Porta la firma di Anna Caterina Bellati questo imperdibile grande evento...
il prossimo 5 aprile a Chiavenna!
IL VUOTO E LE FORME 4. – Venice, mon amour
a cura di Anna Caterina Bellati
Chiavenna (SO)
Palazzo Pestalozzi
Piazza Bertacchi
Chiesa dei Cappuccini
Palazzo Pretorio
Inaugurazione: Sabato 5 aprile 2014, ore 17.00
Data di chiusura: 27 aprile 2014
Orari di apertura:
Martedì, Mercoledì, Venerdì
15.30 > 18.00
Giovedì, Domenica 10
> 12 / 15.30 > 18.30
Sabato 10 >
12 /
15.30 > 19.30
Lunedì chiusura
Biglietto: ingresso libero
Orario del vernissage: ore 17.00
Con il patrocinio di:
Città di Chiavenna
Con il sostegno di: Comunità
Montana della Valchiavenna
In collaborazione con: Museo della Valchiavenna, Pro Loco
Città di Chiavenna
Organizzato da: BELLATI EDITORE
Ufficio Stampa: Bellati Editore, info@bellatieditore.com,
www.bellatieditore.com
Artisti:
Antonio Abbatepaolo, Franco Batacchi, Mauro Benatti,
Damiano Casalini, Marco Cornini, Donato Frisia jr, Marco Martelli, Alberto
Salvetti, Tobia Ravà, Dania Zanotto
Tel. +39 3332468331
e-mail: info@bellatieditore.com
www.bellatieditore.com
Ideato e progettato da Anna Caterina Bellati
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IL VUOTO E LE FORME giunge quest’anno alla sua quarta
edizione. La Biennale d’Arti Visive di
Chiavenna porta nel 2014 il titolo Venice,
mon amour. Chi scrive lavora a Venezia ormai da un decennio e ha pensato a
un gemellaggio ideale tra la città più bella del mondo e la piccola città dove
è nata, Chiavenna appunto.
Perché questa mostra di laguna trasferita a ridosso delle
montagne? I motivi sono di natura emozionale e culturale.
Innanzitutto Venezia è un topos, un’immagine mentale che ciascuno fin da bambino ha
sedimentata nella propria coscienza. Si tratta di un luogo nel quale si
vorrebbe andare almeno una volta nella vita, un posto del sogno fermo nel
tempo, simbolo della malinconia, dell’innamoramento, della bellezza. Un sito
culturale che da secoli è anche assurto a segno principe dell’arte, non solo
per le sue Biennali, di Arti Visive e
di Architettura, ma perché da sempre
è stato punto di approdo di tantissimi artisti di fama internazionale. Il vero
motivo ad attrarre a Venezia chi fa arte
non è la singolare struggente meraviglia della città, ma la sua luce. Una parte
di questa luce, reinterpretata dai pittori e scultori chiamati per questa
occasione, farà dunque mostra di sé a Palazzo Pretorio, Palazzo Pestalozzi,
nella chiesa dei Cappuccini e in Piazza Bertacchi.
Come simbolo dell’evento sono stati scelti il campanile di
San Lorenzo, iniziato il 5 giugno 1597 e terminato nel 1603 a sostituire la
torre del XII secolo e il pettine o ferro di prua (in veneziano fero da próva o dolfin) che ha lo scopo di proteggere la prua da eventuali
collisioni. La sua forma rammenta i sei sestieri di Venezia, i denti rivolti in
avanti, mentre la Giudecca è il dente rivolto all'indietro. A sua volta
l'archetto sopra il dente più alto del pettine rappresenta il Ponte di Rialto,
mentre la “S” che parte dalla cima per arrivare alla fine del ferro,
simboleggia il Canal Grande.
Dunque dieci artisti all’ombra della collegiata di San
Lorenzo fondata intorno al V secolo, divenuta pieve nel 1042 e basilica nel
1098,
per dire la Venezia di oggi e di sempre.
A Palazzo Pestalozzi
si possono ammirare le opere di Donato
Frisia jr. Come nelle altre edizioni l’evento globale contiene la personale
di un artista per età e curriculum entrato di fatto nella Storia della
Pittura.Venti tele che raccontano umori, odori, toni, luci, nebbie, giorni di
sole, mareggiate, gite fuori porta a San Pietro in Volta e Pellestrina. Un
viaggio guidato nei gioielli della laguna, nei ristoranti segreti, nelle
gondole in attesa, nei lampioni sotto i quali si baciano gli amanti.
All’entrata di Palazzo
Pretorio il nostro omaggio a Franco
Batacchi scomparso nel 2012. Del grande artista, veneziano d’adozione
essendo nato a Treviso, proponiamo cinque lavori storici già apparsi in
numerose mostre. La sua donna-Venere questa volta impersona la perla
dell’Adriatico narrata attraverso una tavolozza che si muove nella gamma dei
grigi, dei verdi e dei gialli bagnati dalla luce, le brume mattinali o serotine
e l’acqua densa dei canali.
