Salone Internazionale del Mobile e Fuori Salone 2013
Milano 9 - 14 aprile 2013
Presentazione della nuova collezione Moret e del libro a questa dedicato, curato da Marco Fazzini e pubblicato da Skira Editore
Art Carpets
Milano 9 - 14 aprile 2013
Presentazione della nuova collezione Moret e del libro a questa dedicato, curato da Marco Fazzini e pubblicato da Skira Editore
Art Carpets
Cleto Munari and Friends
Tappeti disegnati da:
Lawrence Ferlinghetti, Dario Fo, Cleto Munari, Alessandro Mendini, Ettore Mocchetti, Mario Botta, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Javier Mariscal, Deisa Centazzo
Tappeti disegnati da:
Lawrence Ferlinghetti, Dario Fo, Cleto Munari, Alessandro Mendini, Ettore Mocchetti, Mario Botta, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Javier Mariscal, Deisa Centazzo
Fiera Milano Rho
9 - 14 aprile 2013
h. 9.30 - 18.30
Padiglione 10
Stand D 05
Fuorisalone Zona Ventura Lambrate
9 - 14 aprile 2013
h.10.00 - 21.00
Showroom Moret
Via Ventura 15
Milano
Press day
Mercoledì 10 aprile h.12.00 - 15.00
Opening
Mercoledì 10 aprile h.19.00 - 21.00
Comunicato stampa:
9 - 14 aprile 2013
h. 9.30 - 18.30
Padiglione 10
Stand D 05
Fuorisalone Zona Ventura Lambrate
9 - 14 aprile 2013
h.10.00 - 21.00
Showroom Moret
Via Ventura 15
Milano
Press day
Mercoledì 10 aprile h.12.00 - 15.00
Opening
Mercoledì 10 aprile h.19.00 - 21.00
Comunicato stampa:
Art Carpets - Cleto Munari and Friends è il titolo della nuova collezione Moret che corona tre anni di ricerca e lavoro.
Dopo la giocosa felicità degli Happy Carpets di Aldo Cibic dedicati all’iconografia naturale e presentati durante l’edizione del Salone Internazionale del Mobile 2012, quest’anno Moret ha affidato a Cleto Munari, icona storica del design italiano, la scelta dei protagonisti e la regia della sua nuova collezione.
I nomi degli autori dei nuovi tappeti - realizzati in edizione limitata a 29 esemplari per ciascun modello - da soli bastano a comunicare la qualità e l’intensità di significati di cui Art Carpets sono portatori.
Firmano la nuova collezione, infatti, Cleto Munari stesso; il poeta e pittore statunitense Lawrence Ferlinghetti; Dario Fo, drammaturgo, attore, scenografo nonché premio Nobel per la letteratura nel 1997; Alessandro Mendini, riferimento del design italiano dagli anni Settanta, vincitore del premio Compasso d’Oro negli anni 1979 e 1981, direttore, tra le altre, delle riviste Domus e Casabella; Mario Botta, star dell’architettura internazionale; Sandro Chia e Mimmo Paladino, entrambi esponenti della Transavanguardia italiana, le cui opere sono le entrate a far parte delle collezioni dei maggiori musei internazionali come il MoMA di New York, la Tate Gallery di Londra e il Castello di Rivoli a Torino; il poliedrico grafico e designer spagnolo Javier Mariscal; l’architetto, designer e urbanista Ettore Mocchetti che affianca all’attività professionale la direzione della rivista AD Architectural Digest dal 1980 e infine, a rappresentare l’apertura al futuro, Deisa Centazzo, giovane artista/designer impegnata in progetti ecosostenibili.
