Marta Gierut. Il
volto e la maschera
Sculture Dipinti Disegni
Poesie
- a cura di Giovanni Faccenda
-
Pietrasanta (Lucca) - Palazzo
Panichi
10 febbraio – 3 marzo 2013
La
retrospettiva di Marta Gierut, giovane poetessa e artista scomparsa nel 2005, ne
svela per la prima volta in modo esaustivo il vario percorso creativo fatto sia
di sculture (dedicate pure al ciclista Marco Pantani e al letterato Piero
Bigongiari), di dipinti – dove emergono in modo imperioso taluni autoritratti
che evidenziano una personalità di spessore – tratti dalle serie denominate
rispettivamente “Camminando in un’Anima” e “Farfalle”, oltre che un buon numero
di grafiche. Sono esposte pure alcune delle duecento liriche presentate
nel volume “Il volto e la maschera, poesie e opere” edito da Giorgio Mondadori
che accompagna la mostra, che ha testi di Manlio Cancogni, Giovanni Faccenda,
Rosangela Mura e Roberto Valcamonici.
*
Manlio
Cancogni: “... a
giudicare dall’abbondante e vario materiale che ha lasciato l’aspettava un
grande avvenire d’artista. O forse mi sbaglio; essa aveva già dato molto e per
quanto giovanissima poteva dirsi pienamente soddisfatta”
(2012).
Giovanni
Faccenda: “Parole –
verrebbe da dire – assemblate sulla carta come fossero di creta, messaggi
racchiusi in fogli bianchi destinati ad attraversare i mari perigliosi della
nostra esistenza, conforti inattesi, dono, non certo ultimo, di chi ebbe a
vivere più vite, paradossalmente, di un vecchio ottuagenario”
(2012).
Rosangela Mura: “Camminare fra le sue poesie significa
perdersi in un labirinto di sentimenti e di pensieri che deviano, tornano su se
stessi, si avvolgono e si dipanano. Ma i passi non portano a nessuna meta, se
non ci si abbandona al labirinto stesso, al suo fluire misterioso ma definito,
ordinato secondo un disegno segreto di armonia” (...) “E’ il mondo dell’arte
visiva, la sua arte, che sottintende a tutti i versi e li intesse di colori e
della bianca solidità del marmo. Marta modella e impasta le parole come se
avesse sempre tra le mani scalpelli, pennelli, creta. La poesia si fa statua e
quadro, il dipinto si materializza in cadenze ritmiche”
(2012).
Roberto
Valcamonici: “Marta
Gierut è con tutta evidenza un’artista che ha espresso con le sue opere i
sentimenti che sentiva ardere dentro di sé e l’intensità con cui li ha provati è
tale da coinvolgere lo spettatore nelle sue stesse emozioni.
La sua pittura - come prova
il bel volume Marta Gierut – Il volto e la
maschera, poesie e opere, pubblicato di recente da Giorgio Mondadori
- non può essere fruita, dunque, in modo disgiunto dalla sua poesia, perché i
due linguaggi sono l’espressione della stessa cosa. Sono, in particolare,
l’espressione di una profonda sensibilità che è il frutto del solitario processo
di immedesimazione fisiologica dell’artista nel tentativo di recuperare la parte
del proprio vissuto legato al
desiderio di ascoltare la solitudine propria e degli altri,
nell’attesa di incontri dello spirito, dove siano il sogno e la poesia a guidare
i nostri percorsi.
Il messaggio più autentico
che promana dall’intera opera di Marta è quello di credere che se la felicità
può essere raggiunta, essa dipende dalla capacità che ognuno di noi manifesta di
salvare l'infinita complessità del proprio mondo interiore. Tutta la sua opera è
fondata sulla consapevolezza che la solitudine è un silenzio che va ascoltato,
perché è una forza misteriosamente generatrice capace di offrire la possibilità
di trovare il vero significato del nostro vivere. Separarsi temporaneamente dal
mondo esterno per rientrare nella propria interiorità e nella piena libertà
della propria immaginazione ha il potere di consentire alle cose di essere
individuate e quindi, anche, di poter esistere come opere d’arte, di estrema
delicatezza e sensibilità” (2012).
Enzo
Boncompagni: “...
