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martedì 16 febbraio 2010

Prospettive Contemporanee - Capitolo 5

Quinto ed ultimo capitolo della rassegna Prospettive Contemporanee. Protagonista di questa pagina: l'artista argentina Karina Chechik.
Raffinata ed eclettica è riuscita ha cogliere l'anima delle sue città. Una mostra di grande successo che non poteva chiudere meglio questa intrigante e piacevole avventura con LaContemporanea di Torino.

Introduzione e comunicato stampa a CAPITOLO 5
 
Lo Studio Art Gallery La Contemporanea è lieta di presentare il quinto ed ultimo appuntamento di
PROSPETTIVE CONTEMPORANEE-"L'Arte dell'Architettura e L'Architettura dell'Arte" con CAPITOLO CINQUE - Personale di Karina Chechik.
Il ciclo espositivo legato al tema dell'Architettura si conclude con l'artista argentina che porta sulla piazza del'Arte Contemporanea di Torino una ventata di internazionalità grazie al suo ricchissimo percorso artistico.
Una visione romantica ampiamente riconosciuta ed apprezzata da importanti gallerie e musei nel mondo espressa in una quindicina di tele in tecnica mista, attraverso le quali la Chechik ci regala una prospettiva ideale dei contesti urbani e tutta la delicatezza del suo animo femminile. Un percorso artistico che si snoda tra le grandi capitali di NewYork, Buenos Aires, Miami, Parigi, Milano con l'obiettivo di coglierne più le dimensioni simboliche ed emotive che non gli aspetti reali.

La mostra “CAPITOLO 5” raccoglie i sentimenti artistici trasposti su tela dell'argentina Karina Chechik, la quale contribuisce al progetto “PROSPETTIVE CONTEMPORANEE” attraverso una serie di opere che hanno come protagonista le grandi capitali di Buenos Aires, New York, Parigi, Roma, Barcellona, Milano, Miami e non ultimo Torino. La scelta ricade su città che sono per lei stessa importanti, non solo perchè in esse ha vissuto e pertanto ha potuto coglierne l'atmosfera, ma anche e soprattutto per l'importanza culturale ed espressiva che esse rivestono nel panorama internazionale.
La Chechik ci offre una lettura particolare di questi scorci metropolitani, guardando loro come attraverso un filtro con il quale si stacca dalla concretezza delle ambientazioni per raggiungere un piano di analisi superiore, simbolico, in cui la luce ed il tempo acquistano un valore predominante. Una quindicina di opere di tecnica mista in cui si avverte la necessità profonda dell'artista di trascendere la realtà per ritrovare una dimensione di maggior sacralità e di realizzare un contatto intimo con gli aspetti più spirituali dell'esistenza. Gli edifici e le architetture che si innalzano verso il cielo diventano quindi canale privilegiato e strumento di collegamento fra l'uomo ed un livello superiore.
I toni pastello e le atmosfere ovattate sono dunque il risultato di un più elevato processo di ricerca verso una condizione ideale di contesto di vita, oltre che il frutto della raffinata sensibilità dell'artista che con queste tele ci regala tutta la delicatezza del suo animo femminile.

Testi:
Capitolo 5 - Karina Chechik

“Lascian cadere il libro, ormai già sanno
che sono i personaggi del libro.
(Lo saranno di un altro, l'eccelso,
ma ciò ad essi non importa).
Adesso sono Paolo e Francesca,
non due amici che dividono
il sapore di una favola.
Si guardano con incredulo stupore.
Le mani non si toccano.
Hanno scoperto l'unico tesoro;
hanno incontrato l'altro.
Non tradiscono Malatesta
perché il tradimento richiede un terzo
ed esistono solo loro due al mondo.
Sono Paolo e Francesca
ma anche la regina e il suo amante
e tutti gli amanti esistiti
dal tempo di Adamo e la sua Eva
nel prato del Paradiso.
Un libro, il sogno li avverte
che sono forme di un sogno già sognato
nelle terre di Bretagna.
Altro libro farà che gli uomini,
sogni essi pure, li sognino.”
"Inferno, V" di Jorge Luis Borges


