RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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martedì 22 settembre 2015

L'intervista che mi ha fatto Beluffi per Kriticaonline nella nuova rubrica "GALLERISTI, CHE GENTE"









L'amico Emanuele Beluffi, curatore intelligente ed ideatore di KritiKaonline, mi ha intervistato (per la seconda volta, a distanza di qualche anno), per il suo portale, all'interno della nuova rubrica "GALLERISTI, CHE GENTE".
 
Ecco cosa ne è venuto fuori...
 
 
 
 
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"A cosa serve l’arte? A niente. In un momento di crisi, come quello che si sta vivendo, non serve più nemmeno a fare soldi"
Così il gallerista Roberto Milani in un articolo scritto in esclusiva per un fogliuzzo kritiko tempo fa.
Son passati tre anni da quella zingarata editoriale (la nostra, non la sua) a kunstArt12 a Bolzano, ma pare che non vi sia granché di nuovo sotto il sole, almeno dal punto di vista dell’economia dell’arte, almeno dal punto di vista dell’Italia.
A farne le spese sono gli attori principali del business, i galleristi e gli artisti (‘ché senza questi non ci sarebbero nemmeno i primi).
Io sono un grande “fan” delle gallerie private: in un paese, l’Italia, in cui fare impresa è un’attività da eroi, gli oneri gravano tutti sulle loro spalle. Il confronto col settore pubblico, che fa le grandi mostre attraverso il Minculpop e gli enti inutili come le Regioni o le Province (abolite, ma reintrodotte surrettiziamente), è impietoso.
Forse dovremmo prendere esempio da Prada e Trussardi, fare i sarti e darci all’arte. Todos cabelleros sulla rive gauche dell’impegno.
Lo dico sempre, la politica dovrebbe stare fuori dalla cultura: lo Stato dovrebbe estinguersi (almeno da lì). Non ci vuole il Ministero per promuovere la cultura, ma un valido commercialista che, legibus solutus, realizzi, tanto per fare un esempio, una drastica riduzione dell’iva (ecco perché i quadrucci costano tanto signora mia!).
Quella del gallerista è la realizzazione più chiara  del processo economico chiamato reinvestimento degli utili.
Non vedrete mai un gallerista scorrazzare su una Lambo Sesto Elemento, a meno che non sia ricco di famiglia: il suo status economico infatti non glielo consentirà mai, dovendo costantemente reinvestire il fatturato di galleria in una serie di attività (mostre, fiere, cataloghi, comunicazione, viaggi et cetera, cui si aggiunge il “dazio” allo Stato) rispetto alle quali il vernissage, quel momento di cui parlan tutti, persino Sette del Corriere della Sera,  è solo l’aspetto cerimoniale e, a volte, nemmeno così importante. Dopo, resta ben poco per darsi alla dolce vita.
Per carità, “pescecani” (non mi riferisco a Gagosian: lui è noto con il soprannome di “squalo”) e cialtroni sono anche qui, ma si identificano facilmente. Come insegnava un vecchio spot tv, se li (ri)conosci li eviti.
In compenso, cittadine e cittadini, Roberto Milani lo conosco e non lo evito, al punto da inaugurare proprio con lui questa nuova rubrica kritiKa...
 
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Per continuare a leggere l'intervista vai su
 
 
 
 

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