RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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lunedì 27 febbraio 2017

Maurizio Cariati TUTTI IN SCENA a Milano


Un lavoro estremamente interessante quello di Maurizio Cariati... Fra pochi giorni a Milano...


TUTTI IN SCENA

MAURIZIO CARIATI

VERNISSAGE GIOVEDÌ 9 MARZO 2017 H.18.30

IN MOSTRA DAL 10 MARZO AL 9 APRILE 2017 | DA MARTEDÌ A SABATO H.16-19


Manifiesto Blanco è particolarmente lieto di ospitare nei propri spazi la personale di Maurizio Carati, Tutti in scena, che segna il ritorno dell’artista sulla scena meneghina dopo quasi due anni di assenza. La mostra, curata da Martina Adamuccio, è stata pensata appositamente per gli spazi di via Benedetto Marcello 46, e presenta un’accurata selezione di dipinti su tela di juta estroflessa e un corner di opere su carta. Caratteristico

dei suoi lavori è un morphing grottesco delle fisionomie, spesso dedotto da immagini fotografiche estrapolate da riviste o da internet, o realizzate dall’artista stesso: la maggior parte delle opere hanno per soggetto volti in close up, catturati e filtrati con l’uso del fisheye. I colori acrilici sono stesi direttamente su sacchi di juta con pennellate veloci e decise, che creano di volta in volta strati cromatici densi e materici, oppure lasciano intravedere la texture della fibra naturale. Di indubbio gusto contemporaneo, tuttavia il suo lavoro nasce dallo studio di artisti del passato recente: Bonalumi, con i suoi lavori spesso accompagnati da inganni ottico percettivi, ma anche Burri, per il quale la juta non rappresentava solo un supporto fisico ma parte integrante dell’opera stessa. Si potrebbe citare anche Lucio Fontana che, con i suoi Buchi e Tagli, sembra condividere con Maurizio non tanto i soggetti, ma certamente la volontà di registrare il gesto che modifica la forma originale della tela per permettere al fruitore di entrare dentro e andare oltre ciò che l’opera rappresenta. Là, dove Fontana instaurava un rapporto tra il bianco della materia e il nero del vuoto, Cariati tenta di creare un rapporto intimo, quasi carnale, tra osservatore e osservato. Da sempre legato al concetto di identità, il lavoro di Maurizio non permette di rimanere impassibili di fronte alla vita. Nel bene o nel male costringe l’osservatore ad

accogliere manie, paure, ossessioni, registrate e messe ironicamente in mostra senza veli: le debolezze del singolo individuo si trasformano in una forza travolgente che esonda dalla tela e si abbatte sullo spettatore.


MANIFIESTO BLANCO

via Benedetto Marcello 46 - 20124 Milano

mail: info@manifiestoblanco.com | mobile: 3895693638 | www.manifiestoblanco.com

The Armory Show



Appena spenti i riflettori sulla scena artistica spagnola (vedi http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.it/2017/02/2-giorni-e-mezzo-madrid.html), ecco che sono già pronti a riaccendersi dall'altra parte del globo.
Dal 2 al 5 marzo infatti, si svolgerà a New York, The Armory Show..., una delle più importanti fiere d'arte contemporanea al mondo, insieme ad Art Basel (nelle sue tre tappe: Basile, Miami e Hong Kong), Frieze - Londra, ArCo - Madrid, Fiac - Parigi e Artissima - Torino.

L'intero mondo dell'arte avrà orecchie e occhi puntati su la grande mela e i più fortunati avranno già preparato i bagagli stringendo fra le mani biglietti ed inviti... 

Io a questo giro non posso andare e quindi starò qui, all'omra di un tricolore ahimè sempre più sbiadito, in attesa di avere notizie...



domenica 26 febbraio 2017

Vezzoli da Prada a guardare la TV...


“TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai” è un progetto concepito dall’artista Francesco Vezzoli e sviluppato in collaborazione con la Rai. Tra esperienza individuale e mitologie collettive, l’esposizione traduce lo sguardo di Vezzoli in una forma visiva che esplora la produzione televisiva degli anni Settanta. 

La TV pubblica italiana è osservata dall’artista come una forza di cambiamento sociale e politico, in un paese sospeso tra la radicalità degli anni Sessanta e l’edonismo degli anni Ottanta, e come una potente macchina di produzione culturale e identitaria. Durante quel decennio la Rai ripensa il proprio ruolo pedagogico e si contraddistingue per l’alto livello culturale dei suoi prodotti, come le collaborazioni con i registi Bernardo Bertolucci, Federico Fellini, Paolo e Vittorio Taviani. Divisa tra austerità formale e carica innovativa, la televisione amplifica lo sviluppo dell’immaginario collettivo in una pluralità di prospettive e istanze autonome, anticipando le modalità di racconto tipiche della TV commerciale del decennio seguente. Diventa un medium specifico e i suoi programmi subiscono una progressiva mutazione: dalla cultura transitano nell’informazione e infine nella comunicazione.