Di famiglia russa, di origine ebraica, emigrata agli inizi del XX secolo in Argentina, nata nel ’66 e formatasi presso l’accademia di Belle Arti a Buenos Aires, Karina Chechik è “cittadina del mondo”, nel senso più vero ed ampio di questa affermazione.
Trasferitasi giovanissima prima a Miami poi a Barcellona e poi di nuovo a Miami ed ora tornata a Buenos Aires, con significative soste in Italia ed in altre importanti città americane come New York, Boston e Philadelfia, Karina Chechik, è oggi una artista di livello internazionale.
Presente in importanti collezioni sia private che pubbliche, l’opera di Karina nasce da una personale e continua ricerca che ha da sempre contraddistinto il suo percorso artistico.

Le influenze e le contaminazioni di così diverse e lontane culture (che persistono ancora oggi, nonostante si viva nell’epoca della globalizzazione), assimilate nei suoi continui spostamenti, hanno partorito un’arte fatta di gestualità, tecniche e soluzioni uniche e difficilmente replicabili.
Forme, volumi, luci, colori, che sono gli elementi che identificano universalmente qualsiasi artista, nell’opera della Chechik si fondono in un tutt’uno.
Vediamo allora che in un dipinto la luce si unisce alle rarefatte atmosfere di uno scorcio metropolitano che a sua volta si fonde con la luce del cielo che ancora si riflette sulle nuvole che avvolgono la sommità di un grattacielo. Il vero protagonista dell’opera.
Il dipinto sembra generato dal nulla, è un soffio. Nonostante l’ingombrante presenza di edifici, di strutture ed architetture fatte di cemento, metallo e vetro, è leggero, delicato.
Sembrano vedute visionarie e sognate. Inventate. Eppure sono tutte reali. Fermate in quella frazione di un’attimo, magico, di uno scatto fotografico e che solo successivamente attraverso l’inseguirsi di infinite velature si trasformano in poesia.
E proprio la poesia è, in diverse occasioni, fonte ispiratrice dei lavori di Karina, in particolare l’opera di Luis Borges. Anch’esso argentino, è spesso rappresentato in questi dipinti attraverso l’inserimento di citazioni e frammenti dei sui scritti che si amalgamano perfettamente con le immagini che abbiamo davanti al nostro sguardo e che magicamente le completano.

I “tagli”, che scopriamo ammirando le opere in mostra, ci aiutano a scoprire il modo in cui percepisce e di conseguenza vede il mondo, l’artista.
Vedute aeree, dove tutto sembra letto dal finestrino di un aereo o dall’alto di una impalcatura.
Prospettive che partono dal basso e si stagliano verso l’alto come se il mondo fosse visto dall’altezza del suolo o dagli occhi di un bambino. Vedute centrali di “botticelliana” memoria che ci rimandano immediatamente a un passato ormai remoto fatto di perfezionistici equilibri architettonici.
Questo è il modo di vedere e affrontare il lavoro artistico, ma forse anche la vita, di questa giovane artista argentina. Senza barriere, preconcetti, alla continua ricerca dell’armonia come da sempre è avvenuto nel mondo dell’architettura. Karina è un architetto dell’immagine!

La tecnica della Chechik si dovrebbe definire per convenzione “mista”.
In realtà non è così. E’ una cosa molto più complessa. Parte da una ricerca attenta del soggetto, bloccato da uno scatto fotografico che viene poi rielaborato e “sgrassato” di tutto quello che è ritenuto “inutile” ai fini della composizione.
Questo elaborato, “censurato” da ogni riferimento cromatico, viene poi utilizzato come traccia, sulla quale l’artista interviene pittoricamente con gel e resine acriliche.
Il risultato è questo: i lavori che possiamo ammirare in questa mostra non sono fotografie, non sono dipinti. Sono solo magiche rappresentazioni del nostro habitat che spesso è solamente grigio ma che grazie alla professionalità e al genio pittorico di Karina Chechik si riempie di colori sognati come a volte ci vediamo costretti a fare con la realtà.

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