RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
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lunedì 11 agosto 2014

Sophie Calle. MAdRE al Rivoli a cura di Beatrice Merz

Al Rivoli arriva Sophie Calle... da ottobre...
 
 
Sophie Calle. MAdRE
al Rivoli
a cura di Beatrice Merz
11 ottobre 2014 – 15 febbraio 2015


Un nuovo importante progetto di mostra segna la marcia di avvicinamento del Castello di Rivoli al traguardo dei suoi primi trent’anni di attività. Ancora una volta una rassegna internazionale che vede, come è tradizione del Museo, qualcosa oltre la semplice collaborazione con un artista prestigioso quanto, piuttosto, una vera e propria sfida, un confronto da parte dell’artista stesso con un luogo carico di storia, da mettere in relazione con le proprie storie e narrazioni, col vissuto personale divenuto oggetto d’arte e di ricerca. È il caso della grande mostra che il Castello dedica alla celebre artista francese Sophie Calle, protagonista indiscussa della scena artistica mondiale, la quale propone un progetto interamente site-specific per le sale auliche al secondo piano della Residenza Sabauda. Il concept di mostra si articola sullo sviluppo di due importanti progetti che l’artista ha posto in essere da diversi anni: Rachel, Monique e Voir la mer. Il confronto tra questi importanti progetti propone due percorsi insieme distinti e uniti, includendo opere incentrate sui temi dell’affetto e dell’emozione, sulla morte, sull’analogia madre|mare alla base del titolo della mostra: un mare che accoglie e accomuna, copre e investe un’immensità di sentimenti ed emozioni contrastanti.

L’artista lavora da sempre intorno a temi quali il distacco da una persona cara, la rottura amorosa, la vita intima in generale riuscendo a rendere in modo efficace oltre alle emozioni anche il lato filosofico, la riflessione che queste suscitano, accompagnando l’elaborazione culturale del vissuto personale attraverso un’organizzazione così precisa da risultare quasi ossessiva fatta di oggetti, video e testi: sorta di mise-en-place e di organizzazione teatrale senza spettacolarizzazione scenica. Un processo di appropriazione per immagini dove anche il visitatore, quando ritenga di essersi perduto, può ritrovare un percorso e alla fine farlo proprio come in un romanzo a ruolo.

Sin dalla fine degli anni Settanta Calle lavora con metodi provocatori e assai controversi, mettendo in stretta relazione le proprie emozioni con le fasi e gli accadimenti della sua vita personale. La mostra al Castello di Rivoli rivela il lato di “accumulatrice d’immagini” dell’artista insieme alla sua capacità di rendere le stesse del tutto essenziali, al limite del minimale; diremmo emozioni allo stato puro.


L’aspetto emozionale dell’opera dell’artista non ne oscura tuttavia il tratto analitico; gli interrogativi su cosa significhi non vedere, cosa sia il non vedere. In altri termini una riflessione filosofica sul cos’è che non vediamo, sul ruolo giocato dai legami e dai ricordi, sul paradosso della natura che accoglie, che crea e distrugge, sulla cecità che crea incoscienza e sulle assenze di visione determinate dagli aspetti definitivi di un distacco. Vi è un aspetto epico nell’opera di Sophie Calle che si identifica bene nell’affrontare il tema della tragedia quotidiana rendendo condiviso il proprio dolore personale, con effetto insieme liberatorio e mnemonico.



Rachel, Monique
è un palinsesto di opere che vede la luce a partire dalla ripresa in video della morte della madre dell’artista. Dalla Biennale di Venezia del 2007, dove venne esposto il solo video, l’opera si è evoluta costantemente nel tempo accumulando elementi e ricordi quasi in forma di diario a ritroso, incrementando il corpus di opere dell’artista che sarà esposto nelle sale storiche e ampiamente decorate del Castello ricamando una sorta di nuovo dialogo tra le memorie di un luogo storico e gli oggetti cari alla madre o meglio oggetti e parole che traggono linfa vitale dal ricordo e si trasformano in oggetti d’arte. Calle stessa precisa l’oggetto della propria analisi affermando “Mia madre amava essere oggetto di discussione. La sua vita non compariva nel mio lavoro e questo la contrariava. Quando collocai la mia macchina fotografica ai piedi del suo letto di morte – volevo essere presente per udire le sue ultime parole ed ero intimorita che potesse morire in mia assenza – esclamò: ‘Finalmente’”.



