Il mio personalisssimo "bravi" a tutti i ragazzi di Sourmilk, che hanno intrapreso un percorso assolutamente meritevole di sottolineatura. Un esempio di come passione, entusiasmo ed innovazione possano fare bene al Contemporaneo!
MARK RICHARDSON SOLO SHOW @ SOURMILK ART GALLERY:
"PERSPECTIVES"
Author: Erique LaCorbeille / Fabrizio Gagliardi
Curator: Clarissa Tempestini
Sourmilk è orgoglioso di presentare la prima mostra personale di Mark Richardson (batterista della famosa band Skunk Anansie). Il 13 gennaio dalle ore 21.00 la villa vi aspetta per un esclusivo party insieme all'artista. Buffet, musica e molto altro nella splendida villa liberty di via Trieste 5 a Menzago di Sumirago (Va), Italy.
E' consigliata la prenotazione per assicurarse la propria presenza al party:
art-gallery@sourmilk.it
Venite a trovarci anche SABATO 14 gennaio! La villa rimarrà aperta dalle 16:00 alle 18:30: have A COFFEE BREAK at SOURMILK!!!
E' consigliata la prenotazione per assicurarse la propria presenza al party:
art-gallery@sourmilk.it
Venite a trovarci anche SABATO 14 gennaio! La villa rimarrà aperta dalle 16:00 alle 18:30: have A COFFEE BREAK at SOURMILK!!!
Questa mostra fa parte di un progetto che Sourmilk proporrà al pubblico due volte all'anno e che darà spazio a musicisti che seguono la loro passione per le arti visive.
Il musicista ed il fotografo/pittore/scultore che si sovrappongono in una splendida unione di intenti.
Il primo artista ad essere proposto è, appunto, Mark Richardson che presenterà le sue fotografie. I suoi scatti raccontano dei suoi viaggi, della sua ventennale vita nella band e della sua esperienza "for charity" per i bambini dello Zambia.
Testo critico di Clarissa Tempestini:
Mark Richardson era grande già da piccolo. Intorno a lui c’era Leeds e il suo verde profondo, sconfinato, e dentro di lui c’era la musica, il ritmo della batteria scoperta a soli tre anni, c’era lo sport, quello libero che ti fa urlare, “corpo mio, non incepparti mai…”. Poi è arrivata lei, la Londra vortice, ingorda di sogni ed energie, che ha modellato un Mark grande, ma che non ha rubato i suoi occhi vivaci, la spontaneità, la meraviglia. Lui era un gigante/libro che racconta la sua vita disegnandola sulla sua pelle. Mark era grande, ma dentro restava piccolo, curioso, una spugna dai filamenti lineari, che si impregna stupita di esperienze casuali, di sonorità secche, di palcoscenici di luci, di voci all’unisono, di punti di vista esclusivi.
Mark è un autodidatta della realtà, è un fotografo bambino che si lascia guidare da epifanie di luci, momenti o colori. Alla stregua del poeta, Mark ascolta e lascia spazio al fanciullino che è in lui, e di fronte alla natura prova le stesse sensazioni di stupore e di meraviglia proprie dello stato primigenio dell'umanità.
Gli scatti di Mark sono sensazioni che sfuggono alla ragione, sono ingenuità, visioni, astrazioni dai contesti reali. Come Adamo, anche lui dà per la prima volta il nome alle cose e scopre tra esse relazioni e somiglianze ingegnose, che nulla hanno a che vedere con la logica della razionalità. Il nuovo si scopre, non si inventa, la poesia è nelle cose, anche nelle più piccole: la semplicità è l’arma più disarmante di un’artista.
“La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità.” (Charles Bukowski)
Come Rauschenberg, Mark riempie con ingenua naturalezza il vuoto tra arte e vita, agendo direttamente nello spazio che le separa, dove scavare non è doloroso, dove l'artista è irrimediabilmente immerso nel flusso dell’esistenza, in“un continuum ininterrotto che non comincia e non finisce con nessuna sua decisione o azione” (Robert Rauschenberg). Proprio come l’artista statunitense, Mark è un’alchimista che riporta la tecnica verso la sua lontana origine poetica, nel vergine luogo d’origine dell’ispirazione, dove è totalmente e perdutamente imprevedibile. Vivendo una vita d’artista, ricca di stimoli, viaggi intorno al mondo e fama, la curiosità ingorda degli occhi di Mark cerca adesso, a sorpresa timidamente, di restituire sulla schietta pellicola fotografica tutto quello che l’esistenza gli ha dato, come un bambino ormai diventato grande dona al figlio il suo gioco più prezioso.
“…Perchè il tempo è là fuori, divorato dalla luce” (Norma Cole)
Clarissa Tempestini
Mark Richardson era grande già da piccolo. Intorno a lui c’era Leeds e il suo verde profondo, sconfinato, e dentro di lui c’era la musica, il ritmo della batteria scoperta a soli tre anni, c’era lo sport, quello libero che ti fa urlare, “corpo mio, non incepparti mai…”. Poi è arrivata lei, la Londra vortice, ingorda di sogni ed energie, che ha modellato un Mark grande, ma che non ha rubato i suoi occhi vivaci, la spontaneità, la meraviglia. Lui era un gigante/libro che racconta la sua vita disegnandola sulla sua pelle. Mark era grande, ma dentro restava piccolo, curioso, una spugna dai filamenti lineari, che si impregna stupita di esperienze casuali, di sonorità secche, di palcoscenici di luci, di voci all’unisono, di punti di vista esclusivi.
Mark è un autodidatta della realtà, è un fotografo bambino che si lascia guidare da epifanie di luci, momenti o colori. Alla stregua del poeta, Mark ascolta e lascia spazio al fanciullino che è in lui, e di fronte alla natura prova le stesse sensazioni di stupore e di meraviglia proprie dello stato primigenio dell'umanità.
Gli scatti di Mark sono sensazioni che sfuggono alla ragione, sono ingenuità, visioni, astrazioni dai contesti reali. Come Adamo, anche lui dà per la prima volta il nome alle cose e scopre tra esse relazioni e somiglianze ingegnose, che nulla hanno a che vedere con la logica della razionalità. Il nuovo si scopre, non si inventa, la poesia è nelle cose, anche nelle più piccole: la semplicità è l’arma più disarmante di un’artista.
“La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità.” (Charles Bukowski)
Come Rauschenberg, Mark riempie con ingenua naturalezza il vuoto tra arte e vita, agendo direttamente nello spazio che le separa, dove scavare non è doloroso, dove l'artista è irrimediabilmente immerso nel flusso dell’esistenza, in“un continuum ininterrotto che non comincia e non finisce con nessuna sua decisione o azione” (Robert Rauschenberg). Proprio come l’artista statunitense, Mark è un’alchimista che riporta la tecnica verso la sua lontana origine poetica, nel vergine luogo d’origine dell’ispirazione, dove è totalmente e perdutamente imprevedibile. Vivendo una vita d’artista, ricca di stimoli, viaggi intorno al mondo e fama, la curiosità ingorda degli occhi di Mark cerca adesso, a sorpresa timidamente, di restituire sulla schietta pellicola fotografica tutto quello che l’esistenza gli ha dato, come un bambino ormai diventato grande dona al figlio il suo gioco più prezioso.
“…Perchè il tempo è là fuori, divorato dalla luce” (Norma Cole)
Clarissa Tempestini
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