“Quando Cleto Munari ha deciso di mettere a nostra disposizione la sua quarantennale esperienza nel campo del design e del Bello, – spiega Moret – una nuova linea di tappeti e di protagonisti è uscita allo scoperto come per incanto. Questi oggetti riescono a unire artigianalità, tecniche avanzate di lavorazione e toccanti varietà cromatiche. L’estetica del risultato finale, ovviamente, si avvale delle competenze da noi acquisite nel campo dell’interior design, delle tecniche di lavorazione/colorazione, ma anche della forza dei motivi che ogni designer/artista ha scelto di mettere in campo nei nostri tappeti. L’anima di questo lavoro non è mai stata di natura commerciale, ma si è ispirata al desiderio e all’ambizione di realizzare oggetti unici legati ad autori unici, i singolari inventori del Bello, coloro che sanno, ogni volta, stupirci per idee e innovazione. La collaborazione tra l’esperienza di Moret e la ricerca e la capacità attrattiva di una figura come Cleto Munari ha puntato su un progetto tutto italiano, che nell’inventiva e nel gusto di questo paese scommette per conquistare il mondo. Nel corso degli ultimi tre anni le idee si sono avvicendate con l’entusiasmo dell’ideatore, degli artisti e designer man mano coinvolti e di tutti i protagonisti di cui la nostra artigianalità si è avvalsa nel tempo”.
“In questi tappeti, come in un quadro, la cromaticità invoca il suo ruolo principe. Anche se la tattilità del tappeto dona a questo un pregio speciale e ne fa un oggetto appetibile e ambito, è l’impatto visivo ciò su cui abbiamo scommesso fin dall’inizio di questo progetto. L’arte doveva stare, potentemente, in primo piano, sia quella di artisti innovatori come Chia e Paladino, sia quella “poetica” di Ferlinghetti e Fo, o quella più razionale e progettistica di Botta, postmoderna di Mendini, surreale e provocatoria di Mariscal e Mocchetti, naive di Centazzo, e singolarmente giocosa di Cleto Munari”.
Il libro
È affascinante ripercorrere, nel libro edito da Skira e dedicato agli Art Carpets, parte della storia di Cleto Munari attraverso le parole di Marco Fazzini: “... di come, nei primissimi anni Settanta, avesse frequentato a lungo la villa Valmarana (Ai Nani) a Vicenza grazie all’amicizia con l’architetto più blasonato del tempo, quel Carlo Scarpa che giornalmente nelle scuderie della villa progettava, disegnava, riceveva conoscenti e professionisti, creando un piccolo cenacolo di fedeli e durature amicizie che l’hanno accompagnato fino all’anno della sua scomparsa, il 1978”.
Giuseppe Mazzariol, loro amico da sempre, ci racconta poi che Munari “l’idea di commissionare un oggetto a un artista l’ha avuta dopo l’incontro a Vicenza con Carlo Scarpa. Vederlo vivere a Villa Valmarana, muoversi e disegnare gli ha fatto intuire quanto fosse straordinaria e bellissima quell’esistenza e come forse sarebbe stato possibile fermare per sempre uno dei suoi gesti, farne un oggetto prezioso e utile per tutti”.
Ed è stato proprio questo l’inizio del lungo e fertilissimo percorso di Cleto Munari, dei designer e degli artisti che hanno disegnato per lui numerosi oggetti che oggi costituiscono tappe fondamentali della storia del design, esposti nei musei di tutto il mondo: come ad esempio Carlo Scarpa, Ettore Sottsass, Marco Zanuso, Norman Foster, Paolo Portoghesi, Hans Hollein, Arata Isozaki, Toyo Ito, Michele De Lucchi oltre agli autori degli Art Carpets e molti altri ancora.
“Cleto Munari stesso dice a clienti e collaboratori che continua non a fare business, ma semplicemente “poesia”. Forse questa è la traccia che dovremmo tenere a mente se vogliamo davvero cogliere l’essenza del personaggio, ricordandoci che in Scozia i grandi poeti sono da sempre chiamati “makar”, una definizione che viene dalla stessa radice del verbo “to make” (fare), per ribadire la sostanza artigianale di quest’arte, la fattiva volontà di produrre qualcosa, non qualcosa di fumoso e sfuggente come tanti intendono la poesia, ma un vero e proprio oggetto che possa rimanere nel tempo, solido e significativo per le generazioni a venire”.
