Di seguito, in anteprima il mio testo di presentazione per il catalogo della 2° edizione del Premio Patrizia Barlettani NEXT_GENERATION 2010
"Eccoci giunti alla seconda edizione del Premio Patrizia Barlettani NEXT_Generation.
La qualità dei candidati, quest’anno, mi ha piacevolmente stupito.
Non è stato facile selezionare solo trenta artisti, molti di più avrebbero meritato di esporre la loro opera sotto la luce dei riflettori di questa kermesse.
Ma andiamo per gradi.
Limitare la partecipazione ad artisti che operino in ambito pittorico o comunque grafico, mi terrorizzava, temevo una sequela infinita di banalità.
Mi sono dovuto ricredere fin da subito.
Ancora una volta i giovani hanno dimostrato di avere tanto da dire, da esprimere. Basta solo che qualcuno trovi il tempo di ascoltare. Di volere ascoltare.
Da questa lunga tre giorni di selezioni, ne è venuto fuori un quadro decisamente potente: carico di certezze e sogni, voglia e tenerezza.
Magari ancora non tutti formati, alcuni per ora stilisticamente acerbi, altri maturi e sapienti, altri ancora determinati e decisi.
Tutti, però, fermamente convinti che fare arte sarà il loro destino!
Allora ecco il mio personale invito ed augurio, sentito e sincero: solo con il lavoro, l’impegno e la costanza riuscirete a far sì che i vostri sogni diventino realtà sempre con la consapevolezza che 100 no motivati servano di più di un singolo sì di convenienza.
I trenta finalisti sono tutti molto interessanti, ognuno con particolarità che rendono la loro opera degna di attenzione, a noi in primis al singolo visitatore di questa mostra e spero anche al lettore, che avrà voglia di sfogliare questo catalogo.
Trenta artisti con stili, gesti e cifre pittoriche differenti.
Ci sono quelli che hanno fatto del disegno il proprio mezzo espressivo.
Il raffinatissimo Riccardo Negri, ad esempio, con l’opera intitolata “Incontro”, una semplice composizione, di quasi morandiana memoria, ciotola e uova, che attraverso la grafite, dimostra la propria “eccessiva”, maniacale, bravura, che lo conduce ad altissimi livelli di virtuosismo tecnico.
La penna a sfera è invece il mezzo congeniale del bravo Matteo Galvano.
Uno scorcio di New York sapientemente risolto con un equilibrato compromesso fra vuoti e pieni, particolari e dettagli, che concedono un enorme respiro ed efficacia stilistica ad un lavoro che altrimenti risulterebbe troppo pieno ma nel complesso armonico.
Rimanendo sempre nell’ambito del gesto grafico, trovo che il lavoro su legno, anch’esso realizzato a penna a sfera di Donatella Giordano sia di assoluta contemporaneità. L’opera intitolata “X” pone l’accento su uno dei tanti mali della nostra società: quello di rendere tutti quanti precari, un numero, una x, senza volto o identità.
Continuando nella lettura dei “gesti” disegnati e non dipinti presenti nelle opere dei trenta finalisti, non posso esimermi di spendere qualche parola in più sul lavoro della siciliana Stefania Zocco.
Il lavoro presentato, preso singolarmente può risultare quasi banale. Una architettura improbabile, eseguita a pennarello su di un foglio stropicciato.
Quest’opera, in effetti appartiene ad un ciclo, ad un progetto ben più ampio. Una sorta di denuncia, territoriale nei confronti di un assenza totale di un piano regolatore con la drammatica abitudine dei cittadini di erigere la propria abitazione a propria immagine e somiglianza. Il risultato che emerge è che spesso, in assenza di regole, le abitazioni assumono le sembianze dei loro abitanti trasferendo così al territorio una sorta di mappatura delle differenti personalità dei cittadini.
L’impegno sociale è, comunque, un tema condiviso da molti.
Ad esempio, sull’onda dei vari scandali legati al clero e alla pedofilia, incontriamo l’opera di Stefano Landolfo. Giovanissimo artista pugliese che con l’opera “No Condom” denuncia quanto abbiamo letto e vissuto nei mesi scorsi sulle pagine di cronaca dei vari giornali, rappresentando un prete e ed un adolescente privati degli occhi e quindi dell’anima (identità rubate), abbracciati in una delle tante pose da foto ricordo “prima comunione”, ponendo anche l’accento, attraverso il titolo, sul dettame imposto dalla chiesa al non utilizzo del preservativo. Il tutto condito in raffinata chiave Pop.
Sempre con gesto Pop prestato al sociale, il dipinto dell’artista campano, Alessandro Ruggiero, pone l’attenzione sul costante e assillante bombardamento mediatico di fatti riguardanti star e starlette più o meno famose, di cui potremmo sinceramente fare anche a meno, distogliendo così la nostra attenzione da fatti più importanti che riguardano il nostro presente ed il nostro futuro.