“TV 70” è concepita come una sequenza di associazioni visive e semantiche che prende forma all’interno della Fondazione Prada negli spazi della galleria Nord, del Podium e della galleria Sud. 
Il percorso espositivo ideato da M/M (Paris) – Mathias Augustyniak e Michael Amzalag – si basa sull’incontro tra dimensione spaziale e temporale in un palinsesto allestitivo che combina, nell’alternanza tra luce e buio, le tradizionali condizioni espositive di un museo con il passaggio sullo schermo dell’immagine in movimento. La successione di documenti immateriali provenienti dagli archivi delle Teche Rai accostati alla materialità di dipinti, sculture e installazioni – selezionati con il supporto curatoriale di Cristiana Perrella e la consulenza scientifica di Massimo Bernardini e Marco Senaldi – si articola in tre sezioni distinte e affronta le relazioni della televisione pubblica italiana con l’arte, la politica e l’intrattenimento

http://www.fondazioneprada.org/ 

Agostino Arrivabene - L'ospite Parassita - a cura di Chatia Cicero e Alberto Zanchetta

Si è inaugurata a Lissone...



Agostino Arrivabene 
- L'ospite Parassita - 
a cura di Chatia Cicero e Alberto Zanchetta

La mostra al MAC intende offrire un approccio caleidoscopico all’arte di Agostino Arrivabene [Rivolta d’Adda, 1967], rivelandone gli aspetti più mutevoli e impre- vedibili che si innescano in un gioco di connessioni, dissonanze e dialoghi tra di- pinti, installazioni e mirabilia.
Cos’è l’artista se non L’ospite parassita delle sue stesse idee e ossessioni? Il titolo evoca la condizione ambivalente dell’essere ospitante, od ospitato, e la necessità di attingere energia emozionale da fonti e situazioni che ne alimentano la creatività. Il fascino, la sofferenza e il disgusto trasmessi dalla realtà sono per Arrivabene vitali forme di nutrimento, trasformate dall’immaginazione per costruire un nuovo modo di vedere, un mito personale da utilizzare come guida.
L’influsso parassitario si estende anche all’interno dei dipinti: inserzioni entomologiche, peduncoli o infiorescenze si cibano delle carni dei personaggi effigiati, lasciando proliferare nuovi tessuti connettivi che talvolta finiscono quasi per fagocitarne il respiro vitale. Ne scaturisce una concezione visionaria in cui mondo vegetale, animale e umano coesistono l’uno nell’altro a stabilire un abbraccio perpetuo così come un naturale sviluppo/fusione teratomorfica. Quella di Arrivabene è una pittura colta e seducente, intrisa di simboli ed enigmi vivificati da innumerevoli modelli di ispirazione: dalla mitologia classica ai Maestri del XV-XVI secolo, in primis Leonardo, Dürer, Bosch, e nel passato più recente Moreau, Redon, Ernst. Lo spettatore risulta così catturato da messaggi velati, quasi dovesse partecipare a un viaggio iniziatico che conduce alla rivelazione di una conoscenza ancestrale, di cui l’artista è generatore e dispensatore. Alla stregua di un alchimista, Arrivabene fa rivivere esperienze di carat- tere mistico travalicando i limiti spazio-temporali della personalità, del conscio e dell’inconscio, nell’incessante esplorazione di un universo interiore che si snoda tra reminescenze di vite già vissute o solo vagheggiate.
Il percorso espositivo più ampio ospita alcuni mirabilia (ovvero, oggetti che destano stupore) provenienti dalla personale collezione dell’artista, consentendo al pubblico di aprire lo sguardo all’interno di un’autentica stanza delle meraviglie: artificialia e naturalia inscenano tutt’in- torno uno straordinario theatrum mundi fonte di ulteriori epifanie. Fanno da contraltare alcune “installazioni organiche”: teschi, fiori e farfalle simboli della vanitas che alludono alla caducità dell’esistenza attraverso dissezioni e innesti parassitari sono trasformati in nuovi simulacri di vita, salvaguardati all’interno di campane di vetro affinché resistano immutabili al trascorrere del tempo.
Negli spazi museali di Lissone si ricompone, così, un microcosmo dell’immaginario. La rassegna consentirà infatti di sondare la varietà composita di espressioni che costituisce non solo l’opera ma an- che il mondo esoterico e allucinato di Arrivabene in cui visioni, idee, paure e sogni hanno saputo “elevarsi al di sopra” per trascendere la concretezza della realtà vissuta.

Museo d’Arte Contemporanea Viale Elisa Ancona 6
20851 Lissone - MB
www.museolissone.it 
museo@comune.lissone.mb.it 
tel. 039 7397368 – 039 2145174
Mercoledì e Venerdì h10-13 Giovedì h16-23
Sabato e Domenica h10-12 / 15-19

sabato 25 febbraio 2017

2 giorni e mezzo a Madrid

Due giorni e mezzo a Madrid.