Dopo la giocosa felicità degli Happy Carpets di Aldo Cibic dedicati all’iconografia naturale e presentati durante l’edizione del Salone Internazionale del Mobile 2012, quest’anno Moret ha affidato a Cleto Munari, icona storica del design italiano, la scelta dei protagonisti e la regia della sua nuova collezione.
I nomi degli autori dei nuovi tappeti - realizzati in edizione limitata a 29 esemplari per ciascun modello - da soli bastano a comunicare la qualità e l’intensità di significati di cui Art Carpets sono portatori.
Firmano la nuova collezione, infatti, Cleto Munari stesso; il poeta e pittore statunitense Lawrence Ferlinghetti; Dario Fo, drammaturgo, attore, scenografo nonché premio Nobel per la letteratura nel 1997; Alessandro Mendini, riferimento del design italiano dagli anni Settanta, vincitore del premio Compasso d’Oro negli anni 1979 e 1981, direttore, tra le altre, delle riviste Domus e Casabella; Mario Botta, star dell’architettura internazionale; Sandro Chia e Mimmo Paladino, entrambi esponenti della Transavanguardia italiana, le cui opere sono le entrate a far parte delle collezioni dei maggiori musei internazionali come il MoMA di New York, la Tate Gallery di Londra e il Castello di Rivoli a Torino; il poliedrico grafico e designer spagnolo Javier Mariscal; l’architetto, designer e urbanista Ettore Mocchetti che affianca all’attività professionale la direzione della rivista AD Architectural Digest dal 1980 e infine, a rappresentare l’apertura al futuro, Deisa Centazzo, giovane artista/designer impegnata in progetti ecosostenibili.
“Quando Cleto Munari ha deciso di mettere a nostra disposizione la sua quarantennale esperienza nel campo del design e del Bello, – spiega Moret – una nuova linea di tappeti e di protagonisti è uscita allo scoperto come per incanto. Questi oggetti riescono a unire artigianalità, tecniche avanzate di lavorazione e toccanti varietà cromatiche. L’estetica del risultato finale, ovviamente, si avvale delle competenze da noi acquisite nel campo dell’interior design, delle tecniche di lavorazione/colorazione, ma anche della forza dei motivi che ogni designer/artista ha scelto di mettere in campo nei nostri tappeti. L’anima di questo lavoro non è mai stata di natura commerciale, ma si è ispirata al desiderio e all’ambizione di realizzare oggetti unici legati ad autori unici, i singolari inventori del Bello, coloro che sanno, ogni volta, stupirci per idee e innovazione. La collaborazione tra l’esperienza di Moret e la ricerca e la capacità attrattiva di una figura come Cleto Munari ha puntato su un progetto tutto italiano, che nell’inventiva e nel gusto di questo paese scommette per conquistare il mondo. Nel corso degli ultimi tre anni le idee si sono avvicendate con l’entusiasmo dell’ideatore, degli artisti e designer man mano coinvolti e di tutti i protagonisti di cui la nostra artigianalità si è avvalsa nel tempo”.
“In questi tappeti, come in un quadro, la cromaticità invoca il suo ruolo principe. Anche se la tattilità del tappeto dona a questo un pregio speciale e ne fa un oggetto appetibile e ambito, è l’impatto visivo ciò su cui abbiamo scommesso fin dall’inizio di questo progetto. L’arte doveva stare, potentemente, in primo piano, sia quella di artisti innovatori come Chia e Paladino, sia quella “poetica” di Ferlinghetti e Fo, o quella più razionale e progettistica di Botta, postmoderna di Mendini, surreale e provocatoria di Mariscal e Mocchetti, naive di Centazzo, e singolarmente giocosa di Cleto Munari”.
Il libro
È affascinante ripercorrere, nel libro edito da Skira e dedicato agli Art Carpets, parte della storia di Cleto Munari attraverso le parole di Marco Fazzini: “... di come, nei primissimi anni Settanta, avesse frequentato a lungo la villa Valmarana (Ai Nani) a Vicenza grazie all’amicizia con l’architetto più blasonato del tempo, quel Carlo Scarpa che giornalmente nelle scuderie della villa progettava, disegnava, riceveva conoscenti e professionisti, creando un piccolo cenacolo di fedeli e durature amicizie che l’hanno accompagnato fino all’anno della sua scomparsa, il 1978”.
