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lunedì 24 marzo 2014

Gerhard Richter alla Beyeler



Fondation Beyeler, ospita l'artista tedesco Richter dal 18 maggio al 7 settembre 2014 

La Fondation Beyeler dedica una mostra senza precedenti a uno dei maggiori artisti del nostro tempo: il tedesco Gerhard Richter, autore di un corpus artistico vasto ed eterogeneo - L'esposizione sarà aperta dal prossimo 18 maggio fino al 7 settembre.


Gerhard Richter (*1932, vive e lavora a Colonia) è considerato uno dei maggiori artisti del nostro tempo. Nei sessant’anni della sua attività artistica ha prodotto un corpus di lavori assai eterogeneo per temi e stili. La Fondation Beyeler gli dedica una grande mostra senza precedenti in Svizzera. Per la prima volta i riflettori sono puntati sulle sue serie, i cicli e gli spazi, e quindi su un aspetto finora ancora poco indagato della sua opera.
Dagli anni 1960 Richter si è sempre confrontato con le serie oltre che con l’opera singola, come testimoniano i suoi precoci dipinti sia fotorealistici sia astratti, i lavori con specchi e vetro o i recenti cicli di stampe digitali del 2013. Nel contempo Richter ha guardato fin dall’inizio anche alla presentazione della propria arte in connessione con l’architettura, realizzando più volte opere destinate a un determinato luogo. Nel corso dei decenni sono nati così numerosi cicli e spazi che in vario modo suscitano riflessioni sul mutuo rapporto fra immagine singola, insieme di opere e spazio espositivo.

