RUDY CREMONINI
La vita la vediamo a memoria
a cura di Luigi Meneghelli
Inaugurazione 22 Gennaio 2012 ore 11,30
Presentazione di Paola Barbara Sega
Museo Ebraico di Bologna, Via Valdonica 1/5, Bologna, Italy
(Giorno della memoria 2012)
Progetto GiaMaArt studio
www.lavitalavediamoamemori
sabato 28 gennaio ore 21.00/24.00 art white night
La stanza della Shoah. Poco più di un antro illuminato da una luce fioca e posto in un angolo del Museo Ebraico di Bologna. Si sarebbe potuto ricostruire un mondo stipato dal tumulto della Storia: invece si è optato per un luogo vuoto, che documenta la scomparsa del corpo, l'aprirsi della porta sul “nulla”. Un nulla che però è bene non smettere di fissare, per circoscriverne la presenza e non farla dileguare. E forse è anche per questo che lo spazio è angusto e quasi invaso dall'ombra: non è per cancellare il passato e i suoi fantasmi, ma per custodirlo, per fare esperienza permanente del suo “buco nero”. Eppure un esile filo di memoria è estratto dall'assenza attraverso un elenco di nomi scritti a terra su una pellicola adesiva bianca. Sono come tracce e reperti che emergono dalle tenebre della stanza e che permettono un incontro muto con chi la violenza ha reso invisibile. Nomi che non si pongono come pesi morti del ricordo, ma che reclamano uno statuto d'essere, una voce che travalichi la Storia.
Ebbene, l'intervento ideato da Rudy Cremonini non vuole essere altro che il tentativo di dare un volto a queste voci, senza la pretesa di cogliere l'identità della persona. Niente inalterabilità delle foto tombali, niente puro omaggio alle vittime dello sterminio. Più che la pietà all'artista interessa suscitare la consapevolezza dell'accaduto. Ed ecco allora una serie di vecchie valigie in cartone su cui egli dipinge una “galleria di ritratti” sfuggenti, smarriti, quasi consumati dalla stessa pittura che li elabora. Così, nomi e volti, dice lo stesso Cremonini, si specchiano a vicenda, come a voler trattenere uno sguardo che invece tende ad allontanarsi o a perdersi dietro il frettoloso “turismo della memoria”.
Non aggiunge altro: teme di scivolare nella retorica o nella ritualità dei ricordi. Ad importargli è che il senso di cancellazione rimanga vivo, che la memoria conservi la sua ferita, che l'oscurità della stanza continui a testimoniare il passato. Ma soprattutto che la sua scarna “liturgia dell’orrore” parli al futuro.
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RUDY CREMONINI
We See Life Off By Heart
(Memorial Day 2012)
by Luigi Meneghelli
Inauguration 22 January 2012 at 11.30 a.m.
Introduction Paola Barbara Sega
Project: GiaMaArt studio
www.lavitalavediamoamemori
The room of the Holocaust. Just a little more than a cave lit by a dim light and placed in a corner of the Jewish Museum of Bologna. One would have been able to reconstruct a world cluttered by the tumult of history: instead, an empty place was opted for, documenting the disappearance of the body, the opening of the door onto “nothingness". A nothingness which one should continue to scrutinize, to circumscribe its presence and keep it from vanishing. It is perhaps also for this reason that the site is cramped and almost invaded by shadow: it is not to erase the past and its ghosts, but to guard it, to make of its "black hole" a permanent experience. Yet a slender thread of memory is extracted from the absence through a list of names written down on white adhesive film. They are like tracks and findings that emerge from the darkness of the room and which allow a silent meeting with those whom violence rendered invisible. Names that do not pose as a dead weight of memory, but who claim to be a statute, a voice that goes beyond History.
Well, the intervention by Rudy Cremonini does not want to be other than an attempt to give a face to these voices, without pretending to understand the person's identity. No inalterability of the tombstone photos, no pure homage to the victims of the extermination. More than in pity the artist is interested in raising awareness of what happened. Here then is a series of old cardboard suitcases on which he paints a "portrait gallery": elusive, lost, almost consumed by the same art that elaborates it. Thus, names and faces, says Cremonini himself, mirror each other, as if to suppress a look which instead tends to move away or get lost beyond the hurried 'tourism of memory. "
Nothing else added: the fear of slipping into rhetoric or rituals of memories. What is of importance is that the cancellation remains alive; the memory retains its wound. The darkness of the room continues to attest to the past and above all its gaunt "liturgy of horror" speaks to the future.
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