L’artista figurativo ha la capacità di vedere quello che gli altri non vedono,
perchè egli vede non solo per mezzo dei suoi occhi, ma attraverso il suo
pensiero e la sua anima. Nell’arte della scultura, potrebbe essere anche
relativamente facile dar vita alla materia, per tante idee. Ma scolpire una
“testa”, che sola può identificare un essere umano, con la complessità dei suoi
pensieri, delle sue gioie, ma soprattutto delle sue sofferenze, è niente affatto
facile, per uno scultore. Se non c’è la capacità di vedere oltre, e di
interpretare, il risultato sarà banale. Così non è per l’opera di Marta Gierut
“Omaggio a Marco Pantani”. Ci si ferma a guardarla, e dopo un po’ ci accorgiamo
che la materia ha preso vita, che si è quasi instaurato un dialogo con quella
scultura. Pochi artisti riescono ad esprimersi con questa qualità: Marta Gierut
è tra questi” (21 marzo 2005).
Dino
Carlesi: “... più
drammatico l’omaggio a Pantani: la sofferenza è dominante, la superficie è
tormentata, gli occhi tendenti alla disperazione e quelle tre piccole
lacerazioni tra i due occhi indicano come la preoccupazione possa tramutarsi in
tragedia. Il personaggio pare sentire il proprio pensiero, l’io al proprio problema
esistenziale” (17 aprile 2005).
Raffaello
Bertoli: “... Marta
Gierut ha dipinto, ha scritto, ha scolpito, assimilando, prima, le molte
contraddizioni e i singulti contemporanei.
Ricerche esteriori e
decalcomanie, che finirebbero per costringere alla rinuncia del mondo
esteriore.
Il NO di Marta Gierut si stampa, nero nel
nero, dietro un obliquo velo di tristezza, sui suoi quadri: non rinuncia alla
sua identità, né alla profondità dell’io, per una maschera tragica o
tragicomica.
Chi ci ha traditi? Chi ci
ha immersi nell’ambiguità ossessiva del nulla? Dall’Eva di Masaccio al Grido di Munch passano secoli. Gli occhi
dell’anima delle Ninfee di Monet
e le scacchiere colorate di Mondrian sono invece
continue...
La durata della vita è il
perdurare del pensiero. Chi più pensa più vive. Misurata così, la vita di Marta
è stata lunga e laboriosa. Poesie, quadri, disegni e sculture lo dimostrano. E
lo dimostreranno” (2006).
Enrico
Guarnieri: “La sua
pittura è caratterizzata da un elevato potere di sintesi, sempre tematicamente
incentrata sull’uomo che evidenzia con una tavolozza composta da pochi
essenziali colori e dove la figura, resa con le principali notazioni anatomiche,
è colta in ambienti spogli a volte appena accennati, facendo così trasparire
dalle sue opere solitudine e miseria. Questo non è che un modo di rappresentare
la realtà, perché quando lo ritiene necessario, Marta sa essere sottile e
complessa come nell’autoritratto verde, dove la figura intera è rappresentata in
un ambiente articolato, dai colori acidi, in una composizione dai sottili
rimandi e proiezioni dovuta anche all’espediente dello specchio che ha illustri
precedenti in Van Eych e in Velázquez e in cui ci mostra una verità riflessa.
Specchio non più dipinto, ma reale viene usato sul verso di alcune sue opere,
che esposte in sequenza su una struttura in ferro permettono di osservarle da
ambo i lati creando, con un complesso gioco psicologico, il totale
coinvolgimento dello spettatore” (2006).
Bruna
Nizzola: “Le sue
parole, bellissime, cariche di pathos, conoscono anche un tenero approccio alla
bellezza della natura e un intenso, totale abbandono all’amore. Quanto amore! E
se ricorda ciò che di triste c'è nel suo passato lo fa senza ombra di
rancore”.
Manrico
Testi: “Per
circoscrivere la nostra analisi al campo scultoreo, già nel 1994 Marta è
pervenuta a quest’opera – “Il volto e la maschera” – che rappresenta un punto di
partenza, e al tempo stesso di approdo di notevole livello artistico-espressivo,
di una linea evolutiva proseguita nel 1995 con le penetranti rappresentazioni di
Piero Bigongiari e di Gino “Rinaldo” Bramanti, e nove anni dopo, col sentito,
ispirato, “Omaggio a Marco Pantani” in cui la giovane scultrice ha
magistralmente interpretato e capito l’inquietante, dolorante figura del grande
scalatore romagnolo, disperatamente solo e incapace di perpetuare e sopravvivere
al suo esaltante mito.