Nel lavoro di Richter le serie partono da spunti e interrogativi diversi: vi sono gruppi di opere legate tra loro dall’affinità contenutistica del soggetto, come esemplificato da Acht Lernschwestern (Otto infermiere tirocinanti) del 1966 fino a18. Oktober 1977 (18 ottobre 1977) del 1988; in altri casi l’artista ha affrontato il tema secondo diverse varianti, cosicché è il nesso tra motivo e variazione a essere decisivo, come posto in luce da Verkündigung nach Tizian(Annunciazione secondo Tiziano) del 1973 fino a S. mit Kind (S. con bambino) del 1995. Quanto agli insiemi di dipinti astratti, essi creano uno spazio immaginativo allargato in cui il singolo quadro e l’impressione generale rimandano costantemente l’uno all’altra, per esempio in Wald (Foresta) del 2005 o in Cage del 2006. Questi e altri aspetti del lavoro di Gerhard Richter sulle serie e gli spazi sono documentati per la prima volta nella densissima mostra alla Fondation Beyele
Gli inizi dell’interesse di Richter per l’interazione di pittura e spazio risalgono agli anni 1950, quando egli attese allo studio della pittura parietale presso l’Accademia d’arte di Dresda. Dagli elaborati di quel tempo si evince quanta attenzione già allora rivolgesse al contesto architettonico. Ma la ricerca assidua su spazi e forme di presentazione dell’arte diviene evidente soprattutto nei numerosi schizzi dell’Atlas eseguiti a partire dagli anni 1960, in cui sono progettati spazi espositivi sia utopici sia reali che esplorano in maniera fondamentale e varia il rapporto che unisce immagine e architettura, dove peraltro i confini fra arte e spazio si fanno sfumati. In un’intervista Richter ha sottolineato il suo alto interesse per lo spazio: “Ho un mio sogno – che i quadri si tramutino in ambiente e diventino essi stessi architettura.”
Accanto all’inclinazione per l’architettura gioca un ruolo fin dalle opere giovanili anche il lavoro su dipinti composti di più parti. Quale esempio precoce la mostra propone Acht Lernschwestern (Otto infermiere tirocinanti), 1966, sequenza degli otto ritratti delle giovani donne assassinate che la stampa aveva pubblicato all’epoca dei fatti
Negli anni 1970 a tali gruppi di opere contenutisticamente affini si era aggiunto un altro genere di cicli, miranti a sondare la relazione tra tema e variazione. Nei dipinti della Verkündigung nach Tizian (Annunciazione secondo Tiziano),1973, Richter si è accostato al modello del 1535 attraverso successive versioni, nel corso delle quali andava accentuandosi progressivamente l’astrazione della visione pittorica. Richter in proposito ha affermato: “Il fattore determinante era il tentativo di copiare il dipinto. Il non riuscirci mi mostrava le difficoltà che abbiamo per il fatto che tutta quella cultura si è perduta, ma è nostro compito partire da questo presupposto e farne qualcosa.” Le composizioni, oggi conservate in diverse raccolte, eccezionalmente si possono qui ammirare nel loro insieme
Un altro nucleo centrale di opere degli anni Settanta è formato da Grau (Grigio), del 1975, che Richter ha allestito come insieme nel museo Abteiberg a Mönchengladbach. Sulla nascita dei suoi quadri grigi ha detto: “È cominciata con piccoli lavori, che semplicemente ho ridipinto di grigio, e con immagini fotografiche, che ho strofinato finché non si vedeva assolutamente più nulla. Quindi ho constatato il manifestarsi di differenze qualitative, dopo di che era emozionante vedere perché uno era buono e l’altro meno buono o meno brutto e così via.” Ne è derivata una serie che anche nella negazione attraverso il colore grigio rivela qualità artistiche nella variazione.
I cicli dei dipinti astratti, di cui tra gli altri sono in mostra Bach, del 1992, Wald (Foresta), del 2005, e Cage, del 2006, già nel loro processo pittorico sono trattati diversamente rispetto ai quadri singoli. Richter ha detto al riguardo:“Nel caso dei dipinti astratti, tutti nascono in una sola volta. Non è che uno venga terminato e poi arrivi il secondo, bensì tutti i quadri sono impostati allo stesso momento. Inizialmente hanno tutti lo stesso status, ma poi apprendono gli uni dagli altri. Li posso dunque confrontare fra loro.” Dai reciproci rapporti tra le singole tele ha origine un nuovo, ampliato spazio pittorico
In questi cicli astratti anche i titoli hanno un significato importante. Per esempio Cage (2006) prende la denominazione dalla musica di John Cage che Richter ascoltava durante il lavoro sui quadri; il ciclo Wald (Foresta) del 2005 prese le mosse da fotografie di passeggiate nei boschi. Tuttavia, i dipinti non sono figurativi, bensì tematizzano in modo astratto l’impressione di potersi perdere nella foresta: “È descritta piuttosto la sensazione che si prova in un bosco sconosciuto.” Allo spazio materiale concreto si affianca lo spazio immaginario delle composizioni astratte.
Il ciclo 18. Oktober 1977 (18 ottobre 1977) eseguito nel 1988 occupa un posto particolare sia nella mostra sia nell’opera di Richter. Esso è frutto di una pluriennale riflessione sulla storia tedesca relativamente alla Rote Armee Fraktion / Frazione Armata Rossa (RAF). La sequenza comprende 15 dipinti desunti da fotografie riportate dalla stampa, dei quali alcuni – come i tre quadri Tote (Morta) – sono in sé variazioni sul tema. I dipinti non forniscono risposte alle domande sull’ideologia politica, bensì mettono in rilievo l’incertezza, i dubbi, ma anche l’insistito e condensato confronto. Lo spazio diventa ambiente storico, la cui osservazione offre lo spunto per ulteriori riflessioni sulla possibilità di rappresentare la storia in pittura.In Verkündigung nach Tizian (Annunciazione secondo Tiziano) Richter aveva affrontato il modello storico-artistico. La serie S. mit Kind (S. con bambino), realizzata nel 1995 sulla base di fotografie di famiglia, mette in gioco in un altro modo e su un piano emotivo il rapporto fra tradizione e tempo presente. Richter a questo proposito: “In fondo non si può più dipingere una maternità. Sarebbe del tutto reazionario. Sembrerebbero delle madonne. Un po’ della difficoltà si fa sentire quando si raschia ciò che si è dipinto, lo si ripassa con la spatola e lo si fa riemergere. Per questo la serie è derivata dai tentativi di farne comunque un quadro. Sono in realtà tutti dipinti danneggiati o insopportabilmente stucchevoli.” Questi approcci pittorici malgrado i dubbi sul mantenimento del soggetto sono palesati dallo spazio.