Giuseppe Mazzariol, loro amico da sempre, ci racconta poi che Munari “l’idea di commissionare un oggetto a un artista l’ha avuta dopo l’incontro a Vicenza con Carlo Scarpa. Vederlo vivere a Villa Valmarana, muoversi e disegnare gli ha fatto intuire quanto fosse straordinaria e bellissima quell’esistenza e come forse sarebbe stato possibile fermare per sempre uno dei suoi gesti, farne un oggetto prezioso e utile per tutti”.
Ed è stato proprio questo l’inizio del lungo e fertilissimo percorso di Cleto Munari, dei designer e degli artisti che hanno disegnato per lui numerosi oggetti che oggi costituiscono tappe fondamentali della storia del design, esposti nei musei di tutto il mondo: come ad esempio Carlo Scarpa, Ettore Sottsass, Marco Zanuso, Norman Foster, Paolo Portoghesi, Hans Hollein, Arata Isozaki, Toyo Ito, Michele De Lucchi oltre agli autori degli Art Carpets e molti altri ancora.
“Cleto Munari stesso dice a clienti e collaboratori che continua non a fare business, ma semplicemente “poesia”. Forse questa è la traccia che dovremmo tenere a mente se vogliamo davvero cogliere l’essenza del personaggio, ricordandoci che in Scozia i grandi poeti sono da sempre chiamati “makar”, una definizione che viene dalla stessa radice del verbo “to make” (fare), per ribadire la sostanza artigianale di quest’arte, la fattiva volontà di produrre qualcosa, non qualcosa di fumoso e sfuggente come tanti intendono la poesia, ma un vero e proprio oggetto che possa rimanere nel tempo, solido e significativo per le generazioni a venire”.
Cleto Munari e Moret hanno condiviso questo comune obiettivo. Con questo intento Cleto Munari ha scelto gli autori dei tappeti, amici compagni di vita e lavoro, uomini e donne “makar” capaci di trasferire la propria poesia in un oggetto, in un tappeto in questo caso, fatto per durare nel tempo.
Il risultato è una molteplicità di visioni, sogni, armonie tanto intense da richiedere, all’interno del libro dedicato agli Art Carpets, un capitolo riservato a ogni autore e l’interpretazione di autorevoli critici, come Achille Bonito Oliva, Flavio Arensi, Francesco Scarabicchi, Alessandra Morelli, Roberto Cresti, e vari altri.
Design, tecnologia e artigianato
Se oggi possiamo ammirare tutte le poesie degli Art Carpets è grazie alla maestria di Moret che realizza una felice contaminazione d’idee, tradizione, design e avanzata tecnologia “capace di trasformare un originale pittorico prodotto dal designer artista in una riproduzione digitale”. “È una sorta di vagireh digitale – spiega Moret – che sostituisce il campione tessile di una volta con un modello in cui si calcola la quantità esatta dei nodi e dei colori da impiegare. Si procede dai colori più vivi fino alle sfumature, per creare macchie colorate che siano praticabili per la tessitura e appetibili per l’occhio. Ci serviamo, a Istanbul, di esperti Rug Designer, usciti dall’Accademia delle Belle Arti. La gioia più grande è vedere le tessitrici lavorare con questi modelli appesi ai telai, mentre seguono precisamente cosa è già stato programmato nei nostri uffici di Istanbul.
Si tratta di una perfetta combinazione di tecnologia e artigianato. Da oltre tre decenni compriamo lane selezionate direttamente dai produttori. Viaggiamo nei villaggi delle province di Antalya e Siverek. Si tratta ancora di un viaggio affascinante, proprio all’interno dell’Urfa.
