Una personale di Annalì Riva, già finalista della scorsa edizione del Premio Patrizia Barlettani NEXT_GENERATION (www.premiopatriziabarlettani.it ) a cura di Elisa Bozzi a Casalpusterlengo... da vedere
Le stanze del sogno Esposizione Annalì Riva a cura di Elisa Bozzi
Torre Pusterla Casalpusterlengo
24 agosto alle ore 18.30 - 04 settembre
Scriveva il romanziere tedesco Hermann Hesse: "Bisogna trovare il proprio sogno perché la strada diventi facile. Ma non esiste un sogno perpetuo. Ogni sogno cede il posto ad un sogno nuovo. E non bisogna volerne trattenere alcuno."
Nel ciclo di lavori “Le stanze del sogno” Annalì Riva prende le sue fantasie e le cattura, al contrario di quello che diceva il grande scrittore, con la sua pittura. Una serie di visioni di forte impatto, dai colori decisi e dai particolari evocativi.
La vita e la morte sono protagonisti indiscussi. Lunghe radici percorrono la superficie pittorica in cerca di luce e di linfa vitale, in un continuo generarsi di esistenza. Così allo stesso modo le urne cinerarie sono una sorte di “memento mori”, insieme ai teschi, un monito a vivere la vita appieno, in previsione della fine. Ma anche nella morte c’è la vita. Queste piccole casette che Annalì rappresenta in numerosi dipinti contengono la cenere dei defunti e sono lì ad affermare la caducità della vita (“cenere eri e cenere ritornerai”). Ma la cenere è anche simbolo di vita: l’Araba Fenice risorge dalle sue ceneri dopo la morte. La medaglia ha sempre due facce.
Anche l’uomo è presente nelle opere dell’artista, come semplice corpo stilizzato o attraverso i suoi abiti, che spesso sono candide vesti dall’aspetto nuziale. “Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa...” dice un verso del Cantico dei Cantici. L’abito della nubenda non è solo simbolo di purezza grazie la colore bianco, ma fa pensare anch’esso alla vita, alla donna che genererà la sua prole. Spesso questi abiti sono caratterizzati dalla presenza di radici, quasi a formare dei veri e propri alberi della vita di tradizione celtica ripresi poi nei primi libri della Genesi, simbolo dell'unione tra terra e cielo grazie alle radici piantate al suolo e ai rami rivolti verso il cielo. La dimensione sacra è spesso utilizzata dall’artista nelle sue opere: il pesce simbolo di Gesù Cristo, il cuore che nella Bibbia rappresenta l’anima umana, i piccoli uccelli colorati da sempre presenti nei racconti cristiani. Secondo una leggenda, infatti, il cardellino, il pettirosso ed il fringuello, mossi da compassione di fronte alle sofferenze di Gesù, si misero attivamente al lavoro per togliere ad una ad una le spine della corona che gli trafiggevano le carni, ma tutti e tre furono feriti da quei rovi bagnati dal sangue divino. Sicché le parti del corpo che furono colpite ne rimasero gloriosamente segnate.
Annalì Riva lavora con la materia, la plasma secondo la sua volontà, la rende viva e vitale. Vecchie carte da parati rivelano la loro nobiltà creando superfici finemente decorate, materiali d’uso comune diventano basi su cui creare il gioco dei colori. Le campiture sono sempre ben definite, sia quando l’artista crea infiniti orizzonti o finestre dietro cui nascondere – o svelare – i suoi mondi immaginari, le sue stanze del sogno.
Elisa Bozzi
Nel ciclo di lavori “Le stanze del sogno” Annalì Riva prende le sue fantasie e le cattura, al contrario di quello che diceva il grande scrittore, con la sua pittura. Una serie di visioni di forte impatto, dai colori decisi e dai particolari evocativi.
La vita e la morte sono protagonisti indiscussi. Lunghe radici percorrono la superficie pittorica in cerca di luce e di linfa vitale, in un continuo generarsi di esistenza. Così allo stesso modo le urne cinerarie sono una sorte di “memento mori”, insieme ai teschi, un monito a vivere la vita appieno, in previsione della fine. Ma anche nella morte c’è la vita. Queste piccole casette che Annalì rappresenta in numerosi dipinti contengono la cenere dei defunti e sono lì ad affermare la caducità della vita (“cenere eri e cenere ritornerai”). Ma la cenere è anche simbolo di vita: l’Araba Fenice risorge dalle sue ceneri dopo la morte. La medaglia ha sempre due facce.
Anche l’uomo è presente nelle opere dell’artista, come semplice corpo stilizzato o attraverso i suoi abiti, che spesso sono candide vesti dall’aspetto nuziale. “Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa...” dice un verso del Cantico dei Cantici. L’abito della nubenda non è solo simbolo di purezza grazie la colore bianco, ma fa pensare anch’esso alla vita, alla donna che genererà la sua prole. Spesso questi abiti sono caratterizzati dalla presenza di radici, quasi a formare dei veri e propri alberi della vita di tradizione celtica ripresi poi nei primi libri della Genesi, simbolo dell'unione tra terra e cielo grazie alle radici piantate al suolo e ai rami rivolti verso il cielo. La dimensione sacra è spesso utilizzata dall’artista nelle sue opere: il pesce simbolo di Gesù Cristo, il cuore che nella Bibbia rappresenta l’anima umana, i piccoli uccelli colorati da sempre presenti nei racconti cristiani. Secondo una leggenda, infatti, il cardellino, il pettirosso ed il fringuello, mossi da compassione di fronte alle sofferenze di Gesù, si misero attivamente al lavoro per togliere ad una ad una le spine della corona che gli trafiggevano le carni, ma tutti e tre furono feriti da quei rovi bagnati dal sangue divino. Sicché le parti del corpo che furono colpite ne rimasero gloriosamente segnate.
Annalì Riva lavora con la materia, la plasma secondo la sua volontà, la rende viva e vitale. Vecchie carte da parati rivelano la loro nobiltà creando superfici finemente decorate, materiali d’uso comune diventano basi su cui creare il gioco dei colori. Le campiture sono sempre ben definite, sia quando l’artista crea infiniti orizzonti o finestre dietro cui nascondere – o svelare – i suoi mondi immaginari, le sue stanze del sogno.
Elisa Bozzi
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