Tali dipinti formano un tutt’uno, a differenza delle serie che pur esplorando un determinato tema vanno tuttavia osservate nelle loro singole componenti, come le nature morte: “La maggior parte delle serie sono differenti anche perché rappresentano tentativi diversi. Invero questi hanno uno stesso soggetto, ma non sono mai stati pensati per essere mostrati insieme. Per esempio le immagini di candele. Ci sono però anche dipinti veramente coerenti fra loro, che trattano un tema in variazioni così diverse da essere esibiti l’uno accanto all’altro. Di conseguenza sono adatti a uno spazio”. Sono questi i gruppi di opere su cui è incentrata la mostra.
In Spiegeln (Specchi), su cui dagli anni 1990 Richter ha lavorato con crescente intensità, il rapporto con lo spazio denota una nuova qualità. Se prima si guardavano dei quadri, ora sono lo spazio espositivo stesso e i visitatori ad apparire sulle superfici di vetro specchiante. Anche l’architettura delle sale diviene parte dei quadri. I piani degli oggetti riflettenti, degli spazi e dell’immagine speculare che cambia di continuo si sovrappongono. L’esperienza dell’osservatore fa consapevolmente parte dell’opera. A formare uno spazio sono in mostra Vier graue Spiegel(Quattro specchi grigi), del 2013.
 Il carattere di oggetto rivestito da questi specchi monocromi è ancor più accentuato nei lavori sulle lastre di vetro. Nella sequenza con 12 lastre e nel castello di carte con 7 lastre, ambedue del 2013, hanno luogo molteplici trapassi, dallo sguardo attraverso le lastre e lo spazio immaginativo dei riflessi fino alla presenza tangibile delle stesse lastre di vetro quali oggetti. “Il vetro è qualcosa di molto affascinante: in quanto lastra trasparente ci separa e ci protegge dalla realtà che ci mostra come fosse un quadro. E in quanto specchio ci rivela un’immagine che non è là dove la vediamo. La lastra medesima è ciò che si va guardato soltanto se la esponiamo come oggetto. La cosa mi ha molto intrigato.”
Ai lavori più recenti in mostra appartiene anche la serie delle Strip (Strisce), sempre del 2013. Esse si basano sulla fotografia di un dipinto astratto del 1990, i cui particolari in seguito sono stati ingranditi col computer e poi riflessi più volte. La questione del potenziale artistico insito nella serialità e ripetizione assume qui una luce nuova. Complessivamente la mostra presenta dunque numerosi aspetti legati al significato di serie, ciclo e spazio nell’opera di Richter, estendendosi dagli ambienti tematici a quelli che illustrano il processo lavorativo, dagli spazi immaginativi ampliati ai rapporti reciproci diretti tra spazio immaginativo e spazio espositivo nelle sale dei vetri e specchi. L’osservatore non solo si muove da un’opera all’altra, ma anche da una sala all’altra, in cui di volta in volta viene a trovarsi nel mezzo di un insieme. In ciascuna di queste aree si creano nuovi riferimenti tra le opere di Richter e il contesto del luogo.Le serie in mostra sono ripetutamente contrappuntate da opere singole dell’artista; tra queste figurano dipinti che hanno raggiunto lo status di icona, come Betty, del 1988, o Lesende (Lettrice), del 1994. Esse rompono la successione degli spazi e invitano ad addentrarsi oltre nella riflessione sul rapporto tra opera singola e gruppo di opere nella produzione di Richter.Gerhard Richter è nato a Dresda nel 1932. Dapprima studiò all’Accademia d’arte della sua città natale. Nel 1961 fuggì nella Repubblica Federale e proseguì gli studi all’Accademia di Düsseldorf, presso la quale dal 1971 al 1994 ricoprì la carica di professore titolare. Nel 1972 espose nel padiglione tedesco alla Biennale di Venezia come pure alla Documenta di Kassel, dove era rappresentato anche nel 1977, 1982, 1992 e 1997. Nel 2002 il Museum of Modern Art di New York lo ha celebrato con un ampio evento espositivo. Da ultimo nel 2011/12 la retropspettivaPanorama ha fatto tappa alla Tate Modern di Londra, alla Neue Nationalgalerie di Berlino e al Centre Georges Pompidou di Parigi.La rassegna è concepita in stretta collaborazione con l’artista e l’archivio Gerhard Richte 
Curatore ospite della mostra è Hans Ulrich Obrist, condirettore della Serpentine Gallery londinese. Obrist è amico di lunga data di Gerhard Richter nonché straordinario conoscitore della sua opera. Da oltre vent’anni realizza progetti in comune con l’artista. Inoltre è autore di numerose pubblicazioni sul pittore tedesco. Per lo svizzero Hans Ulrich Obrist questa è la prima grande mostra curata in patria.

La mostra si realizza con il sostegno di Sam Keller, direttore della Fondation Beyeler, e di Michiko Kono, Associate Curator presso la Fondation Beyeler.

La mostra è corredata di un catalogo in lingua tedesca ed in lingua inglese, con testi di Georges-Didi Huberman, Dietmar Elger, Michiko Kono e Dieter Schwarz e di un’intervista a Gerhard Richter di Hans Ulrich Obrist. Un particolare ringraziamento va a Dieter Schwarz per la sua partecipazione al dialogo riguardante la concezione della mostra ed a Dietmar Elger per il sostegno all’allestimento della mostra.

Fondation Beyeler, Beyeler Museum AG, Baselstrasse 77, CH-4125 Riehen (Svizzera)
Orari di apertura della Fondation Beyeler: tutti i giorni 10.00–18.00, mercoledì fino alle 20.00

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