In pratica, giusto il tempo di assaggiare un po' di Pata Negra che già mi trovo sull'aereo che mi riporta a casa...

In realtà il motivo di questa "toccata e fuga" in terra iberica è stata la personale di Karina Chechik, "Cartas de la Patagonia", ospitata allo spazio Cruz Bajo ed organizzata in collaborazione con Casa d'Arte San Lorenzo (vedi http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.it/2017/02/karina-chechik-cartas-de-la-patagonia.html).
Una gran bella mostra, equilibrata ed elegante, efficace ed attuale...
Un evento abbinato alla presenza dell'Argentina come Stato ospite all'edizione 2017 di ArCo.



Karina Chechik


Ma come non approfittarne? 
In questi giorni Madrid era la capitale dell'arte e quindi? 
Rubare il tempo al tempo, spazio allo spazio,energie alle energie...

Ed in meno di 60 ore...

ArCo Madrid

Un'edizione molto "latina", caratterizzata da un grande numero di Gallerie sudamericane con proposte alquanto legate alla tradizione. 
Livello sicuramente elevato ma considerando le aspettative, ArCo 2017, non ha prodotto novità degne di nota. 
Una edizione alla ricerca di conferme anziché innovazione e ricerca.







Art Madrid

 Fiera cittadina in un contesto magnifico. 
Buona la proposta, decisamente più fresca e divertente rispetto a mamma ArCo.



Drawing Room

Fra le fiere che ho avuto modo di visitare a Madrid, questa sicuramente è quella che più collima con i miei gusti.
Fresca, divertente, scanzonata e spensierata condita da una qualità assoluta!


Reina Sofia

Essere a Madrid vuol dire recarsi in pellegrinaggio da sua Maestà Picasso...
Ma non un Picasso qualsiasi, il Picasso di Guernica!
Emozione, commozione, rispetto...
Ovviamente in compagnia dei più grandi del XX secolo. 
Da Man Ray a Mirò...


Man Ray

Museo Thyssen Bornemisza

Al Thyssen si va per ammirare la qualità. 
Da Picasso a Dalì, da Rothko a Bacon...





Fudation Telefonica

Una scoperta! 
La mostra di Leandro Erlich...
Rigore, qualità e leggerezza






oltre ovviamente ad avere visitato un paio di Gallerie e una cena con l'amica 
e grande artista Irene Lopez De Castro a parlare di progetti futuri e tradizioni africane.

Ed ora, si torna a casa...
Stanco, soddisfatto e rigenerato ma..
...con un rammarico:
non essere riuscito a visitare Just Mad e Urvanity,
D'altronde ho una certa età e non riesco più fare tutto quello che voglio in sole 60 ore!


Ren Hang



Ren Hang
1987- 2017
R.I.P.

mercoledì 22 febbraio 2017

ARCO Madrid



Da sempre la più importante fiera d'arte moderna e contemporanea della penisola iberica, ARCO,  torna anche quest'anno a Madrid da domani 22 febbraio (fino al 26).
Oltre 160 espositori si musureranno a colpi di opere d'arte nel confronto arte/mercato.
Personalmente manco da questa manifestazione da diversi anni e ci torno molto volentieri, sperando di capire se esiste ancora una identità nazionale o la globalizzazione selvaggia ha influenzato anche la Spagna. 

Al Teatro Oscar di Milano: “MALEDETTO PETER PAN” con Michela Andreozzi





Teatro Oscar


“MALEDETTO PETER PAN” con Michela Andreozzi


25 FEBBRAIO ORE 21.00




“Maledetto Peter Pan” spettacolo con Michela Andreozzi, torna a Milano, il 25 febbraio alle 21:00, al Teatro Oscar, dopo i successi delle scorse stagioni.

A metà tra una commedia , uno stand –up e un monologo, in cui l’attrice porta in scena tutti i personaggi. Lo spettacolo nasce dell’idea di raccontare, ridendo fino alle lacrime, un dramma che tutti conoscono: le corna

MALEDETTO PETER PAN (in originale “LE DEMON DU MIDI”), è un fortunato spettacolo francese, clamoroso successo di pubblico e critica. Nasce come fumetto della geniale Florence Cestac, diventato poi uno spettacolo teatrale grazie all’attrice comica Michèle Bernier e alla regista Marie Pascale Osterrieth e (successivamente un film), è un progetto tutto femminile.

Divertente, caldo, consolatorio, irriverente, “MALEDETTO PETER PAN” riguarda in ultima analisi ognuno di noi: tutti, in un momento o in un altro, ci siamo rotti i denti in quella meravigliosa, devastante, irrinunciabile avventura chiamata Amore.