Voir la mer
Video installazione appositamente concepita per la sala 18, che ha visto negli anni alcuni tra i più significativi progetti site specific per il Castello di Rivoli. Ancora l’artista introduce bene il progetto “A Istanbul, una città circondata dal mare, ho incontrato persone che non l’avevano mai visto. Li ho portati sulla costa del Mar Nero. Sono venuti a bordo dell’acqua, separatamente, gli occhi bassi, chiusi, o mascherati. Ero dietro di loro. Ho chiesto loro di guardare verso il mare e poi tornare indietro verso di me per farmi vedere questi occhi che avevano appena visto il mare per la prima volta”. Calle cattura sentimenti, felicità e sgomento attraverso l’attimo in cui i protagonisti le si rivolgono dopo diversi minuti impiegati a “contemplare” una cosa mai vista. Mai vista per il doppio ostacolo della disabilità che non concede loro di vedere con gli occhi e della condizione sociale che ha negato loro fino a quel punto di potersi immergere – loro nati e vissuti in una città di mare – nella percezione del mare, in una diversa modalità di visione. In una città abbracciata dal mare in pieno ventunesimo secolo l’artista trova e invita le persone, che mai hanno oltrepassato il limite fisico, a uscirne per riportarvi lo stupore del non visibile. Un vecchio, una bambina e una donna con un bambino in fasce accoglieranno i visitatori nella sala, con volti stupiti che non vedono ma parlano in modo diretto e frontale.


Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea Piazza Mafalda di Savoia - 10098 Rivoli - Torino.
Tel +39 011 9565222
fax +39 011 956 5230


venerdì 30 novembre 2012

Fortunato D'Amico intervista Beatrice Merz per lastampa.it



Trovo, leggo e condivido con voi questa interessantissima intervista fatta dall'amico Fortunato D'Amico per http://www.lastampa.it a Beatrice Merz.

Leggetela con attenzione, merita!


Beatrice Merz e l'arte delle connessioni
di Fortunato D'Amico


FDA- Come sei arrivata ad assumere l' incarico di direttore artistico al Castello di Rivoli?   
BM- Nel 2009 il Consiglio di Amministrazione optò per una co-direzione del Museo nominando Andrea Bellini ed un altro referente scelti all’interno di una rosa preselezionata. Essendo uno dei membri del comitato di segnalazione dei nominativi alla direzione, anche se a mia volta ottenni diverse nomination, per evidenti ragioni il mio nominativo fu estromesso dai possibili candidati ma, a seguito della rinuncia all’incarico di uno dei due direttori nominati, venni proposta praticamente all’unanimità dagli altri membri della commissione e quindi – come puoi ben immaginare - la nomina mi colse di sorpresa. L’aver ottenuto questo prestigioso incarico rappresentò e rappresenta tuttora per me una grande sfida ed al contempo una preziosa opportunità di crescita professionale, sebbene non nasconda che, sin dagli esordi, la co-direzione abbia rappresentato un iter complesso dal momento che era necessario condividere scelte e metodi operativi con una persona radicalmente diversa da me. Ciononostante ritengo che l’esperienza di co-direzione recentemente conclusa sia stata stimolante e produttiva per entrambi.   


FDA- Il territorio  come ha accolto  l a presenza di questo museo?   
BM- La storia del Museo è abbastanza singolare tanto che tutti noi appartenenti al mondo dell’arte abbiamo seguito le controversie che ne hanno preceduto l'apertura. Quando finalmente nel dicembre del 1984 il Museo è stato inaugurato, è stato chiaro fin da subito si trattava del primo museo d’arte contemporanea in Italia definibile in quanto tale.   


