici.
Nell’ambito di un programma di residenze iniziato ad agosto 2012, cinque artisti sono invitati a confrontarsi con il concept: Arianna Carossa, Helena Hladilovà e Namsal Siedlecki (Gum Studio), Silvia Camporesi e Gabriele Arruzzo. Le ricerche artistiche dei primi tre si connotano per un approccio formale all’oggetto e ai materiali, mentre la produzione artistica degli ultimi due indaga le interazioni sociali, la sacralità e il rito. Nella loro semplificazione, le rappresentazioni prodotte moltiplicano la possibilità di conoscenza del reale, amplificando l’ambiguità ontologica della visione per immagini. Il senso di vertigine dato dallo sforzo e dalla fatica, la paradossalità del processo visivo, l’ironia, la commemorazione e l’autocelebrazione, l’ambiguità del pathos e degli attori in gioco nel quotidiano sono i focus narrativi attorno ai quali ruotano le opere esposte a La Frumentaria, una mimesis che ripensa lo statuto della appresentazione come oggetto d’esperienza (Goodman) e non come corrispondenza fedele al già visto. Ci allontaniamo dai Candelieri per vederli in modo diverso e identico.
Giangavino Pazzola
Nel caso di Candelieri. 4Residencies_Dinamiche da un’induzione, la tesi del progetto nasce in maniera naturale, per legame a un contesto. Non tanto per rivendicare i rivoli bizzarri di un’identità statica, quanto perché la cultura di massa appare come un campo d’applicazione per l’uso «strategico e posizionale» del concetto d’identità stesso (Stuart Hall, 2002). Vivere un ambiente ogni giorno rende evidenti principi di distinzione e contrasto, nei quali al contempo si fonda un vedere insieme. Le culture suscitano interesse non tanto per la presunta purezza, ma per la diversità e il dialogo che instaurano con le altre (Said, 2007). Trovandosi in stretta interconnessione, esse non possono mostrarsi solitarie, ma ibride e differenziate. Un’osservazione partecipante delle tradizioni locali nei comuni dei Candelieri – tipizzato nelle celebrazioni in onore dell’Assunta – vuole indicare nei ceri votivi una forma di negoziazione tra pratiche comunicative diverse, un significato nel quale le caratteristiche di relazione e contesto oltrepassano la materialità dell’oggetto in sé. Da un certo posizionamento, e attraverso una processualità non sempre lineare, la visione frammentaria e parziale dell’esperienza può aggiungere nuove configurazioni di senso. La possibilità di interrogare la realtà con gli occhi di artisti che non avevano mai vissuto quei luoghi, offre una nuova rappresentazione del paradigma Candelieri e, mostrandone un alterità allo stesso tempo perfetta e assoluta, ne restituisce un valore culturale nuovo. Alla base della mostra c’è un’induzione (Peirce), quindi, un ragionamento che porta a un risultato partendo da singoli casi particolari e dal funzionamento dei sistemi simbolici.
Nell’ambito di un programma di residenze iniziato ad agosto 2012, cinque artisti sono invitati a confrontarsi con il concept: Arianna Carossa, Helena Hladilovà e Namsal Siedlecki (Gum Studio), Silvia Camporesi e Gabriele Arruzzo. Le ricerche artistiche dei primi tre si connotano per un approccio formale all’oggetto e ai materiali, mentre la produzione artistica degli ultimi due indaga le interazioni sociali, la sacralità e il rito. Nella loro semplificazione, le rappresentazioni prodotte moltiplicano la possibilità di conoscenza del reale, amplificando l’ambiguità ontologica della visione per immagini. Il senso di vertigine dato dallo sforzo e dalla fatica, la paradossalità del processo visivo, l’ironia, la commemorazione e l’autocelebrazione, l’ambiguità del pathos e degli attori in gioco nel quotidiano sono i focus narrativi attorno ai quali ruotano le opere esposte a La Frumentaria, una mimesis che ripensa lo statuto della appresentazione come oggetto d’esperienza (Goodman) e non come corrispondenza fedele al già visto. Ci allontaniamo dai Candelieri per vederli in modo diverso e identico.