L’isolamento sociale, causato da una società sempre più frenetica e stressante, che porta l’individuo ad una mancanza di comunicazione fra i propri simili è l’argomento trattato dal bravo Giaciomo Muscolino. Un lavoro di rara efficacia e feroce denuncia dove l’immagine lascia ben poco spazio all’immaginazione. L’uomo solo, guardato dalla folla e schiacciato dalla presenza alle sue spalle di un agglomerato di acciaio e cemento è costretto a trovare rifugio solo in se stesso.
“Il mangiatore di unghie” è un’intensa opera monocromatica di Marco Marchisio di origine autobiografica in quanto narra di una esperienza vissuta direttamente dalla famiglia dell’artista, con un giovane emigrato. L’intenzione è quella diporre l’accento su un altro male della nostra società: il fenomeno dell’immigrazione clandestina e i vari preconcetti che ne derivano. Cruda e drammaticamente realista, dimostra in pieno il livello stilistico di questo giovane talento.
Manush Badaracco, invece, urla il suo dissenso silenzioso, nei confronti di un società che le va troppo stretta, rappresentando un giovane imbavagliato che piange lacrime di sangue, costretto ad un saluto militare a testimonianza di una obbedienza obbligata e non voluta. È forte e diretto come un pugno nello stomaco, questo lavoro su tela eseguito ad acrilico e olio, dovrebbe invitarci tutti ad una riflessione più attenta nei confronti delle nuove generazioni.
Così come l’ottimo lavoro del giovanissimo Andrea Martinucci. Dotato di una tecnica matura per la sua anagrafe, che dosa con esemplare efficacia, esprime in questo dipinto ad acrilico, matita ed inchiostro, l’enorme carico di violenza/amore che permea la nostra civiltà. A volte anche nel più basilare gesto affettuoso: un semplice abbraccio.
Ha invece, imparato bene la lezione, da uno dei più raffinati artisti del XX secolo: Balthus, l’interessante Ilaria Del Monte, che con il suo “(S)piedino di fata”, carico di sottile ironia, strizza l’occhio anche ai surrealisti con una matura pittura ad olio.
Così come di ispirazione surrealista è anche il lavoro di “Orma”, pseudonimo di Lorenzo Mariani, che fa mangiare al suo uccello “origami”, senza poterlo ingoiare però, un diamante rubato al teschio di Hirst, in un paesaggio asettico, inventato ed inquadrato come se fosse “osservato” da un occhio indiscreto.
Percepisco una ipotetica paternità putativa, per luce, tavolozza e sospensioni, al miglior Casorati, nel dipinto “Il tempo è muto” di Antonio Greco. L’umanità qui è assente/presente e tutto è in attesa che l’enigma venga risolto, come nelle migliori rappresentazioni metafisiche. Efficace.
Il virtuosismo torna a farsi notare quando ci soffermiamo a valutare il dipinto di Simone Fontana. Un prezioso lavoro ad olio, dove vengono rappresentati dei simbolistici petali di fiore e dove trovano spazio, neanche troppo presunti rimandi al sesso femminile.
Così come ritroviamo lo stesso assist, con gesto, tecnica e preziosità completamente differenti nell’opera “Banc Public” di Aldo Sergio. Dove l’influenza orientale di ispirazione giapponese, è palesata immediatamente come altresì è evidente il ricordo di Magritte, in questo dialogo impossibile fra i sessi.
Non si può fare a meno di pensare al Giappone facendosi rapire dalla raffinatezza del lavoro a china su seta dell’ottimo Siva Le Duc. Esteta di livello, surrealista nel gesto e inventore di magiche alchimie nelle sue rappresentazioni fantastiche.
Geniale trovo la “scoperta” di Valentina Nuti.
Lavorando sulle venature della tavola di legno, utilizzato come supporto, estrapola un mondo fantastico, fatto di figure e geometrie, in perenne equilibrio, che in maniera naturale, assumono forza grazie anche ad una magistrale gestione del colore.
Che dire poi dell’intenso dialogo introspettivo che mette in atto Bruno Marrapodi. Autobiografico, si mette in discussione in maniera caleidoscopica, in un labirinto di colori inaciditi, con un “sé ritratto” in triplice veste: narratore, uditore e spettatore.
Maniacale, attento ed intelligente si può definire il lavoro di Leonardo Massi. L’opera “L’origine della specie?” realizzata con smalti sintetici su tavola, è l’ennesimo invito alla riflessione sulle sorti dell’umanità, perpetuato dal giovane artista toscano. Sulle pagine del celebre saggio di Darwin, si incontrano l’autore del libro stesso e un primate, all’interno di un luogo di culto. Gli atteggiamenti dei protagonisti sono di per sé esaustivi.