Con: Michela Andreozzi


Commedia Teatrale di Michèle Bernier e Marie Pascale Osterrieth

Traduzione e adattamente: Carlotta Clerici e Antonella Questa

Regia di: Massimiliano Vado

Musiche di: Alessandro Greggia

Produzione: MenteComica

Biglietto unico 15.00 €


Teatro Oscar

Via Lattanzio 58 - 20137 Milano

www.teatrooscar.it

Informazioni: - Tel. 02 36522916

Per prenotazioni: arbor@spiovmi.it

Basquiat con gli occhi di Leo. Antonio Leo

Della mostra al MUDEC di Jean-Michel Basquiat vi ho già più volte relazionato (vedi ad esempio http://lastanzaprivatadellarte.blogspot.it/2017/01/a-milano-per-jeanmichel-basquiat-al.html).

In questo caso però non sarò io a farlo ma l'amico, e appasionato d'arte, Antonio Leo, che già in altre occasioni ha prestato la sua penna a questo Blog...



 
JEAN-MICHEL BASQUIAT / MILANO
di Antonio Leo


La percezione ovattata del MUDEC è al tempo stesso sia completamente spazzata via che inchiodata dal colore e dalle superfici utilizzate da JMB nelle sue opere, in un autentico contrasto con la realtà.
Siamo a Milano, ora, nel 2017. E questo JMB è anche nostro. E’ il JMB di Francesco Clemente e specialmente di Sandro Chia che nel 1981 lo suggerì alla Galleria Emilio Mazzoli di Modena, per la sua prima personale, e le opere esposte, benché di un periodo diverso, restano di una autenticità tribale e graffitara tangibile, primitiva, religiosa e quasi infantile, che fa divenire la realtà stessa -per quanto possa sembrare impossibile- più distante.
La nuvola creata dalla struttura è solo un ricordo, l’essere accolti in pareti lucide dai rilassanti confini, protettive spirali di jet-set di una scala che accompagna in ingressi in luci neon rosa giallo verde, è il preludio ad un allestimento lineare con un percorso cronologico di poche sezioni che cercano, trovandola, armonia fra forme di tele irregolari, materiali di recupero, assi di legno, chiodi e schegge metalliche.
Restiamo smascherati da una orchestra di colori disorganizzata, in via di cambiamento continuo, una porta appoggiata al pannello che rievoca pareti di scantinati e garage, in una ottica di trasmissioni de-sintonizzate melodicamente generate da apparecchi mal-funzionanti. Lo schermo monitor TV argento brillante a far luce, con cadenze-scadenze immaginarie, in impianti, in cavi elettrici di visioni comics & cartoons di serie di maiali, conigli e armi da fuoco. Un movimento di affinità con un pensiero mutevole da animale distratto da rumori, suoni e melodie lontane. L’animale-uomo confuso fra simboli, parole veloci, tratti decisi ma mutanti. L’animale-essere curioso, attento, percettivo. L’animale braccato in una società nel quale è ospite, sgradito, incompreso, negro, rabbioso, in tentativi di uscirne, in grida lanciate di uguaglianza, violenza, in risposte senza un piano predefinito, come attacchi si frontali ma da agguati, da rivendicazioni di un sangue che comunque deve scorrere per assopire quanto ingiustamente subìto, tra media cementificati in buone abitudini dentro comodi alloggi.
La prima sala, con le opere dal 1980 al 1987, propone il JMB di NY e delle sue amanti, la NY di Into the groove(y) di Madonna, canzone riproposta due anni dopo in una de-costruzione e de-iconizzazione da Thurston Moore e Kim Gordon dei Sonic Youth, in un progetto nato sotto lo pseudonimo Ciccone Youth, con ospiti del rango di Mike Watt. Brano/traccia che trasforma un pop in un non pop-ular, un catarifrangente dello stile sonico da Confusion in Next / Confusion is Sex, omaggio sia al mondo e alla cultura predominante che all’ underground, al noise. Un allineamento perfetto di ripetizioni ghettizzate e divinizzate come nei dipinti di JMB ma allo stesso tempo irrise a imperfezioni, sbagli, errori, cancellature, dove le sovrapposizioni e le cancellature restano però visibili, sottopelle come sottosuolo.
Opportuna la scelta della video intervista: non all’inizio, ma alla fine dell’esposizione pittorica principale. Videocamera, inquadratura fissa. Risultato: l’aspettativa è disattesa. La rabbia presente nelle sue opere lascia lo spazio alla timidezza, alla semplicità, una calma che abbraccia inconsapevolmente un immaginario che di fatto è capovolto. Le domande si susseguono, creano dubbi e distrazione, mancanza di riferimenti. L’obiettivo è centrato. Evitiamo l’audio guida (alla quale avremo preferito un buon guardaroba..) per non restare influenzati in giudizi che vorremo –forse, e con i nostri tempi, sicuramente dopo l’aperitivo- conoscere solo dopo, desiderando un approccio di fronte alle opere senza indirizzi, senza analisi critiche, né tesi di studiosi e intellettuali dalle frasi belle e vuote, da ricerche nevrotiche dei troppi significati.
Siamo ora nella seconda sezione, L’esposizione da luminosa in spazi aperti dai soffitti altissimi si spinge in una sala buia con pannelli neri dai faretti concentrati su disegni meramente anatomici -tratti dai testi di Henry Gray- su cartoncino nero e tratto bianco, per poi arrivare a splendide ceramiche scintillanti di piatti bianchi dove, con poche linee e un elemento contraddistintivo, sono raffigurati in evidenziatori amici, artisti e personaggi del mondo di JMB.
Ed ecco, come finale, il lavoro delle Collaborations Warhol / JMB. Torna la luce, la sala riacquista i suoi spazi, e, come nel loft della Factory, prende una nuova prospettiva, un nuovo angolo di studio e visione. Nell’intervista JMB descriveva il lato scherzoso, ludico, divertente della personalità di W, non un solo riferimento alla sua fragilità e insicurezza, quasi come a proteggere anche se stesso, la sua intimità, da un pubblico che non conosce, che è distante, come da distaccarsi da uno sfruttamento commerciale di mercanti-compratori, in cerca di fama $ e affari. Una collaborazione che diviene gioco e improvvisazione, lasciando che sia la star W ad iniziare nella realizzazione delle opere, quasi gesto reverenziale, quasi un tributo, una forma di venerazione sincera al W boy genius stilizzato nel piatto di porcellana.
Improvvisazione che interessa tutte le arti, non solo la pittura e la musica. Sempre nel video JMB fa riferimento alla scrittura di William Burroughs, il beat lontano dai beat, il sofisticato della scrittura creativa, del cut-up di un The ticket that exploded, /del quale, personalmente, ho sempre adorato l’incipit:
E’ un lungo viaggio. Siamo i soli passeggeri. Ed è così che siamo arrivati a conoscerci così bene che il suono della sua voce e la sua immagine fluttuante sopra il magnetofono mi sono altrettanto familiari che il movimento dei miei intestini il rumore del mio respiro il battere del mio cuore. Non è che ci amiamo o nemmeno che ci piacciamo. In realtà il delitto non è mai lontano dai miei occhi quando lo guardo. E il delitto non è mai lontano dai suoi occhi quando lui mi guarda.”/
Il WB splendido visionario uxoricida attore di un reale estremo Guglielmo Tell impazzito in un gioco scappato di mano, in un dirupo, uno dei tanti, di una vita in bilico per 83 anni.
La vita a JMB invece scappò via a 27 anni, con un timer inquieto pronto a spengersi nel silenzio anziché deflagrare. L’abbandono del ring, quasi con disinteresse verso tutto. Ma quel tutto resta in una generazione che ha attinto a lui, con fame, voracità, ma anche rispetto, in questa postuma (auto)celebrazione della corona.
A Milano, al Mudec, questo è l’ultimo week end.