Amiamo toccare i materiali che serviranno per le varie produzioni – prosegue Moret – La lana grezza, come anche il lino e la seta, sono così imbarcati per lo stoccaggio nella nostra azienda di Usciak. Per la filatura, commissionata ad hoc, la torsione delle fibre avviene strettamente in senso antiorario, secondo le tecniche della filatura a S. I materiali prescelti arrivano ai villaggi delle tessitrici nell’Anatolia centro-occidentale, nelle province di Ghiordes, Simav, Demirci, dove abbiamo circa duecento telai dislocati tra gli altipiani a est di Smirne. Ogni sacco numerato che facciamo partire contiene il necessario per un singolo tappeto: la trama e l’ordito, il modello – il vagireh digitale – la lana, l’eventuale lino, o la seta.
Il ritmo che due, tre e, a volte, anche quattro tessitrici devono tenere durante la tessitura di un grande tappeto è essenziale per il risultato finale: è per questo che scegliamo i nostri collaboratori come si usava una volta, privilegiando i conoscenti, e spesso i parenti stretti, persone che oltre a vivere la quotidianità del villaggio si ritrovano fianco a fianco di fronte al tappeto in lavorazione e, con cadenza perfetta, ne costruiscono il completamento.
È necessaria una tessitrice ogni 60-70 centimetri di telaio. Non si può essere casuali in questo lavoro: le nostre collaboratrici producono da seimila a ottomila nodi al giorno, con la tecnica del nodo turco o asimmetrico, detto anche ghiordes.
Questo è forse uno degli ultimi lavori artigianali sopravvissuti al mondo, e qui non è permesso barare, o diventare tecnologici: un metro quadrato di tappeto contiene circa 84.000 nodi, e tutto questo avviene grazie all’opera delle mani delle tessitrici, dell’attenzione dei loro occhi, di un ritmo assolutamente orchestrale”.
Ed è così che ancora una volta Moret riesce a creare un ponte tra passato e futuro, tra tradizione e tecnologia per proporre tappeti che sono opere d’arte, portatori di armonia e poesia.
Moret è un marchio italiano attivo dal 2000 nel settore del tappeto contemporaneo con sedi a Vicenza, Milano e Istanbul.
Sviluppa e rinnova la solida tradizione costruita in oltre vent’anni d’attività dalla Galleria Pashà di Vicenza che, fondata da Hasan Pashamoglu, ospita pregiati tappeti antichi e moderni provenienti, oltre che dalla Turchia, da quelle parti del mondo in cui l’arte del tappeto costituisce un’eccellenza come, ad esempio, Cina, India e Francia.
Anni di ricerca e la continua collaborazione con architetti e designer italiani nel creare tappeti ad hoc adatti a esigenze e spazi particolari in abitazioni, hotel, yacht e centri congressi in tutto il mondo hanno stimolato la nascita della nuova concezione di tappeto che oggi Moret propone al pubblico internazionale. Se tradizionalmente esprimeva l’evolvere e il mutare di sentimenti nel complesso mondo femminile delle tessitrici, oggi il tappeto contemporaneo secondo Moret può ampliare i propri orizzonti e farsi portatore d’idee e sogni, universali e condivisi, trasformandosi così da complemento d’arredo in oggetto di design e d’arte.
Ufficio stampa Moret
Monica Racic
Via Giambologna, 23/1
20136 Milano
Tel. +39 0287070622
Mob. +39 335256797
monica@monicaracic.com
Il risultato è una molteplicità di visioni, sogni, armonie tanto intense da richiedere, all’interno del libro dedicato agli Art Carpets, un capitolo riservato a ogni autore e l’interpretazione di autorevoli critici, come Achille Bonito Oliva, Flavio Arensi, Francesco Scarabicchi, Alessandra Morelli, Roberto Cresti, e vari altri.
Design, tecnologia e artigianato
Se oggi possiamo ammirare tutte le poesie degli Art Carpets è grazie alla maestria di Moret che realizza una felice contaminazione d’idee, tradizione, design e avanzata tecnologia “capace di trasformare un originale pittorico prodotto dal designer artista in una riproduzione digitale”. “È una sorta di vagireh digitale – spiega Moret – che sostituisce il campione tessile di una volta con un modello in cui si calcola la quantità esatta dei nodi e dei colori da impiegare. Si procede dai colori più vivi fino alle sfumature, per creare macchie colorate che siano praticabili per la tessitura e appetibili per l’occhio. Ci serviamo, a Istanbul, di esperti Rug Designer, usciti dall’Accademia delle Belle Arti. La gioia più grande è vedere le tessitrici lavorare con questi modelli appesi ai telai, mentre seguono precisamente cosa è già stato programmato nei nostri uffici di Istanbul.