FDA- Cosa rappresenta il Museo di Rivoli nel sistema culturale della nostra nazione?   
BM- Un’esplosione d'interesse per l’arte contemporanea italiana che ha coinvolto anche i livelli istituzionali. Inizialmente il sistema era gestito solo da galleristi e dagli stessi artisti con modalità che rasentavano quelle di un circuito esclusivamente privato. Finalmente, con l’apertura del Museo di Rivoli, la figura dell’istituzione pubblica ha fatto un grande passo in avanti facendo il suo ingresso nella strategia di promozione culturale di nuovi movimenti artistici. In confronto ad altri paesi, l’Italia è sempre stata molto carente dal punto di vista del contemporaneo in generale: per questo il Castello di Rivoli rappresenta la punta di diamante di un possibile sistema dell'arte tuttora in continua evoluzione.   

 
 
FDA- Quali le sono state le tappe fondamentali di questo cammino?  
BM- Sin dall’apertura, il Museo rivelò la propria genetica poiché Rudi Fuchs, l’allora direttore, già a partire dalla mostra inaugurale stabilì una precisa linea di gestione degli eventi espositivi orientata non solo alla mera esposizione delle opere, ma anche alla loro raccolta. All’epoca, ovviamente, il Castello di Rivoli non disponeva ancora di una propria collezione permanente, sicché in qualche modo dobbiamo a lui l'imprinting che ha caratterizzato i successivi momenti di crescita dell’istituzione. Un nuovo museo d’arte contemporanea deve costruire una propria collezione che ne caratterizzi le peculiarità e questa rimane anche oggi una delle nostre priorità. Credo infatti che anche le mostre temporanee, momenti significativi della cultura contemporanea, debbano essere orientate in questo senso. Si sono realizzate nel tempo, ma anche in questi ultimi tre anni, importanti mostre temporanee collettive e personali che hanno proposto al nostro pubblico la conoscenza di nuovi artisti ma, parallelamente, la frequente rotazione della collezione ha permesso di accrescere la vitalità dell’offerta del Museo ed è per questo che in questi tre anni di lavoro mi sono volutamente concentrata sulla collezione, inserendo via via le nuove acquisizioni all’interno di un percorso linguistico in divenire, a partire da Tutto è Connesso nel 2010, ad Arte Povera International nel 2011 fino all’attuale display di Oltre il muro.   


 
FDA- Il museo in questi anni ha integrato altre attività e servizi?   
BM- A questo proposito è bene ricordare un punto di forza del nostro Museo: il Dipartimento Educazione, il cui lavoro inizialmente veniva percepito come sperimentale, mentre oggi è riconosciuto di vitale importanza per le istituzioni culturali del nostro Paese. Il Dipartimento, la cui attività completa e supporta con iniziative mirate l’offerta culturale del Museo, si occupa di formazione dall’età prescolare alla terza età proponendo di volta in volta progetti speciali. Tra le varie iniziative, ad esempio, l’estate scorsa il Museo ha ospitato la Summer School. Il progetto prevedeva un intenso programma di attività e laboratori condotti non solo da vari dipartimenti educazione e dalle scuole, ma anche da singoli individui o curatori. Al fine di valorizzare ulteriormente le figure professionali afferenti alla cultura, è stato inoltre attivato un Master di Formazione in collaborazione con l'Università del Piemonte Orientale. Inoltre il Museo ha al suo attivo una ricca biblioteca specializzata. Parallelamente organizziamo con regolarità eventi collaterali di richiamo per il pubblico e di integrazione culturale alle attività espositive. Ad esempio ha avuto molto successo il recente programma di incontri di approfondimento storico con gli autori de La Storia siamo noi organizzato a latere della mostra curata da Marcella Beccaria La storia che non ho vissuto (testimone indiretto).   


