SFIGGY, FULL THROTTLE!
mostra personale di Alessio Bolognesi
Dall' 8 al 30 Marzo 2014
Paggeria Arte, Piazzale della Rosa, Sassuolo (MO)
SFIGGY FULL THROTTLE!
by
Giovanna Lacedra
“Mi disegni, per favore, una pecora?
Cosa?
Disegnami una pecora
Balzai in piedi come fossi stato colpito da un fulmine.
Mi strofinai gli occhi più volte guardandomi attentamente intorno.
E vidi una straordinaria personcina che mi stava esaminando
con grande serietà”
(Antoine De Saint-Exupery – Il Piccolo Principe)
Era una giornata lavorativa come tante. La riunione era interminabile e gli sbadigli non tardavano ad arrivare. Ma bisognava stare svegli, arguti e attenti.
Non è che il suo lavoro non gli piacesse, in fondo aveva studiato anni per diventare un ingegnere. Eppure, c’era qualcosa che mancava. Qualcosa non bastava. Qualcosa, in qualche modo, pareva essersi fermato sul più bello. Era come una sorta di muta consapevolezza: la certezza che una realtà più intensa e magica lo stesse aspettando da tutt’altra parte, o stesse bussando alle porte blindate della sua ragione. Come un bambino che, rimasto al chiuso in uno sgabuzzino, batte i pugni sulla porta perché qualcuno venga ad aprirgli, allo stesso modo questa energia spingeva dentro di lui.
Si chiamava creatività. Si chiamava stupore. Si chiamava coraggio.
Si chiamava “bambino interiore”.
Come scrisse Antoine De Saint-Exupéry nella dedica introduttiva al suo racconto più celebre,“Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)”. Troppi adulti, diventando tali, dimenticano il bambino che sono stati. E questo è un grave errore.
[...]
Così nacque una figuretta alquanto singolare.
[...]
Sfiggy fu il primo nome che venne in mente al suo papà. Così ammaccato e maldestro doveva aver vissuto una serie di sciagure. Insomma, non sembrava propriamente una creatura fortunata. E dunque, sì, Sfiggy era il nome che gli si addiceva.
Per mano di Alessio, Sfiggy ha visitato innumerevoli realtà: ha conosciuto luoghi, incontrato personaggi e in alcuni casi, ha vendicato gli uomini.
[...]
L’epos di Sfiggy non è che un viaggio in avanti e a ritroso nel tempo, senza mappe, senza itinerari, senza un ordine cronologico prestabilito.
Semplicemente, FULL THROTTLE!
Granitico eroe di se stesso, egli osa, rischia, si frantuma.
Quindi si ferma, si ricuce e poi riparte.
Di tela in tela, il suo viaggio si snoda come un’onda.
Visitando una mostra di Alessio Bolognesi può accaderci di sorprendere Sfiggy in compagnia di personaggi che appartengono alla nostra memoria visiva. Pollon, Hello Spank, Dylan Dog e molti altri. E la stessa tecnica con cui tali vicende vengono narrate rimanda alla tradizione giapponese delle stampe ottocentesche (pensiamo agli ukiyo-e del periodo Edo realizzati da artisti come Hokusai e Hiroshige) o dei più recenti anime. Ampie aree accuratamente campite vengono racchiuse da un nero contorno, che si assottiglia o ispessisce a seconda della necessità rappresentativa. L’immagine che ne risulta è esteticamente chiara, pura e leggibile.
Le fatiche personali, quelle intime e private, sono ben altra cosa e Sfiggy lo sa.
Per questo negli ultimi mesi si è nuovamente spostato dalla tela alla carta. Non per ritirarsi dalla scena, quanto piuttosto per ritrovare una dimensione personale che gli permetta di interloquire con i propri fantasmi.
Alessio Bolognesi recupera una serie di carte datate tra 1820 e 1870. Istintivamente decide di “prepararle” in maniera piuttosto grossolana, sporcandole, cioè, con del colore diluito. Ad asciugatura avvenuta, il fondo si presenta come un insieme di macchie apparentemente casuali. A questo punto Alessio da la caccia a Sfiggy. Prende a giocare a nascondino con lui. [...] Nasce così una serie di illustrazioni in cui il testo scritto a mano e le macchie di colore acquerellato, fungono da texture per vere e proprie acrobazie emozionali.
I lavori più recenti aprono invece una nuovo ciclo, attualmente in progress, titolato I dolori del giovane Sfiggy. Il riferimento al romanzo giovanile di Goethe non è da ricercarsi nella trama, quanto piuttosto nel titolo. Si tratta di opere realizzate ad acrilico su tele di lino grezzo di piccolo e medio formato, raffiguranti uno Sfiggy apparentemente irrobustito, eppure eroso dentro. Questi traumi interni, localizzati in specifiche parti della sua ossatura, vengono rintracciati per mezzo di aperture rettangolari, somiglianti a lastre radiografiche, dipinte su determinate zone del corpo. Può trattarsi di un’ernia intravertebrale come di una lesione al legamento di una caviglia. In ogni caso si tratta di “dolori” fisici che si fanno metafora di “traumi” di altra natura.
Perché, per citare ancora una volta il Piccolo Principe, l’essenziale è invisibile agli occhi.
In definitiva, tutto accade e nulla è prevedibile, ma Sfiggy sa sempre come risollevarsi.
Ha dalla sua parte la stessa saggezza dei bambini. Quella di rialzarsi, asciugarsi le lacrime e tornare a giocare con lo stesso stupore di prima.
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