venerdì 17 febbraio 2017

Quaroni x 3 = De Biasi, Sale e Maglionico...

Inaugurate ieri sera da Colombo a Milano le ultime fatiche di Quaroni...:
Paolo De Biasi, Giuliano Sale e Dario Maglionico



PAOLO DE BIASI | GIULIANO SALE
Qualcuno, da qualche parte

a cura di Ivan Quaroni

Antonio Colombo Arte Contemporanea è lieta di presentare Qualcuno, da qualche parte, doppia personale di Giuliano Sale e Paolo De Biasi, a cura di Ivan Quaroni. La mostra raccoglie opere recenti dei due artisti, realizzate appositamente per l’occasione.
Il titolo della mostra, parziale traduzione di una celebre canzone del gruppo scozzese dei Simple Minds (Someone, Somewhere, in Summertime, 1982), allude precisamente alle due differenti ossessioni iconografiche che animano le ricerche di Sale e De Biasi, ossia il ritratto e lo spazio.
Infatti, mentre Giuliano Sale rilegge iconoclasticamente il volto e il corpo umano, inserendolo in una dimensione virtuale frammentata e scomposta, pura proiezione mentale dei differenti stati d’animo dell’artista, Paolo De Biasi tradisce la sua formazione di architetto concentrandosi sullo spazio fisico e sugli oggetti che lo abitano, allestendo un personale teatro della memoria, prospetticamente riveduto e corretto, che è anche una partecipe rilettura dello spirito innovativo del Novecento italiano.
Entrambi rileggono la storia dell’arte adattandola alle urgenze e agli umori della sensibilità odierna. Giuliano Sale, ad esempio, recupera pretestuosamente brandelli dell’immaginario pittorico di Ingres, Matisse, Caravaggio e altri maestri, filtrandoli con una grammatica pittorica composita, che alterna precisione e gestualità, costruzione e scomposizione, ferocia ed eleganza in un linguaggio originale e unico. Sale non solo prende spunto dalla realtà circostante, da persone e fatti reali, ma appunto anche da dipinti storici che egli “brutalizza” tramite un processo di decontestualizzazione e riadattamento a una nuova gamma espressiva, lontana dal concetto classico di bellezza.
Per Paolo De Biasi la pittura è fatta di composizione, narrazione, colore, elementi che si possono comporre in una gamma infinita di variazioni, come accade nel rock, dove gli stessi accordi, diversamente combinati, sono usati da musicisti molto diversi tra loro. Cosi, ad esempio, Picasso non è Hockney, esattamente come i Beatles non sono gli Smiths. De Biasi recupera lo spirito figurativo del primo Novecento, cui guarda peraltro molta pittura contemporanea europea, mescolando il gusto costruttivo e ornamentale di architetti come Giò Ponti, Aldo Rossi e Gigiotti Zanini, con la tradizione dei Valori Plastici di Carlo Carrà e della Metafisica di De Chirico ma anche, trasversalmente, con la grande arte del Medioevo e del Rinascimento italiani.