FDA- Quali sono le conseguenze di questa ricaduta sociale?   
BM- Siamo soddisfatti dell'interesse che il Museo continua a suscitare nei confronti del pubblico. Un dato significativo, in questo senso, è l'incremento dei visitatori del 10% registrato nel 2011 che a sua volta sta ulteriormente crescendo. Mi piace ripetere che la crescita culturale e la conoscenza della contemporaneità dei cittadini è un diritto e che il museo è garante di tale diritto. Spesso però il nostro lavoro si scontra con problematiche operative che rischiano di vanificare molti dei nostri sforzi. Infatti un obiettivo di carattere strategico e territoriale è rappresentato dal tentativo di mettere a punto un sistema efficiente di mezzi di trasporto che agevolino il pubblico e favoriscano l’accesso al Museo. Purtroppo l’attuale cantiere impiantato su tutta l’area del piazzale che circonda il Castello, e che avrà presumibilmente la durata di un intero anno, di fatto rischia di impedire il normale svolgimento dell’attività museale non solo per quanto riguarda la movimentazione delle opere e l’allestimento delle mostre, ma anche in quanto fortemente vincolante per l’accesso dei visitatori. Proprio per venire incontro ai possibili disagi del pubblico, stiamo sperimentando l’ingresso gratuito.   


FDA- Per quanto riguarda la promozione delle vostre attività, siete indipendenti oppure fate parte di un sistema di circuiti che si occupa della comunicazione?   
BM- Dal punto di vista promozionale il Castello di Rivoli è autonomo, sebbene il Museo sia da tempo inserito nei principali circuiti turistici della città così come del resto lo sono tutte le maggiori istituzioni culturali cittadine. È infatti fondamentale riuscire a trasmettere ai visitatori la cultura del territorio. La definizione di un buon programma di comunicazione, insieme all'ottimizzazione dei costi gestionali, rappresenta uno degli obiettivi principali della nostra struttura. Per poter aumentare la visibilità, sarebbe però necessario attivare su base nazionale un serio lavoro di promozione destinato a tessere una rete efficiente di collegamenti e scambi con le altre istituzioni culturali italiane.   

 
 
FDA- Anche in questa direzione potete portare un valido contributo per le attività che avete svolto di recente.   
BM- Certamente. Ne è un esempio la grande mostra sull’Arte Povera curata da Germano Celant, importante non solo per la valenza scientifico-culturale e storiografica dell’evento - che di per sé non aveva più necessità di ambire a storicizzare il movimento artistico - quanto alla vera e propria “messa in rete” del Museo. Infatti il progetto ha visto coinvolte ben sette città italiane e otto istituzioni culturali che hanno lavorato insieme, coordinate proprio dal Castello di Rivoli e dalla Triennale di Milano.   


FDA- Cos'è cambiato dopo la partenza di Andrea Bellini?  
BM- Di fatto passare alla direzione unica ha snellito alcune procedure operative e di programmazione.   


FDA- Cosa può fare l'arte contro questa crisi che sta attraversando l'Europa?   
BM- Storicamente l’arte ha sempre rispecchiato le problematiche sociali, politiche e i mutamenti storici. Gli artisti con la loro sensibilità sono termometro delle situazioni nelle quali vivono. Rappresentano con le loro reazioni il valore della democrazia. Dobbiamo saperli guardare, leggerli, ascoltare e trarne messaggi, individuali o collettivi. Io personalmente ho imparato molto, forse anche altri possono raccogliere stimoli, suggerimenti, valori.  