Così Marta, giovanissima,
ma già fornita di un ricco bagaglio formativo, di un’acuta sensibilità e di
notevolissime capacità plastico-espressive, ci ha consegnato questa scultura di
grande spessore etico e umano, oltre che artistico”
(2006).
Amedeo
Lanci: “La farfalla
dell’autostrada. Che bella la luce quando Marta mi chiamava per vedere qualche
suo dipinto e mi leggeva una poesia come se fosse il continuo del quadro.
Provavo a essere severo nel giudizio che mi chiedeva, poi con un sorrisino
birbone e simpatico mi faceva notare che i verdi stesi in un modo quasi
“strusciato” era un pregio della sua acerba fruttuosità. Dotata di una
sensibilità d’artista come i grandi della letteratura, i suoi scritti mettono in
imbarazzo molte persone che possono avere la possibilità di leggerli, per quella
semplicità di linguaggio attuale e disarmante, linguaggio giovane, maturato alle
dure esperienze che la vita regala alle farfalle
dell’autostrada.
Conservo molte lettere che
ci siamo scritte quando per annullare la distanza volevamo parlare d’arte e
della vita. A volte le confidavo cose mie molto serie, lei mi scriveva delle sue
e soprattutto della forte voglia e del piacere che nutriva nel dipingere e
scrivere poesie. Quello che mi faceva leggere, rivelava la capacità che aveva
nel far sentire il forte disagio che i giovani di oggi attraversano in mezzo a
troppo materialismo (...). Ragazza bella, artista ispirata dal destino. Anche se
ha studiato all’Accademia, quello che usciva dal suo pennello e dalla sua penna
rivela una personale espressione sconvolgente per la semplicità dei gesti e del
fantastico modo di scrivere che tocca l’anima e i sentimenti. Un quadro speciale
per lei era un suo dipinto con verdi acidi che segnano una figura vista da
dietro mentre si guarda in uno specchio nero. Forse Dino Campana avrebbe avuto
piacere di avere Marta Gierut come sua amica.
Penso che certe volte la
Luna non esce e il Sole gioca il suo eterno chiaroscuro, mentre la farfalla
parte per un lunghissimo viaggio, ma sta tornando in mezzo a noi con le sue
opere”. (2006).
Lodovico
Gierut: “Marta
Gierut, il volto e la maschera.
Pur avendo scritto e
parlato dell’attività di mia figlia Marta in più occasioni – al di là delle
pubblicazioni cartacee che ne hanno evidenziato in parte l’operato, tipo “In
Franco Miozzo” e “Camminando in un’Anima”, e il DVD “La valigia” e altro, dico
solo che questa mostra a lei dedicata, organizzata a Pietrasanta – dove è nata –
s’è concretata in quanto non era opportuno lasciare in un angolo i disegni, le
incisioni e i quadri e le sculture (da usare soprattutto per i fini
dell’Associazione nata per rammentarla e per perpetuarne la generosità), e i
tanti scritti – più che altro poesie – del suo intenso logico
percorso.
E’ con un poco di ritrosia,
ma la chiarezza s’unisce alla comunicazione, che ricordo i suoi primi passi nel
variegato universo artistico, allorché l’esortavo a lavorare per poi esporre
nelle mostre di gruppo che organizzavo più che altro in
Versilia.
Sì, ero eccessivamente
presente, quasi soffocante, ma ne notavo le doti naturali (mia moglie Liliana ha
scoperto che un suo nonno materno amava plasmare la creta, forse un caso, ma non
credo), apprezzate da amici veri come Franco Miozzo che l’ha seguita fin da
piccola, notata pure da alcuni dei suoi insegnanti all’Istituto d’Arte “Stagio
Stagi” di Pietrasanta dove aveva deciso di studiare fin da quando frequentava le
Elementari a Marina di Pietrasanta, ma non solo.
Marta poi è cresciuta e per
certi versi mi sono fatto da parte: ha avuto le sue esperienze, ha ampliato a
dismisura la sua cultura letteraria fortemente fusa all’arte grazie a
frequentazioni più o meno periodiche con i vari Bigongiari, Bertoli, Cancogni,
Carlesi, Paloscia... e alla nostra casa cui confluivano tranquillamente artisti
da ogni lido che si trovavano a proprio agio in un ambiente caoticamente zeppo
di libri e di disegni, di sculture bronzee e in terracotta, tele e cornici in
democratica armonia.