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in Little Circus
DARIO MAGLIONICO | Everything at once

Dario Maglionico opera una destabilizzazione del linguaggio figurativo attraverso la rappresentazione sincronica di elementi che frammentano la continuità della narrazione visiva. La simultanea sovrapposizione di persone, luoghi e oggetti all’interno delle mura domestiche assume, infatti, il valore di una registrazione parziale e dinamica di momenti diversi, i quali si fissano sulla tela, come residui di un racconto diacronico.
Il titolo Everything at Once testimonia questa attenzione verso il tema della sincronicità, che Maglionico recupera attraverso la lettura di Jung, lo psicanalista svizzero che per primo affronta tale concetto, poi approfondito nella formulazione del Principio dei nessi acausali, considerandolo come “una coincidenza, non infrequente, tra stati soggettivi e fatti oggettivi”.
Dominata da un senso di straniamento e di sospensione, la pittura di Maglionico rappresenta in termini figurativi - cioè senza mai ricorrere all’espediente della sintesi astratta - una dimensione liminare in cui la realtà interiore degli stati d’animo incrocia quella esteriore delle forme concrete, una specie di terra di mezzo che fa pensare alle teorie della fisica sui mondi paralleli e al Multiverso di David Deutsch.

Succede alla Bocca



All'interno della libreria più antica d'Italia (anno di fondazione 1775), 
punto di riferimento per l'intero mondo degli appasionati d'arte: 
il giorno giovedì 30 marzo 2017 alle ore 17'00, 
verrà presentato il volume edito per i tipi di Masso delle Fate
"STORIE DI DONNE DIMENTICATE - racconti dalle Foibe" 
di Giuseppina Mellace ed illustrato dall'artista friulano Pier Toffoletti.

Volume prodotto in collaborazione con Casa d'Arte San Lorenzo e C.R.A. Centro Raccolta Arte

Interverranno: 

Giuseppina Mellace, autrice;
Pier Toffoletti, artista;
Giorgio Lodetti, titolare della libreria Bocca;
Roberto Milani, di Casa d'Arte San Lorenzo produttori del volume

Per l'occasione verranno esposte alcune opere dell'artista.

Ingresso libero

LIBRERIA BOCCA
Galleria Vittorio Emanuele II 12, 20121 Milano

CASA D'ARTE SAN LORENZO
via Gramsci, 119/a - 56024 San Miniato (PI)




Giuseppina Mellace

STORIE DI DONNE DIMENTICATE 

racconti dalle Foibe
Opere di Pier Toffoletti
impaginazione  Filippo Lotti
coordinamento editoriale Veronica Boldi








ISBN 978-88-6039-406-4


evento fb
https://www.facebook.com/events/260531154385901/ 

giovedì 16 febbraio 2017

Jannis Kounellis



Jannis Kounellis
1936 - 2017
R.I.P.

Frasi rubate 90



L'estetica senza etica è cosmetica

Ulay
(Frank Uwe Laysiepen)
 

MIA Photo Fair Milano



Apre il prossimo 10 marzo, fino al 13, la nuova edizione del MIA Photo Fair - Milano. 
Il concept fieristico interamente dedicato alla fotografia ospitato oramai da anni nel cuore della città meneghina.
Un viaggio molto interessante per tutti gli appassionati e non, all'interno del mondo della fotografia.

Tanti eventi, ospiti, opere insomma una tre giorni tutta all'insegna del "Click".

Fra le tante cose da vedere in questa occasione il mio consiglio è quello di non perdervi il lavoro di una bravissima artista ligure, oramai berlinese di adozione, che con il suo personalissimo modo di interpretare la fotografia trasmette tutto il suo essere a coloro che posano il proprio sguardo su una delle sue immagini: Chiara Mazzocchi (Spazio San Giorgi - Stand N. 33 Corridoio A).





evento fb

Pino Pinelli al MARCA di Catanzaro

A Catanzaro una grande mostra dedicata a Pino Pinelli. Fino al prossimo 1° aprile da vedere!