Sembra invece apparire dal nulla l’immagine che troviamo nel lavoro di Patrizia Emma Scialpi. È un soffio, leggero, etereo, quasi fragile, come le figure femminili che sbocciano dai petali del fiore rappresentato. Una tecnica mista, gestita e risolta con risoluta capacità: dal collage al disegno, dalla grafite all’acquerello.
Caleidoscopico è invece il lavoro di Mauro De Carli. Ancora una volta un accenno autobiografico in una composizione che nonostante sia generata dal caos, trova un ordine primordiale delle cose e degli elementi. Tante tessere di un enorme mosaico che compongono un insieme omogeneo e ben amalgamato fatto di tratti, colore e citazioni.
Raffinato è il legame che unisce la teoria dei colori primari con gli amori primari. In questa piccola tela, infatti, la brava Lisa Chi, esegue un ritratto alla propria madre, interamente risolto con l’utilizzo dei soli fondamentali: giallo, azzurro e rosso, come se volesse sottolineare, se mai ce ne fosse bisogno, l’importanza delle origini e dei punti di partenza.
Di assoluta libertà si può parlare, quando si guarda il lavoro di Zsofia Va’ri. Armonico e lirico, il tratto di questa giovane, proveniente dall’est europeo, porta dentro di sé, tutto il bagaglio e l’insegnamento della tradizione espressionista che mi ricorda nella visone estemporanea, i migliori lavori di un giovane, quanto mai vulcanico, Bruno Cassinari.
Marco Cassani non usa il pennello, ma usa il colore e lo usa molto bene. Utilizza come strumento di lavoro la cannuccia delle penne a sfera. Realizza queste sue complesse composizioni con il tocco continuo e sovrapposto di piccole quantità di pasta cromatica, donando nuova freschezza alle ormai vecchie ma così attuali (pensiamo ai pixel di un qualsiasi schemo) teorie dei puntinisti e divisionisti ottocenteschi.
La pittura per Giampiero De Gruttola è una sfida.
Rendere tridimensionale, materico ciò che per sua stessa natura dovrebbe essere ed è piatto: la pittura fatta di velature. E ci riesce. Utilizza leggeri strati di colore per consentirne l’illusione. Lavora con la pittura ad olio ed acrilico, fino ad ottenere un effetto ottico di efficace verosimilianza, invitando quasi lo spettatore a toccare la tela per scoprire che quelle rugosità all’apparenza in rilievo sono effettivamente “solo” dipinte.
Divertente, fresco e comunque impegnato è il lavoro di un’altra giovane artista dell’est: Andreea Raluca.
In chiave neo-pop con colori accesi ed una pennellata grassa su acetato, esprime un concetto antico quanto è antica la storia dell’umanità: l’amore ti rende leggero! Allora troviamo nella sua rappresentazione un abbraccio “celato” di due innamorati su di una bilancia con l’ago della stessa fermo sullo zero. Ma ciò non appare subito, appare piano, lentamente, come l’amore vero.
Virtuosismo e accento sulla contemporaneità quotidiana, li riscontriamo nell’opera “The child without face 4” di Alessandro Bulgarini.
Con tecnica quanto mai matura, l’artista vuole porre l’attenzione sui bambini ai quali viene negata una identità, un infanzia e a volte una vita. L’opera caratterizza da un sapiente intervento materico in prossimità del volto, esprime in pieno la drammaticità dell’argomento trattato.
Antonio Fiorini, invece è geniale. Con un “artificio” degno dei migliori iperrealisti americani, inganna lo sguardo del visitatore riproducendo delle finte Polaroid (in realtà veri e propri dipinti ad olio su forex) fedeli in tutto e per al reale, per formato, immagine e packaging, inducendolo a riflettere sul concetto di finzione o realtà
Nell’opera di Arianna Piazza “Queste gabbie sono troppo piccole” si ritrovano molteplici riferimenti: dal Neo-pop al surreale. Raffinata nell’esecuzione, attenta ai particolari lavora su plexiglass, mischiando differenti tecniche, dal disegno alla resina, con efficace gestione degli spazi. Brava.
Infine, Annalisa Riva con la tela intitolata “Moire”. Dotata di tecnica ed effettiva capacità esecutiva, sviluppa il suo lavoro con visibili riferimenti all’opera dell’artista Mirko Baricchi, anche fin troppo evidenti.
Decretare il vincitore del Premio Patrizia Barlettani NEXT_Generation 2010, non sarà impresa semplice.
Nel complesso, sono molto soddisfatto per la qualità espressa in questa selezione di giovani artisti, di livello davvero molto elevato.
A questi talenti il mio sincero augurio per una carriera artista ricca di soddisfazioni.
Un sentito grazie alla giuria, in particolare ad Ivan Quaroni per il suo prezioso contributo ed infine, un pensiero a Patrizia, che sarebbe, senza ombra di dubbio, molto soddisfatta di tutto ciò."
Roberto Milani
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