Giangavino Pazzola
comunicato stampa
CANDELIERI. 4 RESIDENCIES_DINAMICHE DA UN’INDUZIONE
Nel Palazzo della Frumentaria di Sassari, il 14 marzo, verrà presentata Candelieri. 4
Residencies_Dinamiche da un’induzione. Il progetto espositivo è la conclusione di un
percorso iniziato ad agosto 2012 con un programma di residenze per artisti realizzato nei
comuni dei Candelieri – luoghi nei quali enormi ceri votivi vengono portati in processioni
danzanti in onore della Madonna dell’Assunta. La mostra è promossa dal Comune di Sassari
– Assessorato alle Culture e curata da Giangavino Pazzola per Progetto Contemporaneo.
Gli interventi realizzati da Gabriele Arruzzo, Silvia Camporesi, Arianna Carossa, Helena
Hladilova e Namsal Siedlecki nei comuni di Nulvi, Ploaghe, Sassari e Iglesias, sono la
reinterpretazione sia del Candeliere come oggetto in sé, sia del rapporto uomo-ambiente in un
contesto socioculturale connotato. Gli imponenti ceri votivi vengono presi a paradigma e
pretesto d’indagine, mentre le residenze ricoprono una funzione sperimentale che porta le città
a essere luogo di fruizione e spazio per la produzione dell’arte.
Dal 14 marzo al 14 aprile sarà possibile vedere gli esiti di tale processo creativo. Gabriele
Arruzzo si concentra sull'aspetto commemorativo e auto-celebrativo dell’esperienza e,
mixando estetiche locali a simboli ricorrenti nella sua produzione artistica, compie un mash-up
di segni per la ricostruzione del nuovo stemma per il Comune di Nulvi. Silvia Camporesi
compie un’indagine percettiva sulla dimensione femminile (quasi anonima) e ambigua che
avvolge l’ambiente. Il pathos si ricompone nell'istallazione della fotografia di una Madonna
dormiente priva di elementi caratterizzanti e un libro d’artista realizzato con la tecnica
orientale del kirigami, all'interno del quale le immagini intagliate e piegate a mano
restituiscono forme tridimensionali da un’immagine bidimensionale. Il readymade di Arianna
Carossa si sviluppa all'interno della ricerca artistica sull'oggetto e ha come focus narrativo il
senso di vertigine conseguente allo sforzo fisico e alla fatica. A una sedia è poggiato un asse di
legno con rotella, struttura che definisce un significato dinamico del voto. Helena Hladilova e
Namsal Siedlecki (Gum Studio) partono dalla lettura di un libro sulle piante autoctone e
velenose della Sardegna per indagare le relazioni tra materiale, oggetto e ambiente. La
scomposizione della base del Candeliere evidenzia un paradosso, poiché due tipi di legno su tre
che compongono la base dei Candelieri di Iglesias sono nocive. Da questa constatazione sono
messi in discussione parametri simbolici alla base dell’esperienza visiva, rapporti relazionali,
sistemi produttivi, in una dimensione ironica ed espressivamente dirompente.
A queste produzioni sono affiancati materiali, documenti e carteggi utilizzati durante il
programma di residenze e altre opere che sono l’esito di collaborazioni tra Gabriele Arruzzo,
Silvia Camporesi, Arianna Carossa, Helena Hladilova e Namsal Siedlecki e un comitato di artisti
che hanno agevolato la ricerca nei territori. Il gruppo di artisti è composto da Vittoria Soddu,
Alessandra Casadei, Carlo Spiga, Enrico Pitzianti, Stefano Serusi, Nicola Caredda, Paolo Pibi e
Pier Paolo Luvoni.
Museo La Frumentaria, via Muraglia 1 – Sassari. Dal 14 marzo al 14 aprile 2013.
Ingresso libero, orari: 10.00 – 13.00 e 17.00 – 20.00, chiuso il lunedì
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