 

AL MARCA DI CATANZARO
DAL 4 FEBBRAIO AL 1° APRILE 2017
L’ANTOLOGICA DI
PINO PINELLI


La mostra, dal titolo La pittura disseminata, presenta un’ampia selezione di 21 opere che ripercorrono la sua vicenda artistica, dagli anni settanta a oggi.

Dal 4 febbraio al 1° aprile 2017, il MARCA - Museo delle Arti di Catanzaro, diretto da Rocco
Guglielmo, ospita l’antologica che analizza il percorso creativo di Pino Pinelli
(Catania, 1938), tra i maggiori esponenti dell’arte italiana del dopoguerra e gli interpreti principali dell’Arte Analitica.
La mostra, curata da Giorgio Bonomi, organizzata dalla Fondazione Rocco Guglielmo e
dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, in collaborazione con l’Archivio Pino Pinelli di
Milano, presenta 21 opere, realizzate dall’artista siciliano dagli anni settanta a oggi, sia di grandi dimensioni sia di misure più contenute, che delineano in maniera esaustiva le diverse sfumature della sua poetica.
A partire dagli anni sessanta in Italia abbiamo assistito alla nascita di una vera e propria rivoluzione stilistica. Gli artisti avvertirono il limite del quadro, inteso come insieme di tela e cornice: le superfici videro la comparsa di estroflessioni, come nel caso di Bonalumi e Castellani, così come era stato nel decennio precedente per i tagli di Lucio Fontana.
Dal canto suo, Pino Pinelli, che nasce pittore utilizzando i classici mezzi del mestiere, respirò la temperie culturale di quel periodo e giunse alla “disseminazione” - per utilizzare un termine proprio dell’arte di Pinelli - “frammentando” l’oggetto quadro negli elementi che lo compongono (tela e telaio) e coinvolgendo in questo processo l’elemento estraneo al quadro stesso: la parete che, perdendo la sua condizione di neutralità, ne diventa coprotagonista capace di accogliere elementi di colore puro, declinati in forme ora corrucciate, ora raggrumate, ora lineari e asciutte, ora a frattali e libere, raccolte in genere in un percorso leggermente arcuato, quasi a voler imitare il gesto del seminatore.
Dapprima le “disseminazioni” sono composte di pochi elementi, poi nel corso degli anni, fino a oggi, i “pezzi” si moltiplicano anche in modo considerevole.
I suoi lavori usano in prevalenza i colori fondamentali (rosso, blu, giallo, nero, bianco e grigio), ma anche i complementari. La pluralità della disseminazione, a volte, si riduce, ma mai a meno di due “parti” e, anche quando non tutta l’opera è monocroma, lo sono i singoli componenti.
Quella di Pinelli è una pittura “materica”, una sorta di concentrazione atomica del colore (realizzato con una tecnica molto personale) per cui le sue opere che con la “frammentazione” hanno una forza centrifuga, poi nella totalità dell’opera acquistano una forza, uguale e contraria, cioè centripeta: la parete così, da passivo elemento di appoggio, diviene il vero e proprio supporto, come lo sono la tela o il legno nella pittura più tradizionale, e su di essa l’artista, novello “seminatore” “sparge le parti dell’opera.
Accompagna l’esposizione un catalogo bilingue (italiano e inglese) Silvana editoriale, con una lunga conversazione tra Pino Pinelli e Giorgio Bonomi, a cura di Lara Caccia.


