RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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martedì 16 ottobre 2012

“Girlbook_Boybook” personale di Cristina Gardumi a cura di Chiara Pirozzi

Mi piace il concetto anche se non ho il piacere di conoscere l'artista... Se siete a Napoli...



“Girlbook_Boybook” 
personale di Cristina Gardumi
a cura di Chiara Pirozzi
dal 5 ottobre al 30 novembre
galleria Dino Morra Arte Contemporanea - Napoli


Girlbook/Boybook
Se un libro ci rappresentasse profondamente, andrebbe consultato ritrovandosi da soli a sfogliare le pagine per un tempo di qualità, magari non lungo ma necessariamente accorto, concentrato e attento. Paragrafo dopo paragrafo leggerne i particolari, scrutarne i sensi tra le righe, capirne le sottigliezze, i riferimenti, le citazioni e ancora evidenziarne i periodi principali in cui ci identifichiamo e ci decliniamo. Infine annotarsi ai margini del nostro pensiero quelle frasi che ci hanno appassionato, turbato, fatto riflettere, come fossero appunti da tener presenti e da rispolverare ogni volta che la vita lo ricerca.
La stessa cura va riservata a Girlbook/Boybook.
Scorrendo le sue pagine è come percepire che l’autore abbia voluto affidare al lettore il compito di correggere la bozza di un testo ancora inedito; sono troppe le sbavature, gli errori, troppe anche le lacune e le incongruenze. Pare che un forte vento abbia rimescolato le pagine, alterando la sequenza e abbia rovesciato una tazza di caffè sulla scrivania, sbiadendo il segno a inchiostro, mutando il senso del discorso. Spetta tuttavia a noi ricostruire i nessi del racconto, ritrovando le lievi assonanze e scoprendo armonie fra le espressioni rintracciate. Il compito assegnatoci va fatto scrutando nelle nostre suggestioni, basandoci sulle intuizioni e interrogando i ricordi che le parole sussurrano alla nostra mente.
La storia così prende forma e diviene chiara, asciutta, implacabile, come fosse scritta da un autore timido che si sbriga in tutta fretta a finire un discorso intrapreso in pubblico.
Si tratta di un’antologia scritta da una mano femminile, pronta a osservare se stessa attraverso l’altro, il noi, il tu, il maschile e ancora il femminile.
E’ il senso del bisogno il cuore del racconto e con esso la necessità del legame con l’altrui, che veicola e condiziona i caratteri dell’individuo e le sue relazioni. Se l’autrice scrive di rapporti, questi si traducono costantemente in confronti, in paragoni fra persone, oggetti o ambienti, indispensabili per dare una stima alle somiglianze, alle affinità o alle differenze. Se è l’identità di genere a essere raffrontata, è nei suoi aspetti più carnali che nasce il rapporto fra i sessi, nella femminilità più audace come nella mascolinità più spinta. Forse per questo l’autrice induce nei protagonisti la sua stessa timidezza, al punto da fargli indossare una maschera, precludendo l’interpretazione delle emozioni viscerali a partire dai volti.
Restano allora i gesti compiuti o trattenuti, le interferenze fra i corpi, le tracce di colore che segnano un dettaglio a provvedere all’interpretazione dell’impellenza comunicativa dell’autrice. Bisogno di dare come quello di ricevere, necessità di agire come di subire, l’interesse risiede nel comprendere le divergenze, i limiti e le discrasie che inevitabilmente trascinano verso la complementarietà tra uomo e donna.
Poco conta il fatto che sia l’inchiostro o la tempera a narrare, che sia un gesto o una parola a descrivere, che si tratti del o dei libri da dover essere corretti, il desiderio nasce da una mancanza, da una solitudine che genera il bisogno segreto reciproco.

Chiara Pirozzi

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