Del fatto che io sia un fan dell'ottimo Maurizio Carriero, non ne ho mai fatto mistero. Di conseguenza, mi sembra come minimo obbligatorio, offrire visibilità a questa avventura "trentina" del bravo Maurizio sotto l'attenta guida di Alberto Zanchetta.
12 marzo – 5 maggio 2011
MAURIZIO CARRIERO
ESERCIZI DI INERZIA
A CURA DI ALBERTO ZANCHETTA
inaugurazione
sabato 12 marzo ore 18:30
La Galleria d’Arte Il Castello di Trento inaugura sabato 12 marzo la personale di Maurizio Carriero dal titolo Esercizi di inerzia.
L’inerzia cui allude l’artista (vale a dire la condizione secondo cui un corpo permane in uno stato di inattività finché una forza esterna non intervenga a modificare la sua quiescenza) è da mettere in relazione con l’estasi, che è lo “stato di grazia”, facoltà di astrarsi e di trovarsi altrove. Si tratta di opere che potremmo definire eccentriche, intendendo proprio la condizione dello stare fuori dal centro (in questo caso specifico: fuori da se stessi, dal proprio corpo). È quello che succede ai personaggi di Carriero, figure esiliate e imprigionate in riquadri che ridefiniscono le normali coordinate spazio-temporali, come a voler rarefare i rapporti con il mondo esterno per rivolgersi soltanto a quello interiore. I soggetti che popolano queste tele sono vittime silenziose, assorte in inconfessabili travagli fisici e spirituali. Anime inquiete, “rapite in altissimi godimenti”, i cui contorni e i cui lineamenti si sciolgono sotto il gravame della materia pittorica. Mortificati e martoriati, i penitenti di Carriero sembrano decomporsi in un vuoto carico di promesse; immersi in una sorta di ascesi carnale-sessuale che tende a raggiungere la perfezione attraverso la pratica, quell’esercizio che permette di vivere in una realtà che non è di questa terra. Come scriveva George Simmel a proposito dei raptus mistici: «la loro anima non è più propriamente loro, ma abita nell’al di là, per cui il corpo tenta di seguirla. Con i gesti del corpo l’anima esprimeva la propria impossibilità di esprimersi; inoltre, poiché l’unica funzione del corpo era quella di far sì che l’anima se ne allontanasse, i suoi movimenti lo estraniavano in certo modo da se stesso». L’artista traspone quindi le esperienze extracorporee sia nella santità sia nell’erotismo, a creare una metafisica colloquiale – tra Cielo e Terra, tra anima e corpo, tra giaculatorie ed eiaculazioni.
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