L’elenco potrebbe essere
virtualmente allargato a dismisura con la sua quasi insaziabile necessità di
conoscere, di capire, di allargare l’orizzonte, poiché fin da bambina ha amato
leggere. Guardava alla qualità e al contenuto e viveva il suo tempo
nell’alternanza del sole e di una certa fatica data da una società dove ancora
alberga – mi si passino i termini – superficialità, cattiveria, persino
eccessiva ritrosia nei confronti di chi pensa e di chi crede all’amicizia e
all’altruismo.
Dico spesso che il passero
vola basso, e deve vivere, ma c’è l’aquila che s’innalza verso il
cielo).
Marta ha scritto molto, ma
si chiudeva a riccio, cosicché, per rispetto, le cose da me pubblicate, o date
ad altri per quel fine, sono state quelle che aveva inserito nel suo computer (o
ben visibili nella sua piccola preziosa
biblioteca).
Prima del Natale 2011,
anzi, a settembre (Marta era dell’11di quel mese, del ‘77, e se n’è andata il 30
agosto 2005), Liliana e io abbiamo deciso di guardare con attenzione i suoi
diari, i quaderni di appunti, e di aprire i contenitori di disegni e di
acquerelli e i cassetti del suo Studio. Marta teneva alle sue cose, come
me.
E’ venuto fuori “il mondo”,
il suo, il suo “Io”. Poi, grazie a una serie di circostanze, parte delle liriche
copiate (senza fare correzioni e modifiche) hanno fatto nascere a fine 2012 “Il
volto e la maschera, poesie e opere”, Editoriale Giorgio Mondadori (Cairo
Publishing, Milano), che rappresenta la colonna portante della retrospettiva di
Pietrasanta a Palazzo Panichi. Sono perciò grato al Comune di Pietrasanta
come all’amico Giovanni Faccenda, ma non è possibile che dimentichi di
ringraziare altre persone per gli interventi, come Roberto Valcamonici, lo
stesso Faccenda, Manlio Cancogni e Rosangela Mura. In qualche copia del libro
c’è una stampa fotolitografica raffigurante un marmo di Marta (“Olivo”), e una
lito di Mauro Capitani “L’angelo dell’autostrada”.
La retrospettiva di Marta
riporta il titolo del libro, con l’aggiunta di Sculture Dipinti Disegni Poesie, forse non
semplice per alcuni, ma non è un assemblaggio d’opere, bensì un percorso del suo
cammino fatto di scelte, di incontri, di certezze: c’è la sua anima, con le
ferite del cuore e l’attimo della creatività.
E’ una specie di labirinto
complesso d’una giovane che si chiede e si domanda, che risponde, che vive il
proprio tempo... forse – ogni tanto – estraniandosene, andando in uno spazio
“oltre” nei dubbi e nelle certezze messe in essere in una trama lirica fitta
fitta, con la creta e altre materie, con le carezze modulate su carta, con i
dipinti figurali i quali, specie nella serie “Davanti allo specchio” (2004/2005)
chiudono volutamente a certa leggiadria precedente per immergersi persino in un
che diversificato, astrazionale, pungente e totalmente privo d’appigli armoniosi
che sfocia in colori assoluti e finali come il rosso e il giallo e il nero.
C’è pure un quadro tutto
nero, nero su nero, fondo acrilico e fondo a olio su tela Leonardesca: un 40 per
50.
Ce n’è poi uno tutto
giallo/luce, che abbiamo trovato sul cavalletto,
l’ultimo.
E c’è un gruppo di farfalle, un messaggio; disegni a matita e
a pastello (alcuni sulla psichiatria) uniti alle sue parole senza retorica; e
“Camminando in un’Anima”, un’autobiografia per immagini e poesie (su legno,
pirografo, quasi tutti a tecnica mista).
Di “Camminando in un’Anima”
parlò anche durante il colloquio finale all’Accademia di Belle Arti nel 2000,
nel corso dell’esposizione della sua tesi su Franco Miozzo, il suo Maestro morto
nel 1996. Interessanti anche – del periodo dello “Stagio Stagi” di Pietrasanta –
anche certe “tesine” su Giuliano Vangi, sulla scultura “La tuffatrice” di Miozzo
che si trova a Tonfano, e su quella dedicata ai Caduti di Domenico Rambelli e
Lorenzo Viani a Viareggio (oggi conservate dal Comune di Pietrasanta).
Marta ha lasciato molti
disegni, nonostante ne abbia distrutti – come varie sculture – una
marea.