FDA- Come siete organizzati per la vendita delle mostre prodotte al Castello di Rivoli verso altre strutture espositive internazionali?   
BM- Proprio uno degli aspetti più significativi del nostro lavoro è il tessere una rete di rapporti internazionali tra musei. Questo costituisce la possibilità di “esportare” all’estero le mostre da noi ideate, condividere con altri pubblici le scelte culturali, permettere agli artisti in cui crediamo di crescere, così pure il far conoscere meglio la collezione permanente del Museo. Da sempre le opere della collezione del Museo vengono concesse in prestito per essere esposte nelle più prestigiose sedi museali internazionali. Lo scorso anno, nell’ambito del programma di scambio 2011 Anno della Cultura e della Lingua italiana in Russia e della Cultura e della Lingua russa in Italia, con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea ha presentato un consistente nucleo di lavori appartenenti al movimento dell’Arte Povera al MAMM Multimedia Art Museum Moscow. Successivamente l’istituzione russa ha prestato alcune opere della propria collezione al Castello di Rivoli, permettendo l’allestimento della rassegna Russian Cosmos. Ritengo quindi che questa modalità di scambio, soprattutto in tempo di crisi, rappresenti una valida opportunità di creare network, di scambiarsi patrimoni. La recente mostra dedicata a Luigi Ontani è stata ospitata da Le Consortium di Digione e successivamente alla Kunsthalle di Berna, mentre la personale di Piero Gilardi, dopo essere stata allestita nella Manica Lunga del Museo, è attualmente ospitata al Van Abbemuseum di Eindhoven e l’anno prossimo sarà presentata al Nottingham Contemporary, in Gran Bretagna. La mostra di Thomas Schütte è stata invece frutto di una collaborazione internazionale come lo sarà la retrospettiva sull’artista cubana Ana Mendieta.   

 
FDA- Avete organizzato una strategia di vendita delle mostre?  
BM- Più che di vendita vera e propria si tratta di intensificare la politica di scambi che, come già detto, è attiva da parecchio tempo e, come testimoniano le recenti operazioni, sicuramente proficua. Alla strategia individuale dovrebbe però affiancarsi una più intensa programmazione di scambi culturali a livello nazionale. Ad esempio, in occasione di un recente viaggio in Israele organizzato dall’Ambasciata d’Israele in Italia al quale hanno partecipato numerosi direttori di museo e curatori associati all’AMACI, si è ancor più rafforzata la necessità di condividere a livello internazionale il proprio know-how e il proprio patrimonio. Questa esperienza, oltre a portare molti di noi a conoscere una nuova realtà, ha incrementato la visibilità dei nostri musei.   


FDA- Artissima: una fiera con molte ambizioni internazionali. Come è andata quest'anno?  
BM- Questa edizione di Artissima ha visto rafforzarsi la naturale collaborazione tra la fiera e le istituzioni culturali dedicate al contemporaneo, operando preziose sinergie con il territorio. Il Castello di Rivoli ha quindi accettato con entusiasmo di partecipare al progetto It’s not the end of the world co-producendo la mostra Paola Pivi. TULKUS 1880 to 2018 ora in corso nella Manica Lunga. Molte altre attività e incontri ci hanno visto protagonisti. La fiera è stata di qualità e, grazie al sostegno della Fondazione CRT per l’Arte Moderna e Contemporanea, abbiamo potuto acquisire nuove opere che hanno arricchito la nostra collezione permanente.   


FDA- Quali altre mostre e attività avete in programma per il 2013?   
BM- A fine gennaio la Manica Lunga ospiterà la rassegna Ana Mendieta. She Got Love, prima grande retrospettiva europea dedicata all’artista cubana che curerò insieme a Olga Gambari. Il progetto si propone di rileggere la figura dell’artista come modello e icona per la performance e il video, la body art e la fotografia, la land art, il ritratto e la scultura. Nel lavoro di Mendieta confluiscono infatti tutte queste componenti, linguaggi coniugati in un personalissimo alfabeto visionario e materico, magico e poetico, politico e progressista che aspirano a raccontare l’identità femminile a partire dalle radici culturali cubane dell’artista per arrivare alla donna contemporanea. Parallelamente, al terzo piano del Museo sarà allestita la rassegna Disobedience Archive, the Parliament a cura di Marco Scotini. Un’indagine nelle pratiche di attivismo artistico che sono emerse dopo la fine del modernismo inaugurando nuovi modi di essere, di dire e di fare. Concepito come un archivio di immagini video, eterogeneo e in evoluzione, il progetto vuole essere una guida attraverso le storie e le geografie della disobbedienza politica, sociale e artistica.  
 