Nella medesima sala dalle volte affrescate di Palazzo Pretorio proponiamo le
straordinarie terrecotte di Marco
Cornini, uno degli scultori più
apprezzati del Paese. La sua fanciulla si destreggia con passo sicuro nella
folla colorata dei turisti, mentre una donna dal corpo perfetto prende il sole
sulla spiaggia di Lido e una terza figura femminile incuriosisce fin dal
titolo, Quando c’eri tu. Chi dei due
amanti è dovuto partire abbandonando l’altro nella stanza in penombra dove
risuona lo sciabordio dell’acqua?
Nella seconda sala di Palazzo
Pretorio, Tobia Ravà espone i
suoi lavori numerici. Le cifre arabe
si piegano allargano allungano, si mettono in fila e ammonticchiano fino a
costruire il mondo. L’algebra è lo strumento per misurare la vita e il suo
dispiegarsi ma anche il meccanismo perfetto per renderla visibile. E dai numeri
nascono scorci veneziani scaldati dal sole o azzurrati dal cielo perfetto di un
pomeriggio di maggio; oltre a due bronzi che riprendono i simboli della
Serenissima, il Leone e uno dei quattro Cavalli di San Marco.
Nella piccola prigione, quasi un piombo veneziano, Mauro Benatti appende le sue
delicatissime Meduse in tela
metallica bruciata e ossidata, ninfe fluttuanti nel buio, messe a fuoco da una
luce potente irradiata dal pavimento di pietra. Queste misteriose creature, che
trovano rifugio in laguna dopo una forte mareggiata, sottolineano la precarietà
dell’essere. Lo scultore di Brivio allestisce anche la Sirena di San Servolo e i suoi giochi d’acqua in Piazza Bertacchi. Dove c’è mare ci sono
leggende e donne immaginarie nei sogni dei naviganti.
Sulla spiaggia di Lido all’alba arrivano centinaia di
gabbiani, volano bassi nell’onda e si fermano a riposare sulla battigia. Alberto Salvetti parla di questi
animali con diciassette sculture assiepate una accanto all’altra nella terza
sala di Palazzo Pretorio. Ma la sua
installazione non è un inno alla libertà, semmai addita la distruzione continua
che l’uomo impone alla natura. Questi pennuti sono macchiati di petrolio, la
loro anima è ferita dalla mediocre superficialità umana e dalla falsa credenza
che a noi tocchi possedere la terra.
C’è qualcosa di Venezia che si coglie solo attraverso una
lunga frequentazione, l’assenza di vento. In certi giorni rarefatti e caldi nei
quali gli orologi si fermano, non tira un fiato d’aria. Per raccontare questo
fatto che rende immobili le case, gli oggetti e forse anche i pensieri, abbiamo
invitato Marco Martelli, noto
pittore dell’iperrealismo, a esporre
segrete fotografie di solito proscenio alla preparazione dei quadri. Vetri e strisce
di carta s’innalzano nel blu assoluto e restano bloccati in guisa di sculture.
Tutto tace, almeno fino a domani.
Nell’ultima sala di Palazzo
Pretorio abitano i Gufi di Damiano Casalini. Sembrerebbero degli
infiltrati, ma… Nel 2008 il pittore torinese frequenta l’Accademia di Belle Arti di Venezia dove si diploma in Incisione. Gli animali del suo Bestiario
tuttavia sono a disagio per il trasferimento in laguna. Ne nascono piccole
sculture ironiche come l’Intellettuale o
il Professorone e dipinti in cui i
gufi si destreggiano tra bricole, vaporetti e gondole. Il delizioso panegirico
messo in scena dice le difficoltà di conquista di un’Isola misteriosa.
Siamo nella Chiesa
dei Cappuccini che offre spazi alti e densi di storia. Qui Dania Zanotto costruisce un
palcoscenico abitato da figure in simulacro di cui restano solo le vesti
sontuose. La scultrice e performer trevigiana porta sotto le antiche volte
installazioni museali e una collezione di vesti indossabili che narrano
Venezia, i suoi traffici di stoffe e pietre, gli scambi con l’oriente, le
spezie, gli ori, le perle. E piano dalle antiche strade che dal Bosforo
conducevano nel cuore del Mare Nostrum arriva fin qui l’odore di un’epoca
strabiliante.
A questi lavori fa da contrappunto il duplice intervento di Antonio Abbatepaolo. Lo scultore
pugliese allestisce nell’abside la sua Balena,
uno scheletro perfetto di cetaceo costruito con lo stesso legno impiegato per
realizzare l’anima delle navi. Questo animale magico immortala il tema della
grandezza negli abissi. Gli fa da contrappunto una Gondola al naturale realizzata con i medesimi materiali. A dire due
luoghi mentali irrinunciabili della laguna, l’immenso e il romantico, la
profondità e la calma.
Anna Caterina Bellati
Tra Venezia e
Chiavenna, marzo 2014
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