L’alternanza delle stanze
del “Panichi” accoglie, singole e a gruppi, altri suoi passaggi temporali,
ritratti per rammentare certa fragilità di Marco Pantani (una parola cui
dà risposta il nostro amico Vittorino Andreoli), le maschere, il “suo” Piero
Bigongiari che le fu generoso di consigli, piccole lune bronzee del ’94, bassorilievi,
incisioni sull’apprezzata carta Magnani, o su
marmo...
Forse resteranno pensieri,
su quest’esposizione, che sarebbe bene riunire per farne un piccolo libro. Un
libro per gli stessi fini sociali e umanitari, e culturali, per questo è nata
un’associazione che nel rammentarla sta cercando di portare avanti la sua vita
vissuta per dire, per fare, per donare.
Hai ragione, Marta, “la
vita è sempre azioni d’amore...””. 2012.
Marta
Gierut è nata a
Pietrasanta (Lucca) l’11 settembre 1977 ed è deceduta per propria volontà a
Massarosa il 30 agosto 2005. Allieva del pittore e scultore Franco Miozzo, ha
frequentato dapprima l’Istituto Statale d’Arte “Stagio Stagi” di Pietrasanta,
quindi l’Accademia di Belle Arti di Carrara. Ha studiato a fondo l’attività di
alcuni dei massimi artisti e letterati, da Majakovskij a Van Gogh a Hesse, per
citarne alcuni a caso. Sue opere sono state acquisite da istituzioni pubbliche
quali il Museo dei Bozzetti di Pietrasanta, Il Museo della Resistenza a S. Anna
di Stazzema, il Telesia Museum di San Roberto, e i Comuni di Forte dei Marmi e
di Cascina. E’ anche in diverse importanti collezioni
private.
Suo è
il monumento intitolato “Il volto e la maschera” posizionato in Marina di
Pietrasanta, lato via E. Pea, inserito nel “Parco della Scultura” che ha tra
l’altro lavori di Fernando Botero, Pietro Cascella, Novello Finotti, Jean Michel
Folon, Franco Miozzo, Igor Mitoraj, Francesco Messina, Kan Yasuda e altri
(vedasi www.museodeibozzetti.com). Tra
le pubblicazioni di Marta Gierut i volumi editi dal Comitato che la
ricorda, “Camminando in un’Anima” e “In Franco Miozzo”, nonché l’E-book “La
valigia. Trentacinque poesie” visionabile su you tube. E’ dell’autunno 2012 il
suo libro “Il volto e la maschera, poesie e opere” (Editoriale Giorgio
Mondadori, Milano) reperibile nel sito www.cairoeditore.it/libri
(libri illustrati).
*
Dal 10
febbraio al 3 marzo 2013.
Esposizione inserita nella
programmazione 2013 del Comune di Pietrasanta.
Organizzazione Comitato
Archivio artistico-documentario Gierut.
Titolo: Il volto e la
maschera. Sculture, dipinti, disegni e poesie.
Autore: Marta Gierut
(1977-2005).
Data: Dal 10 febbraio al 3
marzo 2013.
Luogo: Pietrasanta; Palazzo
Panichi, Via del Marzocco n°2 (ang. Piazza Duomo).
Curatore dell’esposizione:
Giovanni Faccenda, critico d’arte.
Orari: 16/19. Sabato e
domenica anche 10-13. Lunedì chiuso. Ingresso
libero.
Note: Il 10 febbraio 2013
ad ore 10,30 presentazione sia della mostra, sia del volume di Marta Gierut “Il
volto e la maschera, poesie e opere” nel Chiostro di Sant’Agostino (Via S.
Agostino, 1).
Ad ore 12,00 inaugurazione
ufficiale presso Palazzo Panichi.
Info: Centro
Culturale “Luigi Russo”, Pietrasanta. 0584/795500. www.museodeibozzetti.it oppure lodovico@gierut.it www.gierut.it Cell. 3803941442. Ufficio Stampa
| Assessorato alla Cultura: Tel. 0584/795226 F 0584 795221, e-mail: mailto:cultura@comune.pietarsanta.lu.it
www.comune.pietrasanta.lu.it
Patrocini: Museo Ugo Guidi,
Forte dei Marmi; Open One, Pietrasanta; Circolo Filatelico Giacomo Puccini,
Viareggio; Campolonghi Italia, Montignoso; Associazione Virginia Iorga
O.N.L.U.S., Firenze; Cartiera Magnani, Pescia; Fondazione Romana Marchesa J. S.
Umiastowska, Roma.
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