Armodio (Vilmore Schenardi) nasce a Piacenza il 4 ottobre 1938. Nell’ambiente familiare il giovane Armodio trova il primo incentivo alla pratica del disegno e all’uso dei colori. Tra il 1951 e il 1952 frequenta l’Istituto Gazzola di Piacenza, ma il vero incontro con la pittura avviene grazie alla frequentazione dello studio di Luciano Spazzali, pittore sensibile alla sperimentazione estetica e alla critica del tradizionalismo pittorico. Nello studio di Spazzali, punto di ritrovo per molti artisti, si sviluppa un confronto di poetiche individuali che prelude alla stagione culturale della Scuola di Piacenza. Grazie a Spazzali, Armodio conosce Gustavo Foppiani, che presto diventa suo maestro e compagno di strada. Tra Foppiani e Armodio ha inizio una fervida collaborazione. I due lavorano insieme, per un breve periodo, in via Farnesiana e infine in via Campagna 43, dove si trasferiscono nel 1954. Nei primi anni Sessanta si unisce a loro il pittore Carlo Bertè, che dividerà lo studio fino al 1980. Attorno allo studio di via Campagna si forma un libero gruppo di artisti e intellettuali animati da una comune propensione per le contaminazioni culturali, sensibili alle trasgressioni giocose e intenzionati a leggere il reale sotto il segno dell’ironia. Di tale tendenza, meglio conosciuta come Scuola di Piacenza, Armodio rappresenta l’ala estrema, rivolta al concettuale, sensibile al nonsense, animata da un’ironia beffarda che permea composizioni minuziose. Il sodalizio tra Armodio e Foppiani durerà trent’anni, fino alla morte di Foppiani avvenuta nel 1986. Nel 1963 Armodio tiene la sua prima personale piacentina nella sede della galleria Città di Piacenza. Nel 1964, per merito di Foppiani, approda alla galleria l’Obelisco di Roma, di cui sono titolari Gaspero Del Corso e Irene Brin, meglio conosciuta come Donna Carla. Successiva è la partecipazione a una serie di collettive, come quella del 1965 presso l’Istituto Italiano di Cultura a Tripoli. I primi guadagni arrivano quando, attraverso il pittore Gaetano Pompa, conosce l’americana Lily Shepley, che gli aprirà le porte del mercato statunitense. Nel 1969 Armodio si reca con l’amico Carlo Bertè a Londra dove soggiorna per diversi mesi, venendo a contatto da un lato con la pittura nordica dalla luce fredda e tagliente, dall’altro con le culture indiana, persiana, giapponese. Esperienze, queste, che contribuiranno alla svolta pittorica di fine anni Sessanta. Tornato in Italia, Armodio collabora con la galleria Forni di Bologna che cura diverse sue mostre. Nel 1972 entra in contatto con Philippe Guimiot, titolare di un’omonima galleria a Bruxelles, che decide di esporre le opere dell’artista. Da questo momento il rapporto con Guimiot diventa stabile. Nel 1978 Armodio si reca a Parigi dove rimane per circa un anno. Nel 1979 torna in Italia e, insieme a Bertè, apre una stamperia che rimarrà attiva per oltre tredici anni. Nel 1984 conosce la gallerista Claudia Gian Ferrari e l’anno successivo espone nella sua galleria milanese. Negli anni Novanta collabora con diverse gallerie italiane tra cui la galleria Braga di Piacenza, la sua amata città, punto di riferimento irrinunciabile. Tutt’ora la sua attività continua collaborando con diverse gallerie in Italia e all’estero. Vastissima la sua bibliografia; monografie sul suo lavoro sono state pubblicate da Allemandi, Longanesi, Skira. Di lui hanno scritto, tra gli altri: Rossana Bossaglia, Giovanni Faccenda, Maurizio Fagiolo Dell'Arco, Claudia Gian Ferrari, Renzo Margonari, Marcello Palminteri, Marilena Pasquali, Vittorio Sgarbi, Giorgio Soavi, Franco Solmi, Sergio Troisi, Marco Vallora, Patrick Waldberg.
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