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giovedì 25 aprile 2013

SNAKE SHAPED RIVER _Tutti i mostri dei sogni | a cura di Alberto Crespi



SNAKE SHAPED RIVER _Tutti i mostri dei sogni 
a cura di Alberto Crespi

Dal 1 maggio al 9 giugno 2013
Villa del Castello Visconteo di Trezzo sull'Adda
Catalogo a colori gratuito fino ad esaurimento scorte


Il Comune di Trezzo sull’Adda - Assessorato Cultura, proseguendo in un progetto culturale d’attenzione verso l’arte contemporanea anche in momenti difficili come l’attuale, promuove e organizza la mostra “SsR. Snake shaped River. Tutti i mostri dei sogni” a cura di Alberto Crespi.
Il titolo richiama la caratteristica forma ad ampie curve del fiume Adda nel territorio Trezzese, documentata da un’antica mappa e straordinariamente traslata nello stemma Visconteo, scelto a guida grafica della mostra.

La mostra vedrà esposte opere di : Francesca Agnelli, Daniele Aimasso, Thomas Berra, Gabriela Bodin, Gabriela Butti, Saturno Buttò, Marco Carli Rossi, Daniele Duò, Tom French, Costantino Giro, Erika Lecchi, Stefano Ronchi, Michael Rotondi.

Si tratta di un gruppo di giovani artisti e artiste attivi sul territorio del trezzese o milanese ma anche all’estero, in comunicazione tra loro come lo sono via internet i giovani di tutto il mondo. Una parte di essi appartiene al movimento denominato A.N.S.I.A. “Artisti Nati Surrealisti Immaginano Arte” già presenti a Trezzo in varie occasioni espositive.
Li unisce una precisa tematica : la visionarietà espressa nelle loro opere pittoriche. grafiche e installazioni, a soggetto di figure umane e d’animali, situazioni piuttosto che paesaggi, scenografie.

La mostra si inaugurerà mercoledi 1 maggio alle ore 16 alla presenza degli artisti e delle autorità. La rassegna proseguirà fino a domenica 9 giugno con ingresso libero. Sabato, domenica e festivi ore 15-19..
Accompagna la rassegna un catalogo illustrato a colori, con testo istituzionale, saggio critico e molte riproduzione di opere.
Scrive Alberto Crespi nella presentazione della mostra:
“Una costante d’inquetudine anima la tipicità anamorfica e l’attitudine all’espressione, a volte in termini scenografici ma più spesso nella profondità di una selvaggia indagine immaginifica: questo è il fil rouge che guida la presente mostra. Ascetismo e idolatria, le due facce della volontà di tormentare quell’oggetto morbido e duttile che è il corpo, fino ad una dichiarata morbosità del fare che include memoria e reminiscenza, costituiscono l’incubo degli artefici e l’incubatrice materna e fraterna che nutre la loro creatività in ogni anfratto del quotidiano”.
“Formalmente, il panorama si diversifica scorrendo dalla semplificazione lineare della figura in una moltiplicazione di negativi di sinopie stilizzate, alla complicazione estrema. Sembra alla portata di tutti la possibilità di percorrere e ripercorrere la figura (dall’umana all’animale) in tutti i suoi versi, eludendone il sentire per meglio infierire su di essa, in un rapporto tra mano e volontà immediato. Raramente assistiamo ad un volontario gioco d’elucubrazioni: si tratta piuttosto di lucida pervicacia, appropriata attitudine a documentare per tracce un territorio scorrevole quanto è quello della visione mentale, di cui diventa difficile ritrovare le emergenze con le armi consuete del razionale. Nessuna magia se non questa: la registrazione dell’invisibile. Niente streghe ma la trascrizione di una stregata sintonia con l’ineffabile e il trascorrente. Nessuna tortura se non quella di ore e giorni e notti incatenati ad un oggetto mentale prima di tentarne la trascrizione figurale sul foglio, sulla tela o sulla tavola, concedendo ai gesti tutti i gradi di libertà possibili, elidendo il gratuito ed evitando scadimenti di gusto”.
“Dal dialogo con i protagonisti della mostra emergono subito un credo poderoso nel proprio lavoro e la propensione a mettersi in gioco su livelli d’ansia elevati, a fianco del possesso di tecniche adeguate, della disponibilità ad adire nuovi livelli di linguaggio, dell’impegno oltre i limiti della fatica, non ostanti le preoccupazioni per il vivere quotidiano in un momento in cui la sordità alla cultura è assurta a primaria patologia della nazione. Ciò occorre riconoscere a loro merito e induce malgrado tutto a ben sperare”.

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