Si tratta di una perfetta combinazione di tecnologia e artigianato. Da oltre tre decenni compriamo lane selezionate direttamente dai produttori. Viaggiamo nei villaggi delle province di Antalya e Siverek. Si tratta ancora di un viaggio affascinante, proprio all’interno dell’Urfa.
Amiamo toccare i materiali che serviranno per le varie produzioni – prosegue Moret – La lana grezza, come anche il lino e la seta, sono così imbarcati per lo stoccaggio nella nostra azienda di Usciak. Per la filatura, commissionata ad hoc, la torsione delle fibre avviene strettamente in senso antiorario, secondo le tecniche della filatura a S. I materiali prescelti arrivano ai villaggi delle tessitrici nell’Anatolia centro-occidentale, nelle province di Ghiordes, Simav, Demirci, dove abbiamo circa duecento telai dislocati tra gli altipiani a est di Smirne. Ogni sacco numerato che facciamo partire contiene il necessario per un singolo tappeto: la trama e l’ordito, il modello – il vagireh digitale – la lana, l’eventuale lino, o la seta.
Il ritmo che due, tre e, a volte, anche quattro tessitrici devono tenere durante la tessitura di un grande tappeto è essenziale per il risultato finale: è per questo che scegliamo i nostri collaboratori come si usava una volta, privilegiando i conoscenti, e spesso i parenti stretti, persone che oltre a vivere la quotidianità del villaggio si ritrovano fianco a fianco di fronte al tappeto in lavorazione e, con cadenza perfetta, ne costruiscono il completamento.
È necessaria una tessitrice ogni 60-70 centimetri di telaio. Non si può essere casuali in questo lavoro: le nostre collaboratrici producono da seimila a ottomila nodi al giorno, con la tecnica del nodo turco o asimmetrico, detto anche ghiordes.
Questo è forse uno degli ultimi lavori artigianali sopravvissuti al mondo, e qui non è permesso barare, o diventare tecnologici: un metro quadrato di tappeto contiene circa 84.000 nodi, e tutto questo avviene grazie all’opera delle mani delle tessitrici, dell’attenzione dei loro occhi, di un ritmo assolutamente orchestrale”.
Ed è così che ancora una volta Moret riesce a creare un ponte tra passato e futuro, tra tradizione e tecnologia per proporre tappeti che sono opere d’arte, portatori di armonia e poesia.
Moret è un marchio italiano attivo dal 2000 nel settore del tappeto contemporaneo con sedi a Vicenza, Milano e Istanbul.
Sviluppa e rinnova la solida tradizione costruita in oltre vent’anni d’attività dalla Galleria Pashà di Vicenza che, fondata da Hasan Pashamoglu, ospita pregiati tappeti antichi e moderni provenienti, oltre che dalla Turchia, da quelle parti del mondo in cui l’arte del tappeto costituisce un’eccellenza come, ad esempio, Cina, India e Francia.
Anni di ricerca e la continua collaborazione con architetti e designer italiani nel creare tappeti ad hoc adatti a esigenze e spazi particolari in abitazioni, hotel, yacht e centri congressi in tutto il mondo hanno stimolato la nascita della nuova concezione di tappeto che oggi Moret propone al pubblico internazionale. Se tradizionalmente esprimeva l’evolvere e il mutare di sentimenti nel complesso mondo femminile delle tessitrici, oggi il tappeto contemporaneo secondo Moret può ampliare i propri orizzonti e farsi portatore d’idee e sogni, universali e condivisi, trasformandosi così da complemento d’arredo in oggetto di design e d’arte.
Ufficio stampa Moret
Monica Racic
Via Giambologna, 23/1
20136 Milano
Tel. +39 0287070622
Mob. +39 335256797
monica@monicaracic.com
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