 

FOTO  
1.   
a. Beatrice Merz  
Direttore Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea  
b. Il Castello di Rivoli, l’atrio juvarriano e la Manica Lunga  
Foto Paolo Pellion, Torino 
2.  Jannis Kounellis  
Senza Titolo (Untitled), 2009  
cappotti, scarpe, fusioni di piombo  
dimensioni determinate dall’ambiente  
Collezione dell’artista  

3.   
Allestimento della mostra Oltre il muro  
Peter Friedl,  Failed States  
Foto Andrea Guermani, Torino
Vedi articolo originale su:



domenica 1 luglio 2012

Lettera Aperta di AMACI

Pubblico di seguito la lettera aperta inviata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da parte di Beatrice Merz, presidente di AMACI Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani

Lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
10/05/2012
Illustrissimo Signor Presidente,

a seguito della sempre più difficile e precaria condizione in cui si trovano a operare i musei e i centri d’arte contemporanea del nostro Paese, e dei sempre più frequenti episodi di disinteresse, se non addirittura abbandono, da parte delle amministrazioni nei confronti di queste istituzioni, ci rivolgiamo a Lei in virtù della sensibilità più volte dimostrata verso la cultura e verso l’arte contemporanea.

“Ci sono stato anch'io nella politica e mi prendo la mia quota di critiche. Ma ci sono stati momenti in cui la politica è stata meno distratta, meno povera culturalmente. Oggi stiamo vivendo un periodo in cui non ci sono più aggettivi per definire la crisi, la politica è in affanno in tutta Europa. Ma la cultura può e deve dare nuovi sviluppi, c'è l'esigenza di recuperare una dimensione morale e ideale della cultura.”

Ci permettiamo di riprendere queste Sue parole - pronunciate la scorsa settimana in occasione della cerimonia di presentazione dei David di Donatello - per sollecitare un Suo intervento nei confronti dell’esecutivo attualmente al governo, affinché il Presidente del Consiglio Mario Monti e il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Lorenzo Ornaghi, il Ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero, e il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Francesco Profumo rispondano alla richiesta di audizione inoltrata con carattere d’urgenza dalla nostra Associazione il 17 aprile scorso. A 23 giorni di distanza da questa richiesta istituzionale AMACI | Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani - che rappresenta 27 musei e centri d’arte contemporanea tra i più importanti del nostro Paese e di rilevanza internazionale - non solo non è stata ricevuta, ma addirittura non ha avuto alcuna risposta dalle segreterie della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri competenti.

Secondo la definizione dell’ICOM “i musei sono istituzioni permanenti senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. Sono aperti al pubblico e compiono ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisiscono, le conservano, le comunicano e, soprattutto, le espongono a fini di studio, educazione e diletto.” I musei, compresi quelli di arte contemporanea, sono quindi un patrimonio pubblico e hanno una funzione sociale che non va sminuita né tantomeno dimenticata. Soprattutto in un momento di crisi sono istituzioni capaci di generare cultura, educazione, formazione, occupazione e crescita economica in tutto il territorio nazionale.

Siamo consci della gravità dell’attuale situazione socio-economica sia a livello nazionale che internazionale, tuttavia siamo convinti che, proprio in un momento così delicato, la politica abbia il dovere di non dimenticare l’articolo 9 della Costituzione della Repubblica Italiana e di farsene carico, abbandonando la visione miope della Cultura e della Ricerca come pesi che gravano sulle casse dello Stato, per trasformarle invece in leve di crescita.

In questa fase particolarmente delicata della vita nazionale riteniamo che il Governo sia l'unico interlocutore in grado di valutare l'impatto economico e sociale del settore dell'arte contemporanea in Italia e il contributo concreto che adeguate politiche culturali, inserite in un più ampio piano di sviluppo e rilancio, possono dare al nostro Paese per uscire dall'attuale scenario di crisi e per poter mantenere e accrescere la credibilità riconosciuta a livello internazionale.

Le chiediamo pertanto pubblicamente di farsi portavoce della nostra istanza, sollecitando una risposta alla nostra richiesta e un incontro: risvegliare l’attenzione e l’interesse della politica e della classe dirigente verso i musei e l’arte del nostro tempo sarebbe finalmente un segnale concreto verso quel recupero di una dimensione morale e ideale della cultura da Lei stesso auspicate.



Beatrice Merz
Presidente