Pino Pinelli. Note biografiche


Pino Pinelli nasce a Catania nel 1938, dove compie gli studi artistici. Nel 1963 si trasferisce a Milano, dove tuttora vive e lavora, affascinato e attratto dal dibattito artistico di quegli anni, animato da figure quali Lucio Fontana, Piero Manzoni, Enrico Castellani. Partecipa ai premi San Fedele e nel 1968 tiene la sua prima mostra personale alla Galleria Bergamini. Nei primi anni ’70 Pinelli avvia una fase di riflessione e di ricerca, in cui tenta di mettere a fuoco l’imprescindibile nesso fra tradizione e innovazione, con particolare attenzione alla superficie pittorica, alle vibrazioni della pittura. Nascono così i cicli delle “Topologie” e quelli dei “Monocromi”, la cui superficie comincia a essere mossa da sottile inquietudine, quasi che l’artista volesse restituire il respiro stesso della pittura. Queste esperienze lo fanno collocare nella tendenza che Filiberto Menna definì “pittura analitica”, anche se dal 1976 Pinelli riduce drasticamente la dimensione delle sue opere, che si vanno collocando nello spazio, accostate l’una all’altra, quasi che una deflagrazione avesse investito le sue grandi tele e avesse generato una disseminazione dei loro frammenti nello spazio: l’artista abbandona tela e telaio, attratto dal concetto stesso di pittura.
Rompere il concetto di quadro in frammenti è l’atto “disperato” del pittore europeo che avverte il peso della storia, si sente schiacciato da questa enormità imprescindibile che è la coscienza di ciò che è stato prima: l’unico atto possibile è dunque quello di “pensare” la pittura più che di “farla”. Gli artisti italiani non possono avere l’atteggiamento dell’artista americano che, giorno dopo giorno, si deve creare e ritagliare la propria storia; ma per l’artista che vive nella terra di Piero della Francesca, di Masaccio e che avverte il peso della Storia dell’Arte, l’unico atteggiamento possibile è quello di “caricare” la pittura di un nuovo senso.
Nell’opera il “rettangolo tagliato” la parete diventa protagonista in quanto perde la sua condizione di neutralità creando un tutt’uno con il lavoro, mentre nei lavori costituiti da più elementi pittorici questi si moltiplicano e migrano seguendo un percorso prestabilito, leggermente ad arco, quasi a voler mimare il gesto del seminatore, dando così luogo alla disseminazione.
Al di là delle etichette di “pittura analitica”, le opere di Pinelli sono corpi inquieti di pittura in cammino nello spazio, fluttuanti e migranti in piccole o grandi formazioni, fatte di materiali che recano impressi i segni di un’ansiosa duttilità, e che esaltano la fisicità tattile e la felicità visiva di un colore pulsante di vibrazioni luminose. 

Ha tenuto oltre cento mostre personali in musei e istituzioni culturali italiane e internazionali, tra cui: Kunstverein Villa Franck di Ludwigsburg, Musée d’Art di Langres, Forum Kunst di Rottweil, Civica Galleria d’Arte di Gallarate, Kunstverein Schloss Lamberg di Steyr, Centro Espositivo la Rocca Paolina di Perugia, Istituto Italiano di Cultura di Londra e Praga, Cascina Roma di San Donato Milanese, Villa La Versiliana di Pietrasanta, Museo Archeologico Eoliano “Bernabò Brea” di Lipari, Palazzo del Duca di Senigallia, Palazzo della Cultura di Catania.


Tra le numerosissime mostre collettive, ricordiamo: Biennale di Venezia (1986 / 1997), Quadriennale di Roma (1986 / 2006), Triennale d’Arte Lalit Kala Akademi di Nuova Delhi, e tra i musei: Galleria Civica di Modena, Galleria Civica di Torino, Musée d’Art Moderne di Parigi, Galleria Nazionale di Roma, Palazzo Forti a Verona, Villa Arson di Nizza, Kunstverein di Hannover, Haus am Waldsee di Berlino, Kunstverein di Bregenz, Hochschule für Angewandte Kunst di Vienna, Kunstverein di Francoforte.


Tra le esposizioni più recenti:
Trademark, Fabbriche Chiaramontane di Agrigento, 
Figure Astratte, Palazzo Rospigliosi di Roma,
Fontana Manzoni Pinelli presso la Kreissparkasse di Rottweil,
Figure Mancanti, Palazzo Bricherasio di Torino,
Pittura 70, Fondazione Zappettini di Chiavari e Milano,
Arte italiana al MART di Rovereto,
Pittura analitica al Museo della Permanente di Milano,
Pittura Aniconica. Percorsi tra arte e critica in Italia 1968-2007, Casa del Mantegna di Mantova,
Pensare Pittura – Una linea internazionale di ricerca negli anni ‘70, Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce di Genova,
Le noir absolu et le lecons de ténèbres, Villa Tamaris Centre D’Art di La Seyne sur Mer, in Francia,
Monocromo. L’utopia del colore, Convento del Carmine di Marsala,
Superfici sensibili, CAMeC di La Spezia,
Immagine della Luce, Villa Clerici di Milano,
BAG, installazione all’Università Bocconi di Milano.

Nel 2016 ha tenuto una grande monografica al Multimedia Art Museum di Mosca.
PINO PINELLI. 


La pittura disseminata
Catanzaro, Museo MARCA (via Alessandro Turco, 63)
Dal 4 febbraio al 1° aprile 2017
Inaugurazione 4 febbraio 2017 ore 18,30
Conferenza stampa Sala Panoramica Museo ore 18,00
Catalogo:
Silvana Editoriale
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Daniela Ambrosio, tel. 02 36 755 700
daniela.ambrosio@clponline.it;
www.clponline.it

Comunicato stampa e immagini su
www.clponline.it
Per informazioni:
Tel. 0961.746797;
info@museomarca.com
www.museomarca.info
Orari:
Tutti i giorni, 9.30-13.00; 15.30-20.00
Lunedì chiuso
Ingresso: intero: € 4,00; ridotto: € 3,00