RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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martedì 1 febbraio 2011

"Morti di fama" di Anita Tania Giuga su www.giornalettismo.com



Ho ricevuto questo articolo dall'amica di rete Anita Tania Giuga, che l'ha pubblicato sul portale www.giornalettismo.com . Pur non condividendo in pieno quanto scritto trovo comunque, che ci siano delle sacrosante verità. Non voglio assolutamente trarre delle conclusioni, come al solito preferisco invitare alla riflessione... Leggete e fate tesoro.

"Morire di fama è l’aspirazione della maggior parte dei giovani curatori. La stessa cosa si può dire degli artisti. Ma questa non è una novità. Fra premi e residenze, articoli, blogs e recensioni più o meno accreditate, l’obbiettivo è lo stesso. Senza eccezioni. Il mondo si è velinato: un passaggio televisivo nel salotto buono della tv ha più valore di un ponderoso saggio. Una residenza all’estero è più significativa della solidità che si può vantare lavorando con acribia sul proprio territorio. Lo scambio come crescita è proporzionale alle risorse, ma se risorse non ci sono deve imporsi il diritto a vivere bene anche nelle nicchie. Rispettati e richiesti anche localmente. Il nostro paese è ammalato di provincialismo, ma nemmeno questa è una novità. La comunicazione è potenza suprema, che supera di molte lunghezze la qualità degli eventi promossi. Come guarire? Intanto lavorando con entusiasmo, spirito analitico e rigore metodologico. Non per stupire ma per affermare un’idea di fondo chiara, avvertita, mai definitiva. Il vero problema sta nel senso da dare alla cultura, ancora considerata un orpello per pochi e di pochi. Meno che mai un valore assoluto. Questa sorta di elitismo (che ha sostituito il “didattismo” dei primi decenni televisivi) costringe chi si dedica ai fatti culturali a scimmiottare il vertice (che c’è, è più reale del re e non offre appigli). Quel punto apicale che della forza di persuasione del sapere ha fatto arma di colonialismo e imperialismo. E in forma ridotta di utilitarismo becero. La tecnologia ci ha dato l’impressione, e solo quella, di essere ovunque e di sapere tutto quel che c’è da sapere. In tempo reale e sforzando le meningi il minimo indispensabile. Ma quando inviamo una mail a chi non ci conosce, nella stragrande maggioranza dei casi, non ci perviene risposta. La nostra presenza non è, difatti, compiutamente interlocutoria. Lungi dal voler sostenere con rimpianto “il bel tempo andato”, mi accontento di dissipare illusioni informatiche, teatrini del successo su internet e l’avvento di un apparato democratico partecipato, collaborativo e multimediale. La società è ancora dei padri, che non mollano su “estensioni del dominio” assolutamente personalistiche e impenetrabili. Noi? Si gioca a morir di fama.
Anita Tania Giuga"

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